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Il Fatto: Benetton dice che non sapeva. A prenderlo sul serio non si dovrebbe imboccare più l’autostrada

Nella sua lettera ai quotidiani il capostipite della famiglia parla di “mele marce”, si dichiara parte lesa. Continua a fare il tonto per non pagare dazio

Il Fatto: Benetton dice che non sapeva. A prenderlo sul serio non si dovrebbe imboccare più l’autostrada

“La situazione non è seria ma è gravissima. Se gli automobilisti prendessero sul serio i deliri autoassolutori di Luciano Benetton non imboccherebbero più i 2.800 km di autostrade date vent’anni fa in concessione alla famiglia dei maglioncini”.

Lo scrive Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano. Si riferisce alla lettera inviata ieri da Luciano Benetton ai quotidiani in cui respinge ogni responsabilità su quanto sta emergendo dalle indagini sul crollo del Morandi e addirittura rivendica di non aver mai saputo niente di quello che succedeva all’interno di Autostrade.

Benetton ha scritto, nero su bianco,

“Una struttura è fatta di uomini e qualche mela marcia può celarsi dappertutto”

Attribuisce a queste mele marce il crollo dei viadotti, le decine di morti e anche i report falsi.

Parla di un management che non si è dimostrato idoneo, dice che la famiglia si assume la responsabilità di averlo scelto.

Scrive Meletti:

“Benetton vorrebbe farci credere che ha scelto il management, non si è mai occupato di sapere che cosa facesse e dopo vent’anni ha scoperto, perché gliel’ha segnalato la magistratura, che non era idoneo. Non si sa se ridere o piangere”.

Benetton analizza il ruolo della “famiglia” come se gestisse una tabaccheria e non autostrade, da cui dipende la sicurezza di milioni di persone.

Gli automobilisti hanno versato nelle tasche della famiglia Benetton miliardi di euro ai caselli.

“Da come parla il capostipite sembra che quei soldi gli siano dovuti perché lui è Benetton e gli italiani non sono un cazzo, un’idea feudale del capitalismo in cui il padrone in quanto tale ha diritto di esigere le gabelle”.

Benetton si dice sorpreso e colpito dalle notizie degli ultimi mesi, su omessi controlli, sensori guasti e falsi report. Si ritiene parte lesa.

“Sarebbe bello poter attribuire il marasma di queste frasi all’età avanzata e alla distrazione degli spin doctor, e ignorarle. Ma sarebbe irrispettosa e inverosimile l’idea che al timone del capitalismo italiano ci siano dei rincoglioniti. Quindi Benetton va preso, purtroppo, sul serio”.

Sei mesi fa, in un’intervista a Repubblica, Benetton definì il crollo del Morandi una “disgrazia imprevedibile e inevitabile”. Giurò su Giovanni Castellucci senza mai nominarlo, disse: “Sono sicuro della buonafede dei manager di Autostrade”.

“E come faceva a essere sicuro se non sapeva niente?”

Poi, due mesi fa, quando i Benetton hanno capito di essere in trappola, hanno mandato via Castellucci coprendolo d’oro,

“per montare la bufala della mela marcia, come se nei 18 anni in cui gli hanno dato “i pieni poteri” (parole del capo della famiglia) avesse fatto tutti quei profitti di nascosto. Ma Benetton continua a fare il tonto per non pagare dazio: “Da quanto sembra l’organizzazione di Autostrade si è dimostrata non all’altezza”. È arrivato Sherlock Holmes”.

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