Damascelli: il campionato non è falsato per un rinvio, ma dalla mediocrità di chi lo governa e racconta

Nel calcio manca il rispetto per le qualità altri, tranne quelle degli avversari minori che non rappresentano una minaccia. Così si alimenta l'odio per la Juve, la cui storia è caratterizzata dal sospetto

il tribunale di madrid Juve

Se dovessero essere la Lazio o l’Inter a vincere lo scudetto, nessuno potrà dire che si tratti di una vittoria falsata. Se invece dovesse vincerlo la Juventus, sì.

Lo scrive Tony Damascelli su Il Giornale. La motivazione? Il sospetto non riguarda né biancocelesti né nerazzurri, ma solo i bianconeri.

“La Juventus può vincere il suo nono scudetto consecutivo. Ha un organico pauroso, il fuoriclasse che fa la differenza, un club storicamente vincente. Ma qualcuno potrà dire che la vittoria bianconera sarà figlia di un campionato falsato. Il sospetto è infatti un dato caratteristico della casa bianconera. Accade così, nel calcio, quello che, normalmente, accade nelle vicende della politica: c’è una parte che si ritiene depositaria della morale e del moralismo e un’altra che si trascina qualsiasi ombra e peccato”.

E’ una malattia tipica del nostro calcio, spiega.

“la totale assenza di rispetto delle qualità altrui eccetto quelle che appartengono ad avversari “minori”, che muovono simpatia ma non sono, alla fine, pericolosi ostacoli per l’assegnazione del titolo (l’Atalanta, per dire)”.

Lo dimostrano le parole di Liverani, nel weekend.

“Si stanno esibendo, sull’argomento, illustri giornalisti non sportivi, improvvisamente non più garantisti, diplomatici ed equilibrati come sanno essere su vicende molto più oscure, dalla finanza alla politica, all’imprenditoria e all’editoria, invece vestendo la maglietta della squadra per cui sono tifosi e rispolverando calciopoli e altri fotogrammi miserabili del nostro calcio, alimentando, così, quel clima di odio che poi combattono in tivvù o sui giornali. Il campionato non è falsato per un rinvio o per le porte chiuse. È falsato dalla mediocrità di chi lo governa e dalla desolante meschinità di chi lo illustra per la propria passione”.

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