Sullo Spiegel: dormono come bambini e si annoiano come pensionati. La loro è una forma di “sopravvivenza”: nessuno prende sul serio il loro stress
“Mi è capitato di sentire una conversazione tra gli attaccanti dell’Union Berlin Sebastian Andersson e Sebastian Polter sui loro cani. Gli ho chiesto loro: “Perché avete tutti dei cani?”. Era un’esagerazione perché non tutti i giocatori dell’Union avevano un cane, ma tanti sì. Polter mi sorrise e disse con un certo senso di colpa: “Perché abbiamo così tanto tempo libero…”.
E’ un piccolo paragrafo di un testo estratto dal libro “Vivremo per sempre. Il mio anno incredibile con l’FC Union Berlin” di Christoph Biermann. Lo pubblica lo Spiegel per scrivere di una delle facce nascoste della vita spettacolare dei calciatori: la disperata ricerca dell’ozio. Perché i giocatori non sono solo molto ricchi, hanno tantissimo tempo libero. Troppo.
Biermann lo spiega bene: per passare tutto il tempo che passano allenandosi i padri di famiglia fanno “qualcosa con la famiglia”. Altri escono a mangiare, spesso con i compagni. Ci sono giocatori che non fanno altro che guardare calcio in tv. O quelli che guardano l’NBA e o i fan del football americano. E poi i malati di serie tv. O di YouTube e Instagram”.
“Le valigie che Polter e il difensore Florian Huebner portavano con sé durante i viaggi erano quasi il simbolo del loro tempo libero”. Schermi ovunque, e consolle di gioco, e controller.
Poi ci sono quelli che giocano d’azzardo, “la maggior parte, ma non ne parlano con grande entusiasmo o nel dettaglio. Lo considerano un guilty pleasure. Se ne vergognano. I videogiochi non hanno una buona reputazione, li fa sembrare immaturi.
“Prömel ha avuto difficoltà a spiegarmi com’era la sua vita quando non giocava a calcio o non si allenava. Era entusiasta della città in cui ha vissuto per quasi due anni: “Berlino è un dono”. Ma ha scartato il regalo meno spesso di quanto avrebbe voluto. Quando gli amici venivano a trovarlo e volevano esplorare Berlino, preferiva sdraiarsi sull’amaca sul suo balcone. E la sua ragazza lo sfotteva: “Fai la vita di un 65enne”.
Dei bambini pensionati, in pratica.
“Dal modo in cui normalmente guardiamo il calcio, non riusciamo a farci un’idea della follia in campo. Sottovalutiamo la capacità di concentrazione, la mancanza di tempo e lo stress mentale in partita, ma anche in allenamento. Dimentichiamo il dolore che è inevitabile quando i giocatori continuano a correre spingendo i loro corpi al limite delle loro capacità. Non prendiamo sul serio lo stress di essere costantemente messi in discussione, la paura e l’insicurezza”.
“Christian Arbeit, direttore della comunicazione dell’Union Berlin, mi disse: “I calciatori professionisti sono gli ultimi che si annoiano”. Potremmo dire che i calciatori professionisti praticato l’arte della pigrizia. Nelle molte ore trascorse in qualsiasi hotel, dovevano comunque padroneggiare la noia, per ammazzare il tempo.
“Ma in questo nulla fatto di pranzi fuori, videogame, serie o partite di calcio in tv, il cellulare sempre in mano o sdraiarsi sull’amaca, c’è qualcos’altro. E’ una strategia di sopravvivenza”.