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Essere Zielinski, fin qui ancora un quadro di lontananza

Ti fa innamorare, promette universi sconfinati che non mantiene. A 25 anni, non ha varcato il confine. Ancelotti continua a dargli fiducia: è l’unico ad aver giocato tutti i minuti in Serie A

Essere Zielinski, fin qui ancora un quadro di lontananza

Scriviamo queste righe sapendo bene che Piotr Zielinski ci ingannerà ancora. E ancora ci innamoreremo di lui. Perché quando lo vedi, non puoi farne a meno. Di innamorartene. Zielinski ha la caratteristica fondamentale per far innamorare di sé. Lascia intravedere quel che poi non vedremo mai. Lascia sognare universi sconfinati, è una porta nell’immaginario senza limiti. È la base di ogni innamoramento. Dovremmo intervistare Francesco Alberoni su Zielinski.

Infatti a Zielinski vogliamo bene. Ci caschiamo ogni volta. Ci convinciamo che possa fare sfracelli. Che con quei piedi che si ritrova, la piazzi all’incrocio non diciamo a ogni partita ma almeno una volta ogni tre-quattro incontri. Che stia sempre nel match, che faccia sentire il peso della propria tecnica, della propria classe, che piazzi lì una delle sue accelerazioni. E invece quasi ogni volta – nelle partite chiave – rimaniamo delusi.

Ma quella porta ancora non riusciamo a chiuderla. Zielinski ha 25 anni e mezzo. Non sono pochi. Da anni, con costanza, sta apparecchiando la tavola per il pranzo della “promessa non mantenuta”. L’anno scorso, con Ancelotti, ha vissuto la sua stagione più intensa. Ha sfiorato i tremila minuti giocati in Serie A, quasi il doppio rispetto all’anno prima con Sarri. Ma ha giocato meno in Champions. È partito titolare solamente a Belgrado nel match che è costato la qualificazione al Napoli (finì 0-0). Poi, mai più titolare. Ha invece giocato le due partite con l’Arsenal e sappiamo tutti com’è andata a finire.

Ancelotti lo ha schierato e lo schiera in più ruoli, nella mediana, più spostato a sinistra, dietro la punta. Ma il polacco ancora non ce la fa a diventare un punto fisso del Napoli. Come Fabian Ruiz per dire. Resta il bello e incompiuto. Il primo delle riserve e l’ultimo dei titolari. Lo scorso anno finì sui suoi piedi il pallone che avrebbe allungato di qualche metro il campionato del Napoli: a San Siro, nel finale di Inter-Napoli, da pochi passi, ma si fece respingere sulla linea da Asamoah il tiro a botta sicura. Sull’azione successiva i nerazzurri segnarono con Lautaro Martinez. Quel tiro è la fotografia di Zielinski, della sua carriera, delle sue potenzialità e della realtà.

E domenica, nel finale di Napoli-Brescia, ha sbagliato un gol simile. Mertens gli ha servito un pallone in area, lui non lo ha controllato bene, si è girato e il suo destro ha partorito un tiro flaccido, una fetecchia si direbbe in caso di fuochi d’artificio. Era anche distrutto. Ha corso fino alla fine, non ne aveva più. Il punto è che si ferma sempre lì: a un passo dall’ingresso in un’altra dimensione. Probabilmente bisogna prendere atto della realtà. Che è quella di un buon giocatore, ovviamente, che prometterà sempre più di quel che potrà mantenere. Anche se la speranza è che non sarà così.

Quest’anno Ancelotti lo ha sempre schierato titolare in campionato e non lo ha mai sostituito. È l’unico calciatore che ha giocato tutti i minuti di tutte e sei le partite. Un record che nemmeno Callejon: lo spagnolo a Lecce è andato in panchina. Segno evidente che l’allenatore considera questa la stagione fondamentale per capire chi è Zielinski. Segno che spera ardentemente in una svolta. A Torino, allo Stadium, dopo un primo tempo in cui è rimasto coinvolto nelle difficoltà di tutta la squadra, è stato protagonista del secondo gol con una bella azione sulla sinistra. Un’azione che è il marchio del Napoli di Ancelotti, col timbro finale di Lozano. È invece rimasto fuori da Napoli-Liverpool. È entrato nella seconda metà del secondo tempo, quando il Napoli ha prima sofferto e poi vinto. L’augurio, per lui e per il Napoli, è che un giorni simili partite le giocherà dal primo minuto: vorrà dire che qualcosa sarà cambiato.

 

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