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Le 10 cose da ricordare di Napoli-Perugia: i nuovi sediolini che brillavano nel vuoto del San Paolo

Il rigore parato con cui Ospina si lascia alle spalle la papera di Roma. L’arbitro Massimi che guarda tutta la partita alla VAR. Il debutto di Demme. Il mano fischiato a Hysaj perché lui non è De Ligt.

Le 10 cose da ricordare di Napoli-Perugia: i nuovi sediolini che brillavano nel vuoto del San Paolo

Uno. La formazione quasi titolare. A occhio mancano solo Allan, Callejón e Milik. È un dato che può voler dire due cose. Primo: la Coppa Italia va presa sul serio. Secondo: sono finiti per sempre i giorni del turnover scientifico e del coinvolgimento di tutta la rosa.

Due. I sediolini del San Paolo dei settori inferiori. In occasione delle Universiadi è stato un bel lavoro, tanto bello che il prossimo Golden Gala di atletica leggera si terrà al San Paolo e non all’Olimpico. I sediolini montati sono magnifici e questa partita con il Perugia ci consente di vederli tutti, ma proprio tutti tutti. Non se ne trova occupato nemmeno uno. Un effetto della partita alle tre del pomeriggio a metà settimana. Se non altro i più anziani hanno modo di recuperare tra i magnifici ricordi certe memorabili partite con Oscar Damiani contro l’Olympiakos e il Radnicki Nis.

Tre. I rigori dell’arbitro Massimi. L’arbitro Massimi è molto giovane. Ha 31 anni e una faccia da bambino. È più giovane di Callejón. Ha visto meno calcio di Llorente. Perciò non vede molte cose e si fa aiutare parecchio dal VAR. Va così tante volte al monitor che praticamente la partita se l’è guardata in televisione. Ma è giusto così. Fischia due rigori a favore del Napoli e sigla una pace forse definitiva tra il club e gli arbitri dopo il caso Mertens a Firenze. È quello che fischia contro a farmi venire un dubbio. Se il famoso mani di De Ligt col Bologna non era rigore perché la palla aveva urtato prima un’altra parte del corpo, perché questo di Hysaj lo è? Chi lo sa.

Quattro. Le due trasformazioni diverse di Insigne. La prima volta calcia rallentando il passo, corricchiando, come qualche volta facevano Jorginho e Miccoli. La seconda va sul palo opposto, sempre spiazzando il portiere. Seguono cuoricini con le dita verso il cielo, verso le telecamere e mani che si battono il cuore nascosto sotto la maglia.

Cinque. Il rigore parato da Ospina. Gattuso gli dà il campo dopo la papera con la Lazio e lui ne approfitta per lasciarsi alle spalle il ricordo. Bello l’abbraccio dei compagni che gli saltano addosso, Manolas anche con un certo trasporto. Ospina è una bella persona. Non fa mai una scena. Ha sempre la stessa faccia. Che sbagli o pari un rigore.

Sei. I fischi a Fabián Ruiz. Gioca 79 palloni e ne sbaglia l’8%. Il suo vecchio maestro Quique Setién ha firmato per il Barcellona. Il suo vecchio Pigmalione Carletto Ancelotti si sta reinventando un interesse e una passione all’Everton. A lui tocca fare il centrale in una squadra che non è più quella in cui sembrava l’uomo del futuro. È immalinconito e la gente non lo perdona. I fischi a lui sono ancora fischi per Ancelotti.

Sette. Il debutto di Demme. Il San Paolo ci risparmia il coro Diego, Diego. Lui mette la maglia numero 4 che è stata a lungo sulle spalle di Bagni (cioè la maglia non è la stessa, non è proprio quella: è solo un modo di dire). In 25 minuti tocca il pallone 42 volte con una precisione nei passaggi del 97.3%. Vince un contrasto su cinque e perde 3 palloni, uno al limite dell’area per il quale si scusa alzando la mano.

Otto. Aver rivisto Alessandro Rosi. Nove anni fa, non so se lo ricordate. Il Napoli andava a vincere all’Olimpico contro la Roma nel pieno di un inimmaginabile testa a testa con il Milan di Allegri che sarebbe durato poi fino a cinque giornate dalla fine, fino alla sconfitta con l’Udinese al San Paolo (Inler che segna e non esulta). Rosi quella sera all’Olimpico diede vita a uno scambio di sputi con Lavezzi che costò al Pocho una squalifica di 3 giornate con prova tv. Cominciò da quella sera un percorso di crescita e di consapevolezza. È stato bello reincontrare Rosi adesso che si chiude questo ciclo.

Nove. I due tiri in porta di Elmas nella fase finale della partita. Non devono averlo avvertito che la palla deve girare. Sfoga così la frustrazione per un pomeriggio non brillantissimo. Non è a suo agio nel giro palla.

Dieci. I cinque duelli aerei persi da Llorente. Se è per questo, perde anche 14 palloni. L’uomo che aveva messo la fregola addosso al miglior difensore del mondo, Van Dijk, in Napoli-Liverpool, non c’è più. Insieme a molto altro. Tabula rasa. Aspettiamo le prossime partite per vedere che cosa fiorisce sul terreno diserbato.

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