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La ridicola caccia a Davide Ancelotti (e del perché non siamo stati con De Laurentiis)

La terra del familismo amorale si è improvvisata trasformata in un lembo di Scandinavia. Il De Laurentiis che preferiamo è un altro

La ridicola caccia a Davide Ancelotti (e del perché non siamo stati con De Laurentiis)

A memoria, non ricordiamo polemiche nei confronti dell’allenatore in seconda (una volta si chiamava così). Chissà, probabilmente nemmeno Mourinho – quando era vice di Robson – riuscì a far parlare di sé in questo modo. È toccato a Davide Ancelotti. La cui colpa è ovviamente quella di essere figlio di Carlo, e di lavorare con il padre. In tutti questi anni, ovviamente, non ricordiamo polemiche per Frustalupi, Pecchia, Calzona. I viceallenatori non hanno meritato nemmeno una riga sul giornale, per dirla alla Guccini.

Davide Ancelotti, invece, sì. Al punto che qualcuno si è sentito in dovere di difenderlo, come ha fatto Alessandro Alciato che ha pubblicato il suo curriculum. Ed è assurdo dover muoversi in difesa di un professionista che non può certo essere incolpato di avere un padre illustre e di lavorare con lui. Se non fosse stato all’altezza, non avrebbe il curriculum che ha. Ovviamente non lo si incolpa di aver caldeggiato l’operazione Fabian Ruiz e tante altre cose che non stiamo qui ad elencare. Non le elenchiamo perché non accettiamo la condizione di partenza: le accuse nei suoi confronti.

Sorprendono meno le frecciate che ogni tanto fanno capolino sui preparatori atletici del Napoli. Addirittura qualcuno ha scritto che sarebbe stato preso in considerazione di cambiare lo staff. Effettivamente sarebbe la soluzione giusta far fuori lo staff che consente di affrontare il Liverpool alla pari e di mortificare atleticamente l’osannata Atalanta. Qui, però, c’è una spiegazione molto napoletana. Quest’anno nel Napoli c’è stato un allontanamento che ha fatto molto rumore. E i cui colpi di coda non smettono di avere risonanza su qualche testata napoletana, per non parlare del pueblo. Il pueblo che oggi è al fianco di De Laurentiis dopo averlo sommerso di “pappone” per un decennio.

Ma torniamo a Davide Ancelotti. È sorprendente, per non dire ridicolo, che proprio nella terra del familismo amorale – famosa accusa mossa da Banfield nel descrivere la società meridionale – si levi un moto d’indignazione. È da notizia d’apertura del New York Times la conversione scandinava del corpo sociale napoletano e/o giornalistico che proprio non riesce a tollerare come sia possibile un comportamento del genere. Qui, provincia di Norkoepping, non minimamente ammissibile che possa esserci una discendenza familiare nel lavoro. E che sono queste cose?

Carlo Ancelotti è l’allenatore del Napoli. Come ogni allenatore, ha un suo staff. E lo sceglie lui. Francesco Mauri, così come Davide Ancelotti, hanno lavorato con lui, tra l’altro, al Real Madrid. E anche al Bayern. Dove si è creata una situazione che per certi versi ricorda quella attuale di Napoli. Il club, soprattutto Hoeness, volle proseguire con la vecchia guardia della squadra e non cominciare il rinnovamento di cui era fautore Ancelotti con il suo staff. È finita come sappiamo. Il Bayern ha sì vinto i campionati ma non ha mai imboccato una nuova direzione. Tant’è vero che una settimana fa ha nuovamente esonerato l’allenatore.

Il paradosso della situazione attuale del Napoli è che gli ammutinati sono proprio quei calciatori della vecchia guardia che De Laurentiis ha voluto tenere con sé. Per somma gioia del popolo. Noi saremo anche allergici al popolo, certamente lo siamo. Ma non si governa tenendo conto degli umori del popolo. De Laurentiis, come sul Napolista ricordato a più riprese, non ha avuto il coraggio di favorire questo ricambio. E ora ne sta pagando le conseguenze.

Infine, tanto ci siamo, ci fa sorridere anche questa indignazione per l’ammutinamento. Anche qui ci sembra di vivere una favola. Napoli si indigna per il mancato rispetto delle regole sul posto di lavoro. Ci perdonerete se citiamo Lucio Battisti: ci scappa da ridere.

E in tutto questo il problema è Davide Ancelotti professionista serio, persona preparata, educata, che anche a Napoli sta facendo benissimo. E ha mostrato anche personalità come ha dimostrato nella conferenza stampa di domenica scorsa a Roma quando non ha nascosto i problemi della squadra. Poi, è tutto stato travolto: la decisione del ritiro, l’ammutinamento e tutto quello che sappiamo.

Infine rispondiamo a una domanda che più persone ci hanno posto: ma come, proprio questa volta non vi siete schierati con De Laurentiis? La risposta è che noi preferiamo il De Laurentiis imprenditore, il De Laurentiis avanti dieci anni rispetto agli altri, che ha fatto di Napoli una società modello e che ha portato il Napoli ai vertici nazionali e internazionali mentre il resto della città – non tutta ma buonissima parte – naviga nei bassifondi sventolando il vessillo dell’identità. Preferiamo il De Laurentiis che governa senza cercare il consenso del popolo. E ci ha sorpresi constatare che ha preso una decisione che in fin dei conti ha danneggiato la sua azienda (se poi sia stata un’operazione per far emergere le metastasi, beh allora chapeau: altro che Rommel). Che oggi i calciatori siano fischiati, è una vittoria di Pirro per De Laurentiis. Lui ha sempre guardato oltre, molto oltre, e siamo certi che continuerà a farlo. Ci ritroverà al suo fianco non appena torneranno a chiamarlo pappone e a vomitare di tutto su di lui. Ora il popolo lo osanna, la nostra assenza passa quasi inosservata. Ma il popolo, si sa, è basculante.

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