La lettera sul Guardian della ormai ex juventina, un vero e proprio atto d’accusa nei confronti del clima che si respira a Torino e nel Paese
Nera, e donna. Per alcuni “persino” juventina. “Trattata come una ladra, o come Escobar”. Eniola Aluko se ne va. Lascia la Juventus Women, lascia Torino e lascia l’Italia. Se ne va sbattendo la porta in faccia al Paese, e al razzismo strisciante che “soprattutto negli ultimi sei mesi” la circondava “fuori dal campo”. Lo fa con un articolo sul Guardian di ieri (è titolare di una rubrica).
Aluko non è una semplice giocatrice. È – era… – la stella della formazione femminile della Juve, un avvocato, e collaboratrice del quotidiano londinese.
“Non è stata una decisione facile. Che riflette anche il fatto che fuori dal campo gli ultimi sei mesi sono stati davvero difficili. Mi sono stancata di entrare nei negozi e avere la sensazione che il titolare si aspetti che rubi qualcosa. A volte quando atterri a Torino ti fanno annusare dai cani anti-droga come trattandoti come se fossi Pablo Escobar. Non ho mai subito episodi di razzismo dai tifosi della Juve o sul campo, ma in Italia e nel calcio italiano c’è un problema serio. E la cosa che mi preoccupa è la mancanza di risposte, dai presidenti ai tifosi del calcio maschile questo razzismo lo vedono come parte della cultura del tifo stesso”.
“Se i club vogliono continuare ad attrarre talenti europei in Italia c’è bisogno di concentrare gli sforzi per far sentire gli stranieri a casa, è una parte importante di un progetto a lungo termine. Anche se la squadra è forte e gioca bene, ci sono cose fuori dal campo che non vanno ed è solo una questione di tempo prima che il giocatore cominci a pensare, a capirlo, e poi a volersene tornare a casa. A volte Torino sembra rimasta un paio di decenni indietro riguardo all’accoglienza verso diversi tipi di persone. E mi sono stancata”.
Come si è stancato Romelu Lukaku, che dopo aver devastato la difesa dello Slavia Praga in Champions ha preso il microfono e ha denunciato – di nuovo – i cori razzisti nei suoi confronti, chiedendo l’intervento dell’Uefa. Esattamente come aveva fatto in Italia, dopo identici fatti a Cagliari, ricevendo per tutta risposta il nulla assoluto.
Per non parlare della tristissima piega che ha preso il ritorno in patria di Mario Balotelli, offeso in svariati modi prima a San San Siro, poi a Verona, e infine dal suo stesso presidente, rimediando la solita indignazione di plastica e nessuna punizione per i colpevoli. Non è un caso se a gennaio probabilmente Balotelli tornerà all’estero.
“E’ un problema”, scrive sul Guardian Aluko. E se lo è sugli assolati campi della Serie A, figurarsi nell’ombra delle serie minori. E il problema per ora ha una sola soluzione: prima o poi chi può se ne va.