Gianni Sasso: «Dopo l’amputazione pensai che mi sarei buttato dal balcone. Oggi penso che la vita è un dono»

A Repubblica Napoli: «Ho dimostrato con i fatti che il lavoro paga. Che lo sport aiuta a confrontarsi con se stessi. Ad annullare l’handicap» 

gianni sasso

Repubblica Napoli intervista il campione paralimpico ischitano Gianni Sasso. E’ fresco campione di Italia con il Vicenza Calcio Amputati. Un’incidente mentre era in Vespa lo ha costretto all’amputazione della gamba sinistra. Un’auto lo sorpassò in curva travolgendolo. Era il 31 marzo 1986. Aveva 16 anni.

«Viaggiavo sulla vespa guidata da un amico. Una Fiat Uno invase la nostra corsia, finii a terra. Mi guardai intorno e vidi l’arto, sul suolo. Poi svenni. Non ho mai dato un volto all’uomo che ha cambiato la mia vita: fuggì via, lo rintracciarono i carabinieri. Io ero già in ospedale. Vendetta? No. Sono contento così».

Fu un dolore immenso, racconta.

«Ero, all’epoca, una promessa del calcio. All’inizio pensavo che mi sarei buttato da un balcone. Poi, però, gli amici mi dissero di provare. E io ci pensavo tutte le notti: come colpire il pallone, come muovermi. Mi accorsi che non ero unico. Ero uno dei tanti che convivono con un handicap e comprendono che è solo questione di testa. Fu lì che nacque il nuovo Gianni».

Commentando la vittoria dello scudetto con il Vicenza dice:

«Ho solo dimostrato con i fatti che il lavoro paga. Che lo sport aiuta a confrontarsi con se stessi. Ad annullare l’handicap. Nel 2013 ho vinto il campionato italiano di paratriathlon. Non mi sono fermato. Ho ascoltato il mio corpo, ho provato con il paraciclismo a cronometro: campione nazionale nel 2017. In mezzo, il podismo: un grande amore. E poi il titolo di campione d’Italia nel calcio, qualche settimana fa, con il Vicenza. Se mi guardo indietro, sorrido: ho fatto più di quanto immaginassi…».

E svela qual è il suo segreto:

«Cercare di migliorarmi giorno dopo giorno. Vivere di sfide, nello sport come nella vita. Vedere il bicchiere mezzo pieno, perché la vita è un dono. Sempre».

Sarebbe cambiato qualcosa se non ci fosse stato l’incidente? Risponde:

«Non so cosa sarebbe cambiato, con due gambe. Sognavo di fare il calciatore e l’abnegazione è nel mio Dna. Certo, ci avrei provato con tutte le mie forze. So però quel che è accaduto con l’amputazione. E scriva così: con l’amputazione, non nonostante l’amputazione».

 

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