L’ha fatto, in un tempo indeciso, indecifrabile e indeterminato. A giro, di sinistro all’incrocio
Quanto tempo sarà passato? Mezzo secondo, meno di mezzo di secondo? Quanto tempo? Un tocco e uno sguardo, lo stesso decimo di secondo che impieghiamo per chiudere e aprire le palpebre. Più o meno, o giù di lì.
Nel derby più strano di Italia, nel periodo più assurdo del mondo, nel silenzio rotto da dialetti simili, c’era una sola immagine sdoppiata. Ma quanto tempo sarà passato?
Uno sangue e arena, l’altro cuore e classe, il primo catapultato dal cemento alle nuvole il secondo dalle nuvole al cielo. Un nano secondo o forse qualcosa in più, una virgola, un apostrofo, un rumore di suola che graffia il valvolino.
Da destra a sinistra, una finta bonaria e innocua, un messaggio e una carezza, quella del leader alla truppa agonizzante prima dell’assalto finale.
”No, non lo fa davvero, è sordo quel piede, ma dai!” Il tocco sibila la densità di popolazione ammassata, e si schianta ad una traversa indegna che scuote l’arte e la fa vibrare. L’ha fatto, in un tempo indeciso, indecifrabile e indeterminato. A giro, di sinistro all’incrocio tanto per mettere in chiaro una cosa. In Italia uno così non c’è.
Quanto tempo sarà passato? Mezza vita almeno, a casa, rincorrersi per scale e balconi, ad usare i piedi come appigli e gli occhi come ganci per attaccarsi al sogno di una domenica così, meravigliosa. Quanto tempo passerà? Un mese, un anno? Un triennio? Per mettere al museo del calcio il surrealismo applicato al pallone di Lorenzo Insigne, il Dalí di Frattamaggiore