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Ora per Sarri il sarrismo è un’etichetta. Bei tempi quando gli conveniva e cavalcava l’ipocrisia

Non deve risentirsi se il passato di Masaniello gli torna indietro come un boomerang. Per salvare sé stesso butta a mare persino l’Arrigo: «Anche il sacchismo è un’etichetta»

Ora per Sarri il sarrismo è un’etichetta. Bei tempi quando gli conveniva e cavalcava l’ipocrisia
during the Italian Serie A football match SSC Napoli vs Fc Juventus.

Per l’ennesima volta, ieri Maurizio Sarri ha provato – inutilmente – a scrollarsi di dosso l’etichetta di sarrismo che – ricordiamolo – quando gli è convenuto si è spalmato addosso con la colla più potente dell’universo. Nella vita, poi, tutto ritorna e adesso Sarri vorrebbe scartavetrarsi il corpo. Ma un’etichetta è per sempre, come un diamante, soprattutto quando la si è cavalcata utilitaristicamente e – va da sé – ipocritamente. Non poteva sapere, Sarri da Figline Valdarno, che un giorno da Napoli sarebbe approdato prima al Chelsea e poi alla Juventus. Non lo avrebbe mai immaginato. Quel che vale a Napoli, questo lo avrà imparato, non vale in contesti che per brevità definiamo europei. Al Chelsea, nonostante la vittoria in Europa League, i tifosi lo hanno odiato per quel calcio passa a me passa a te che a Napoli provoca orgasmi in serie (“il coro fuck sarriball ancora echeggia s Stamford Bridge”). A Torino non ne parliamo nemmeno.

Ora non deve risentirsi se il passato di Masaniello gli torna indietro come un boomerang. È la vita. Se sapesse che c’è chi si sta costruendo una second life da politico su quella menzogna. A Napoli c’è un detto sullo sputo e sul cielo che ben fotografa questa situazione di Sarri.

Ieri, nella conferenza stampa alla vigilia di Spal-Juventus, ha ripetuto (leggiamo dal Corsport) che

la mia filosofi a calcistica è la stessa, bisogna considerare cose diverse, ci sono giocatori che fanno la differenza e che per caratteristiche sono individualisti. Quindi si va a fare in modo che questi calciatori con caratteristiche spiccatamente individualiste rimangano forti, facciano la differenza lo stesso. (…)  Se io facessi il contrario sarei tacciato di integralismo, forse anche giustamente, perché non metterei i giocatori che fanno la differenza
nelle condizioni di farlo».

E ancora:

Sono tutte etichette che mettete voi (giornalisti) addosso alla gente. Il Sarrismo o il Sacchismo sono etichette messe dall’esterno ma che hanno valenza quasi zero, anche perché poi pure nel Milan di Sacchi che era un grande collettivo c’erano un paio di giocatori individualisti che facevano la differenza.

Chissà come l’avrà presa l’Arrigo che più di venticinque anni fa, in una memorabile conferenza stampa, spiegò che sono i principi di gioco a fare la differenza e che una volta assimilati quei principi non faceva alcuna differenza se a giocare fosse stato Bibì oppure Bobò.

 

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