La Sueddeutsche Zeitung: il caso dei tennisti bloccati in hotel agli Australian Open che protestano è esemplare, hanno dimenticato di essere dei privilegiati

Ad un certo punto, stanco delle polemiche, il direttore degli Australian Open, Craig Tiley, ha detto all’emittente ABC una frase che suonerebbe banale: se stato a contatto con un positivo devi stare in quarantena 14 giorni, “questo è il prezzo che devono pagare tutti coloro che vogliono venire in Australia”. La parola chiave è “tutti”. Perché nel frattempo i tennisti chiusi nelle loro stanze d’hotel a palleggiare contro i muri stanno montando una piccola ribellione social. Il punto – scrive oggi la Sueddeutsche Zeitung – è che gli atleti non riescono a fare a meno dei loro privilegi.
“Mentre lo sport professionistico è rimasto in letargo nella primavera del 2020 e quando è ripreso si è mostrato grato e umile, in alcuni ambienti le persone si sono ormai abituate ai privilegi degli atleti. Ma non è scontato. In Germania, il commercio al dettaglio, i parrucchieri, i ristoranti, i musei, i teatri, i cinema e gran parte dell’industria degli eventi sono chiusi. Gli atleti professionisti possono continuare a lavorare, ed è per questo che fa parte del loro lavoro non solo calciare un pallone, ma anche rispettare le norme e le restrizioni. Ovviamente non tutti ne sono consapevoli. In una pandemia in cui quasi tutti sono colpiti da restrizioni, l’impressione di essere uno stupido se ci si attiene alle regole è fatale”.