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Quella fascia sta affossando Insigne e lo dico da suo grande estimatore

Del capitano ha gli atteggiamenti, non la leadership. Al Meazza, nel settore ospiti, gli hanno detto di tutto. Un passo indietro, se fosse possibile, gli gioverebbe

Quella fascia sta affossando Insigne e lo dico da suo grande estimatore

Lorenzo Insigne gli atteggiamenti da capitano li ha tutti. Se un compagno sbaglia la misura di un passaggio, gli fa il segno dell’ok. Se sbaglia lui la giocata, chiede scusa. Quando Lozano segna contro il Salisburgo, corre a raccogliere il pallone in rete, perché l’obiettivo della squadra è la vittoria. Quando il Napoli pareggia col Genoa, invece, dopo il fischio finale rimane nel cerchio di centrocampo, esponendo il petto ai boati dello stadio. Gli atteggiamenti ci sono, dicevamo. Quello che gli manca, però, è la leadership del capitano. L’intensità della prestazione, la capacità di contagiare e quindi coinvolgere i compagni, la possibilità di dimostrarsi risolutivo.

Non invidio Lorenzo Insigne. Perché la sua precarietà è umana, prima ancora che tattica. Sabato sera, per fortuna, si è giocato al Meazza. E quello che si sentiva dire a suo proposito nel settore Ospiti, ancora per fortuna, si diluiva nel trasversale malcontento del pubblico di tutti i settori. Se fosse stato sostituito al San Paolo, sarebbero stati fischi. Contestazione.

A Lorenzo Insigne servirebbe un downgrade. A lungo si è discusso del suo ruolo. Come se da gennaio 2019 a oggi il crollo delle sue prestazioni derivasse da questioni tattiche, e non umane. Lui è il primo, a quanto si è appreso dalle cronache estive, a credere che tornando nella casella di esterno sinistro avrebbe risolto i propri problemi. Come se la causa dei suoi mali fosse giocare da seconda punta, o da falso dieci, invece che nel tridente.

Insigne, per salvarsi, dovrebbe liberarsi dal senso della responsabilità. Tornare a essere, al più, un primus inter pares. O, meglio ancora, il colonnello di un esercito dove i generali sono altri. Ma non quello che Ancelotti ha pensato potesse diventare. Il napoletano nel Napoli. Il veterano dalla maggiore anzianità di servizio per il club. La pedina al centro del gioco. Il capitano, quindi, che la squadra la rappresenta e la aggrega.

Ma è possibile un downgrade? È possibile, soprattutto, un downgrade che sia indolore? Spogliare Insigne delle responsabilità che non sopporta, senza che significhi spogliarlo della sua dignità professionale? Pare di no. D’altronde, la traduzione più attinente che mi viene per downgrade, in questo caso, è demansionamento. Roba da causa di lavoro. Non funziona nelle vicende sentimentali. Non si rimane amici dopo essere stati amanti. Perché dovrebbe funzionare in un lavoro esposto ai sentimenti delle masse come il calcio. Ma chi vuole o ha voluto bene a Insigne, e io mi annovero tra questi, spera possa ancora succedere.

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