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Anche a Sarri dedicheranno una serie tv: “Give me at least one dance”

Il film di Kapadia su Diego ci illustra la strada della vita. “Cuando vos entrás a la cancha, se va la vida, se van los problemas, se va todo”. È rimasto il pallone, è rimasto il Napoli

Anche a Sarri dedicheranno una serie tv: “Give me at least one dance”
Juventus' Italian coach Maurizio Sarri gestures during the Italian Serie A football match SS Lazio vs Juventus FC. (Hermann)

Può accadere che ci si debba chiudere in casa, per mesi, a contarsi schivando la morte. Infatti accade. La vittoria del Napoli rimane tuttavia la canicola di giugno a picco su quel campo rabberciato e intagliato tra i gli osceni palazzi dell’edilizia cittadina degli anni sessanta e settanta, a due passi da dove vivevo da ragazzino. Rimane il fuoco del sole tondo e disperato su tutto, su di noi. Da quella prima volta trent’anni fa – non è mutato – il Napoli è rimasto quella palla infuocata di vita attraverso tutti i lockdown dell’esistenza. Dopo l’ultimo che ho vissuto col mondo intero, l’immagine di quel campo la accompagna la musica che Antonio Pinto ha donato al capolavoro di Kapadia che il tempo dilatato dal virus mi ha dato la possibilità finalmente di contemplare – il miglior film che abbia visto sul Campione e sulla solitudine della vittoria e del suo dolore. Le parole del Dieci sono disegnate sulla sabbia dura di quel campo, di questo giugno, di tutti i mesi: “Cuando vos entrás a la cancha, se va la vida, se van los problemas, se va todo”.

Ieri siamo entrati su quel campo. Molto era già evanescente. Il resto stava per svanire. Temevo le assenze ma nessuna di esse ha toccato e macchiato la palla che, rotolando, ha messo a nudo tutto il resto. C’è una insospettata inutilità del tifo sugli spalti che la computer graphics sa rimpiazzare a dovere. C’è una ragionevole inutilità nella presenza delle autorità e degli inni semidimenticati. C’è l’oblio di quanto è completamente orpello – l’ex allenatore che dice di aver vinto più campionati di Michael Jordan e al quale dedicheranno la serie “Give me at least one dance”, l’ex ex attaccante che non so neanche dove sta. È stato convocato?

È stata una stagione balorda e dunque non banale. Ha sfrondato l’inessenziale. La Coppa è un grande traguardo e lo ha tagliato con merito Gattuso, con la sua squadra di molti giocatori e pochi retropensieri. Emo Phillips disse un giorno: “Ero solito pensare che il cervello fosse l’organo più affascinante del mio corpo. Poi realizzai chi me lo stava dicendo”.

Il Presidente non ha potuto evitare di mettercisi di traverso infilando la mano per il ritratto d’occasione. Non è cambiato ma non importa, perché su questo campo egli è ormai una presenza necessaria ma non interessante, come il cavalletto su cui poggia la macchina quando vai a farti una foto tessera.

È rimasta la palla. È rimasto il Napoli. Datemi gli occhi di Meret e solo un attimo per fermare quel pallone. Il resto può andare. Se va todo.

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