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La smorfia indelebile di Joker Conte: di “pazzo” all’Inter è rimasto solo lui

La classifica suona come una beffa, l’Inter ha buttato lo scudetto. E il tecnico che aveva cancellato l’inno masochista è diventato un ingombrante destabilizzatore

La smorfia indelebile di Joker Conte: di “pazzo” all’Inter è rimasto solo lui

Qualcuno volò sul nido di Conte. Lì in alto, dove un solo punto divide chi ha vinto lo scudetto a quota 83 e chi ha perso la testa (in più di una scontata accezione) a 82. La rarefazione degli alibi a discolpa ha innescato una catena di reazioni scomposte: l’Inter ha buttato il titolo e il suo allenatore s’è preso tutto il carico della fu “pazza Inter”.

Fu lui, Conte, a cancellare dalla nuova strategia comunicativa del club il famigerato inno nerazzurro, quello che infieriva sui suoi stessi consapevolissimi tifosi: “Amala! Pazza Inter amala!”. Imperativo categorico che imponeva il circo schizofrenico al posto del risultato, e il conseguente fascino da freak. Basta masochismo, basta bondage. Conte – in un siparietto con Zhang da Cattelan – ne decretò la fine:

“Not Crazy Inter. No more!”

Prendendola a ridere, Conte voleva molto più seriamente cambiare il self-talk di tifosi e giocatori. E’ una cosa seria, non è un giochetto da social: la modalità riflessiva con la quale ci raccontiamo all’esterno, le cose che intimamente diciamo a noi stessi, influenzano le nostre azioni, ci condizionano. E’ il motivo per cui ai talenti del tennis insegnano fin dai tornei Kinder a non pensare mai in negativo: non ci si dice “ora non sbagliare”, si dice “ora metti la palla in campo”. La negazione è implicitamente un errore, è trascinante. Vietare alcune parole o frasi specifiche è un metodo utilizzato anche alla Masia del Barcellona per educare i giovani al gioco positivo come filosofia di vita. Insomma, “Pazza Inter” era un attributo giustificativo di un’imprevedibilità caratteriale che si sarebbe tradotto in un altro fallimento.

Poi, quasi un anno e una pandemia dopo, Antonio Conte va in tv e spara a zero sulla sua stessa società. Dopo averlo già fatto a puntate, in un feuilleton che aveva lamentato le deficienze del mercato, del peso politico del club, della protezione ai suoi giocatori. Alzando sempre di più i toni e il tiro. Di pazzo, alla fine di un anno non proprio normalissimo, è rimasto solo lui: Conte è diventato Joker.

L’irresistibile condottiero che allevava mujahidin, vinceva e poi andava via per saturazione dai sottoposti, ha accelerato il decorso: ha bruciato tutto e subito. Chiudendo con un paradosso: se la prende con una società che non sa farsi rispettare e lui stesso non la rispetta. Indica a ripetizione la Juve come modello, e mentre la Juve fa di tutto per perdere lo scudetto, la sua Inter la imita inconsciamente rispedendo il pacco al mittente. Si lamenta delle critiche fatte a lui, mentre il suo omologo Sarri ne subisce di molto peggiori, pur vincendo. Dopo aver firmato un triennale da 20 e passa milioni lordi a stagione, si lagna della campagna acquisti da 186 milioni di euro che Marotta ha portato avanti sulle sue indicazioni. A tal proposito scrive oggi Zazzaroni sul Corriere dello Sport:
“Conte ci racconterà cosa ha dovuto fare per convincere la società debole a prendere Lukaku, immagino che chiarirà anche quali sforzi ha dovuto compiere per far spendere quasi 22 milioni per Lazaro, rinnegato dopo soli 4 mesi”
E proprio la “sua” Juve, che Conte eleva a entità superiore, non resse l’ingombro di un allenatore che si raccontava più potente della sua stessa società (la Juventus, poi. Figurarsi…). Conte ha ormai un peso specifico – per auto-attribuzione – quasi insopportabile. Vuole il potere assoluto, e se non lo ottiene strillando, lo invoca, lo elemosina. Conte vuole una Contea, club e squadra alle sue dirette dipendenze.
La “rottura” nerazzurra, anche questa da leggersi in versione biunivoca – si sono rotti entrambi, tecnico e dirigenza – porta al successivo livello di gestione: sui media spunta Allegri, per una riproposizione di cicli già esausti. L’Inter di Marotta che cerca di replicare la sua Juventus. Il messaggio di Conte che va oltre Conte stesso.
Alla fine dei conti – e “fine” è la parola chiave di questa veloce vicenda – Conte s’è ritrovato ad un solo punto dal trionfo. Ha letto la classifica come una beffa. La pazza Inter non se n’era mai andata davvero, e lo ha infine travolto. Come il trucco di Joker, la smorfia di Conte è diventata indelebile.
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