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Ancelotti e De Laurentiis sono talmente ai ferri corti che hanno parlato di rinnovo

Mentre sui media infuria la tempesta virtuale, i due si sono cordialmente incontrati per parlare del presente e del futuro. L’allenatore sta bene e il presidente sa che non troverà più uno come lui

Ancelotti e De Laurentiis sono talmente ai ferri corti che hanno parlato di rinnovo

Il clima da tregenda

Nell’intervista rilasciata a polsatsport dopo la vittoria della Polonia sulla Macedonia per 2-0, Arkadiusz Milik – tra l’altro autore del gol del 2-0 – ha detto: «Sembra che i media e i giornalisti creino un clima e uno stato d’animo diverso da quello in cui mi trovo».

Parole che si addicono perfettamente anche alla attuale condizione del Napoli e dei media che se ne occupano. A leggere e ad ascoltare in giro, social compresi, sembra che ci sia un clima da tregenda: spogliatoio spaccato (e non per le crepe della recente ristrutturazione: scherziamo, non ci sono crepe), Ancelotti isolato, freddezza tra lui e De Laurentiis, insofferenza della squadra nei confronti del figlio Davide. Che, lo ricordiamo, fino a prova contraria è il vice allenatore e ha nel suo curriculum Real Madrid, Bayern e anche Psg. Non è che sta là perché avanzava un posto e Ancelotti ha piazzato il figlio. En passant, ricordiamo che è grazie a lui – oltre che a Giuntoli, ovviamente – se il Napoli ha piazzato il colpo Fabian Ruiz che un giorno sì e l’altro pure fa disperare i quotidiani spagnoli. Non riescono a capacitarsi di aver perso il gioiello di centrocampo che ovviamente dai media italiani viene quasi ignorato.

Ma a Napoli, in quanto a disfattismo e autolesionismo, non ci batte nessuno. Il Napoli viene descritto come una squadra ben oltre l’orlo della crisi di nervi. Altro che Almodovar. A ottobre, a metà ottobre, primo nel girone di Champions (dopo aver battuto il Liverpool, unica partita stagionale non vinta dalla squadra di Klopp) e quarto in classifica in campionato a meno sei dalla Juventus, il Napoli viene presentato – per fortuna non da tutti – come un organismo in disfacimento. In cui si procede in ordine sparso e ciascuno tira dalla propria parte.

La presunta strage muscolare

E, non dimentichiamolo, come una squadra che sarebbe vittima di una strage di infortuni muscolari. Non meno di una strage. Basterebbe informarsi o anche andare su Transfermarkt (è gratis) e verificare che la rottura muscolare è una, quella subita da Maksimovic contro il Brescia. Poi ci sono affaticamenti, risentimenti, all’ordine del giorno per calciatori di alto livello. E che ci sono sempre stati al Napoli, al di là del fatto che fossero comunicati o meno (e non solo risentimenti muscolari). Tant’è vero che non c’è un calciatore della rosa – escluso Tonelli – che sia stato indisponibile per più di una giornata per infortunio muscolare. E quello di Milik era un altro tipo di infortunio: addominale.

Mario Rui, giusto per fare un esempio, che è stato sostituito contro il Genk la settimana scorsa e non ha giocato a Torino, ieri sera era in panchina con il Portogallo contro l’Ucraina. Partita che il Portogallo ha perso 2-1, lo ricordiamo perché magari – a leggere i giornali italiani – si fa fatica a trovare il risultato smarrito nell’estasi per il 700esimo gol di Cristiano Ronaldo (applausi sinceri, peraltro).

