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Soderling, la depressione dopo aver battuto Nadal: “Ho cercato su Google come suicidarmi”

L’ex tennista svedese racconta il suo abisso, gli attacchi di panico: “Tremavo dalla paura anche per lo squillo del telefono”

Soderling, la depressione dopo aver battuto Nadal: “Ho cercato su Google come suicidarmi”

Il problema non è stato battere Nadal al Roland Garros. Il problema è stato tornare in camera, e ritrovarsi in “un abisso nero senza fondo”, a “cercare su Google come suicidarmi”. Robin Soderling, per chi bazzica il tennis solo saltuariamente, è lo svedese primo uomo a battere Rafa Nadal sulla terra di Parigi (agli ottavi nel 2009). E’ stato due volte finalista in uno Slam, e numero 4 al mondo. Ed era un depresso. Si è ritirato dal circuito a 31 anni per una mononucleosi diventata quasi cronica.

Racconta il suo “inferno” in una intervista a Radio Svezia. Con dettagli davvero terribili.

“Avevo un’ansia costante, mi rosicchiava dentro. Mi sedevo a terra, a casa, e guardavo la parete bianca. Il più piccolo rumore mi faceva prendere dal panico. Anche per una lettera lasciata sotto lo zerbino, o per uno squillo del telefono. Tremavo di paura”.

Le crisi di panico, racconta, sono cominciate nel 2009, dopo aver giocato la prima delle sue due finali consecutive del Roland Garros:

“C’erano solo tre giocatori con cui potevo perdere, il resto dovevo batterli, altrimenti mi sentivo male, fallivo, ero un perdente”.

Nel luglio 2011, dopo aver battuto David Ferrer nella finale degli Swedish Open, è tornato a casa a Montecarlo e ha iniziato a cadere in “un abisso nero senza fondo”, un malessere peggiorato un mese dopo, prima di giocare agli US Open.

“Sono stato preso dal panico, ho iniziato a piangere. Piangevo e piangevo. Sono tornato in hotel e mi sono buttato sul letto. Per la prima volta ho sentito che, indipendentemente da quanto volessi, non potevo tornare in campo, nemmeno se mi avessero messo una pistola alla tempia. Ho cercato su Google come suicidarmi. Qualsiasi cosa era meglio quell’inferno“.

“Raramente parliamo di problemi psichici nell’élite sportiva mondiale, ecco perché volevo parlarne. A coloro che si dedicano allo sport e ai loro genitori, dico loro di allenarsi duramente e di prendersela comoda. Fare sport e sognare. Ma se ci riesci, mantieni la prospettiva e ritrova una vita”.

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