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Il massaggiatore ebreo di Cruijff che a 6 anni scappava dai nazisti e ha fatto causa ai “treni della morte”

Su Libero la storia di Salo Muller, rimasto orfano nel 1942 con i rastrellamenti: ha fatto causa alle ferrovie olandesi. “Hanno trasportato migliaia di persone verso i campi di concentramento”

Il massaggiatore ebreo di Cruijff che a 6 anni scappava dai nazisti e ha fatto causa ai “treni della morte”

Un sabato mattina del novembre 1942, mamma Lena dà un bacio in fronte a Salo, che ha 6 anni e sta entrando a scuola: «A stasera, fai il bravo». Salo Muller non rivedrà mai più i suoi genitori, rastrellati dai nazisti d’Olanda e deportati prima al campo di Westerbork e poi ad Auschwitz, dove moriranno.

Quel giorno Salo Muller diventa un bambino ebreo in fuga, nascosto dalla resistenza, che rischia la vita fino a quando una svolta gli cambierà tutto: dal 1960 al 1972 sarà il fisioterapista della grande Ajax di Johan Cruijff.

Libero pubblica, su concessione dell’editore Sole24ore, pubblica la presentazione di Maria Luisa Colledani al libro di Salo Muller «A stasera e fai il bravo», tradotto per la prima volta in Italia. Nel quale racconta la sua storia, perché non si perda con la memoria di quegli anni bui.

«Ho conservato le lettere della Croce Rossa, lunghe una sola riga ciascuna. In una il nome di mia madre, Lena Blitz, nata il 20 ottobre 1908 e morta ad Auschwitz il 12 febbraio 1943. Nell’altra quello di mio padre, Louis Muller, nato il 20 luglio 1903 e morto ad Auschwitz il 30 aprile 1943».

Racconta la sua vita da orfano all’improvviso, degli alloggi di fortuna, delle famiglie che lo proteggono. I mesi in Frisia, nel Nord dei Paesi Bassi, dove zio Omke e zia Beppe gli fanno da genitori e lui diventa Japje, piccolo Jakob:

«Mi sembrava di vivere in un mondo tutto mio, ma pensavo spesso a mamma e papà. Ancora non capivo perché non li avessi più rivisti né come mai in tutto quel tempo non avessi ricevuto loro notizie. Mi mancavano tanto anche zia Ju e zio Louis. Nel frattempo, avevo compiuto otto anni e già lavoravo sodo in campagna».

La salute fragile, l’asma. La guerra che finisce, l’Olanda liberata, la zia Ju, sorella della mamma, e zio Louis che lo accolgono. E poi quella svolta: grazie a Jan Rodenburg, docente al corso serale per diventare massaggiatore.

Ma c’è di più. Oggi Muller ha fatto causa alla NS, la società olandese dei trasporti ferroviari, chiedendo e ottenendo un risarcimento per i sopravvissuti e per gli eredi delle vittime della Shoah. Per aver trasportato centinaia di migliaia di persone consapevolmente verso la morte.

«Do la colpa alla compagnia ferroviaria per aver trasportato consapevolmente ebrei nei campi di concentramento e per aver ucciso quegli ebrei in modo terribile. Non posso arrendermi perché questo mi fa male ogni giorno. Ogni giorno ci penso e mi fa male. E voglio che quel dolore finalmente passi».

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