Uno sceicco arabo acquista la squadra più anti-araba d’Israele
La tifoseria del Beitar Jerusalem, la "Familia", è xenofoba e di estrema destra. Il Beitar è l'unica squadra a non aver mai avuto un giocatore arabo in rosa

Hamad Bin Khalifa Al Nahyan è il figlio del leader degli Emirati Arabi Uniti Khalifa bin Zayed Al Nahyan. E ha acquistato il 50% del Beitar Jerusalem FC, il club più anti-arabo d’Israele, uno dei più antichi del Paese.
La sua tifoseria, la “Familia” è nota per essere xenofoba, di estrema destra e soprattutto anti-araba. Ha preso parte attivamente agli scontri nelle manifestazioni contro l’annessione. E i tifosi da quelle parti contano: ancora oggi il Beitar è l’unica squadra del campionato che non ha mai avuto un calciatore arabo in rosa. E gli arabi rappresentano il 20% della popolazione.
Lo sceicco arabo, cugino del principe Mohammed bin Zayed – proprietario del Manchester City – si è impegnato a investire circa 75 milioni di euro nel prossimo decennio. L’assenza di pubblico sugli spalti – scrive La Vanguardia – impedirà di assistere alla reazione del pubblico più nazionalista e radicale d’Israele.
‘La Familia’ è il gruppo più radicale dei tifosi dei Beitar. La loro insofferenza fa sì che i giocatori musulmani durino poco, in squadra. Prima dell’acquisizione del club da parte di Hogeg, imprenditore legato al settore delle criptovalute e delle nuove tecnologie, giocavano al Beitar due ceceni. Uno di loro, Zaur Sadayev, il giorno in cui ha segnato il suo primo gol con la maglia giallorossa ha visto centinaia di tifosi lasciare disgustati gli spalti del Teddy Stadium. Il giorno del suo ingaggio, hanno bruciato la sala dei trofei.
La Vanguardia racconta che quando Israele era vicino alla qualificazione per la Coppa del Mondo 2006, Abbas Suan, di origine araba, segnò un gol fondamentale contro l’Irlanda. La “Familia” pochi giorni dopo espose uno striscione: “Abbas Suan, non ci rappresenti”.
In questo contesto Al Nahyan vuole che il Beitar sia “un esempio di collaborazione tra ebrei e musulmani”. Ma l’operazione, al di là del lifting d’immagine Beitar è dovuta principalmente a ragioni economiche. Hogeg, tra l’altro, non ha dato il via libera all’operazione finché non ha ottenuto la benedizione di un eminente rabbino ultraortodosso israeliano.