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I cinque tipi di emigrante: dal criptoleghista al drogato di sudismo

Poi c’è lo schietto: una sua frase su quattro contiene una malaparola. C’è il rigenerato ma anche il restoquiista che è spesso incazzato

I cinque tipi di emigrante: dal criptoleghista al drogato di sudismo

Gli emigrati, oggi anche noti con il termine assai à la page “expat”, sono potenzialmente classificabili secondo un numero finito di categorie. Le seguenti, pur non costituendo un esaustivo elenco di tali categorie, ne esemplificano e ne individuano alcune tra le fondamentali. Ciascun emigrato può appartenere a una o più di esse, in diverse fasi della propria vita di “lontano dalla propria patria”.

Il criptoleghista

A questa categoria appartengono le persone che si riscoprono secessioniste appena si imbarcano a Lamezia Terme per fare scalo a Orio al Serio. Iniziano notando l’ordine meticoloso con il quale i tramezzini sono disposti sul bancone dai bar orobici e vanno avanti ad oltranza trasformando progressivamente l’impeto in veemenza. Sono tutori dell’ordine, attivissimi sulle chat dei genitori delle scuole del primo e secondo ciclo. Se non finiscono col diventare direttori di giornali settentrionali, conservano un fiume carsico di rancore.

Il rigenerato

Il rigenerato è colui che vive l’attraversamento delle latitudini dell’Oltrepò con la forza rivelatrice tipicamente propria dei seguaci di Sai Baba. Si sentono riscoperti. Non sempre loquaci, sono tuttavia riconoscibili quando iniziano a parlare perché troncano tutte le parole possibili. “Facciam”, “andiam”, “siam”. Il rigenerato ondeggia tra il timore di fallire una desinenza e il peso di vivere la lettera finale della prima persona plurale di qualunque verbo come una ingiusta condanna meridionalistica.

Il marciainpiuista

Sono i drogati di sudismo, quelli che ritengono che le condizioni di Matera siano di poco superiori a quelle di Kabul per cui tutto sarà un successo a nord di Roma per un meridionale emigrato. Sono certi che i settentrionali non abbiano idea delle angherie subite dagli italiani al sud, per cui sono intimamente convinti che qualunque impiego al nord si tramuterà in una piccola passeggiata di salute. Di solito tornano a casa alla chiamata del casatiello o della nduja.

Il restoquiista

Di questo gruppo fanno parte coloro che quotidianamente ripetono a se stessi che il fatto di essere rimasti nella propria casa d’origine risponde a una precisa e lucida scelta di vita e non ad altro. Leggono solo giornali locali e pur criticando sistemi e processi meridionali sono convinti che restare sia un preciso dovere civico, perché’ tutto il mondo è paese. Generalmente parlano della superiorità del caffè nel Mezzogiorno come di una discriminante culturale fondamentale. Sono spesso incazzati ma non si sa bene contro chi.

Lo schietto

Sono le persone di cui i conoscenti ripetono in qualunque circostanza: “Come uomo, lo stimo”. Sono individuabili da alcune sfumature sintattico-grammaticali: la ancestrale schiettezza che li rende genuini di solito si traduce in tasso di utilizzo maleparole per ciascuna frase di senso compiuto individuabile attorno al 25%. La malaparola è in tal caso indice di ritorno alla purezza delle origini, anche chiamato “contatto col territorio”. Il territorio, infatti, pare bestemmi spesso.

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