L’incontro e la pianificazione

Scriviamo queste righe consapevoli che il clima non cambierà. Ma, come abbiamo detto anche in altre circostanze, per lasciare una testimonianza. Ancelotti e De Laurentiis sono talmente ai ferri corti che si sono cordialmente incontrati, come accade non di rado, a Roma. Per pianificare il Napoli del futuro. Anche qui, si è inondati da notizie che vanno sempre in una direzione. Il Napoli – come ieri ricordato anche da Sky – ha offerto rinnovi triennali a Callejon e a Mertens. Alla stessa cifra che percepiscono oggi. Non è poco. Un trattamento alla Totti per due calciatori che certamente sono state e sono due colonne del Napoli recente ma che altri club avrebbero trattato come lo scorrere del tempo impone. Perché – e questa è una considerazione personale – a differenza di quanto si dice, il problema del Napoli è che cede poco, a un certo punto i rapporti finiscono, ci si saluta, si ringrazia e amen. In questo, il Napoli è berlusconiano, non è cinico. Va anche ricordato che l’unica volta in cui fu cinico, il Milan si ritrovò Pirlo alla Juventus e si mangiò le mani.

Più del trattamento alla Totti, francamente non si può. Mertens ha uno stipendio ragguardevole (4,5 a stagione) e del resto se lo merita. Così come anche Callejon merita il suo. Per cifre più alte, c’è solo la Cina. Ma una cosa è vivere a Pechino – se ti va bene – e un’altra è vivere a Palazzo Donn’Anna con vista Capri, Vesuvio e la storia di Dudù La Capria che ti circonda.

Le offerte cinesi non vanno tenute in conto. Sennò a quest’ora Carlo Ancelotti sarebbe in Cina con trenta milioni l’anno. Ma, senza offendere nessuno, quello è diversamente calcio. E a proposito di Ancelotti, il suo futuro non è affatto scritto. Non sono tre partite senza vittorie – Cagliari, Genk, Torino – a far cambiare i programmi di un allenatore e di un presidente. Ancelotti continua a stare bene a Napoli. Nonostante i livori che lo accompagnano. Ha le spalle sufficientemente larghe. Sa bene che esistono i periodi non particolarmente felici – parlare di periodi negativi è eccessivo. Ha attraversato mari decisamente più tempestosi. Chi ha allenato a Madrid, può allenare ovunque: è quel che dice chiunque abbia avuto l’onore di sedere su quella panchina.

Ancelotti non ha alcuna voglia di andar via. Sta bene a Napoli. Crede fermamente nel progetto. Nella squadra. È felice. E lo stesso vale per Aurelio De Laurentiis. Che è un monogamo per definizione. De Laurentiis è l’antitesi di Zamparini. In sedici anni ha avuto sette allenatori. Ruppe a malincuore con Mazzarri, si arrese controvoglia all’addio di Benitez e, checché se ne dica, provò a trattenere Sarri fino all’ultimo.

Un altro Ancelotti non lo trova

De Laurentiis è consapevole che un altro Ancelotti non lo trova. Del valore professionale non stiamo a dilungarci, ci renderemmo ridicoli. Ci riferiamo soprattutto alle idee, alla mentalità. Il Napoli ha quasi sempre avuto allenatori che comprensibilmente volessero emergere, volessero dimostrare. Ancelotti ha fatto una scelta diversa. Vuole dimostrare ma vuole farlo a Napoli. Comprende perfettamente la linea societaria, non solo perché aziendalista (che da noi è un insulto) ma perché la condivide. È un allenatore manager nel senso pieno del termine. Una figura introvabile in Italia. Del resto De Laurentiis sa benissimo che se oggi Ancelotti è oggetto delle polemiche, è perché lui mai si è prestato al gioco di attaccare la società, di pronunciare dichiarazioni allusive sul mercato, sul mancato arrivo di qualche calciatore o sulla mancata partenza di qualcun altro. Non lo ha mai fatto e mai lo farà. È uno stile che non gli appartiene.

Ed è per questo che i due hanno parlato anche del contratto che lega Ancelotti al Napoli. Un contratto triennale, adesso è in corso il secondo, che potrebbe essere allungato. A Napoli, nel Napoli, e con Ancelotti in panchina, si sta bene.

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