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Ancelotti è tornato Re Carlo

Colpo di scena a Liverpool. Il Napoli scoppia di salute. O perlomeno ci prova. Una gara tattica ben predisposta dall’allenatore che ora non viene più contestato

Ancelotti è tornato Re Carlo

Colpo di scena. Il caso Napoli scoppia di salute. O perlomeno ci prova. C’è chi rimane a casa durante la trasferta di Anfield, chi si accomoda in panchina, chi scende in campo e dà il massimo per il buon nome degli azzurri. Risultato, un prezioso pareggio nella tana dei Reds, con una gara tattica, ben predisposta da Ancelotti, tornato Re Carlo per critica e tifosi. E ora si tratta.

Complottisti, luddisti che scassano la favolosa macchina del Napoli, svogliati e in mala fede. Questi i giocatori secondo il popolo tifoso, all’indomani dell’ammutinamento, l’unico al mondo in cui l’ammutinato se ne va a casa, senza impadronirsi del mezzo e senza sparare un colpo.

La partita col Milan, insipida e sciatta. Quella con i Reds è l’etica della resistenza. All’ingrosso, pagelle inquietanti in campionato, valorose in Champions. Un allenatore sfiduciato à la carte dal pittoresco mondo dell’informazione, che ridiventa Re Carlo in partita e fuori. Un presidente imbestialito che se ne va in America per riflettere prima di parlare, poi torna, “nce verimme tra nuie”, la trattativa è aperta, nessuna interferenza esterna. E ora siamo punto e accapo, con tendenza a risalire e non a scendere.

Le sanzioni di guerra

Questo il quadretto avanti Christmas, che vede l’Inter a fare la seconda forza al posto del Napoli e il Napoli uscito di scena con i suoi misteri al posto dell’Inter. Prima, tutta colpa dei giocatori (a partire da Insigne, of course).  Poi, il vento gira e l’opinionismo e scontentismo di massa investono il buon Carletto, per altro in debito con i tifosi di un gioco. Infine, il presidente, che per Natale porta da Los Angeles le sanzioni per i cattivi e chissà quali intenzioni per il futuro.

Non si gioca mai per perdere

In questo bailamme entrano in scena le tifoserie delle “magliette sudate”, che mettono in dubbio la serietà professionale dei calciatori. Non s’impegnerebbero a dovere, mentre la folla impreca alla loro ricchezza e ai “sacrifici” curvaioli per sostenerli nelle trasferte. Indolenti e abulici, che quasi quasi le partite le giocano per perderle, ma basterebbe consultare il signor Enzo Testa, ex calciatore e una vita dedicata alle scuole calcio, o Gennaro Esposito, a nome di tutti, per apprendere  che un giocatore non scende mai in campo per perdere. 

E allora? Allora vi pare che Insigne è uno che vuole perdere, durante la gara col Milan, se fa un tiro a giro micidiale, colpendo l’ennesima traversa? Vi pare un laterale a riposo, lo stakanovista José María Callejón, che, pur peggiore in campo, fa comunque una corsa di cinquanta metri per andare a raccogliere il passaggio che lo proietta in rete? Tiro sballato, niente gol, ma questo è un altro discorso. E’ sempre  boicottaggio, quando il novizio Hirving Lozano, come un’anguilla tra i Reds, fa l’assist decisivo per un cattivissimo gol di Mertens? E chi ha difeso meglio la propria porta a Milano e a Liverpool se non Koulibaly, uno dei principali indiziati di disobbedienza?

La panna montata

C’è poi la panna montata dell’abbraccio Lozano-inesistente, del mucchio selvaggio che non c’è stato, bravo Hirving, ma dovevi essere triste, qualche cinque e niente più. Ma l’ha fatto pure Mertens, allora si saranno detti nello spogliatoio che al gol non si esultava. E Carletto, che non mastica gomme come al solito, che gli viene quasi la voglia di fare il palloncino, che cosa nasconde? Quesiti oziosi, che non attendevano altro che uscire dal vaso di Pandora. La fiera dei “l’avevo detto”, le formazioni sbagliate, Ancelotti un grande, ma solo tra i grandi, esperimenti basta, ci vuole il manager carrozzato Marotta, i contratti di DeLa fanno venire la labirintite, l’Europa League è povera e non serve a niente, la Coppa Italia è una quisquilia, la Champions è vietata ai minori.

Le verità complesse

La verità è che è scoppiata nelle mani di De Laurentiis (e di Ancelotti) la bomba di una società anomala, ma logica, che il risultato sportivo, per ora negativo, sta accentuando.  Costi e ricavi il principio inderogabile. Capitalismo familiare la scelta. Questo comporta tensioni con l’ambiente più estremo, acquisti sì, ma cum grano salis: né scarsi né fuoriclasse strapagati e avanti negli anni. Scudetto più difficile, quindi, ma una società solida e destinata a frequentare i quartieri alti del campionato.

Gli scambisti

E invece accade l’imponderabile, tra contratti che galleggiano, voglie di partenze, rinnovi e ritocchi di stipendio. Ci sono poi i motivi tattici, che completano il quadro conflittuale. I moduli per Ancelotti sono solo una parte del lavoro; come ama ripetere, l’altra metà dipende dall’interpretazione che ne danno i giocatori. Meglio se duttili, non irrigiditi da un ruolo fisso. Insomma, meno specialisti, più giocatori totali, con cambi di ruoli e zone per “tuttocampisti” e “scambisti”.

È la linea d’ombra del Napoli di Carletto.

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