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Calaiò è stato l’amore dei tredici anni della nuova vita da tifosi del Napoli

Altri tempi, non si litigava per il caviale. Venivamo dalle tenebre. Fu il primo squarcio di luce. Ora ha annunciato il ritiro dal calcio giocato

Calaiò è stato l’amore dei tredici anni della nuova vita da tifosi del Napoli

Si può essere tristi per l’addio al calcio di Emanuele Calaiò? Sì, si può. Emanuele Calaiò è stato la prima luce nelle tenebre della second life di noi tifosi del Napoli. All’epoca era diverso. Quando non hai molto da mangiare, non stai a disquisire se il caviale debba essere rosso o nero, mangi il tonno in scatola, lo condividi e sei felice.

C’è stato un tempo in cui i tifosi del Napoli erano così. Avevamo vissuto un tunnel, diciamo un vico nero per essere più napoletani, che sembrava non finisse più. Poi arrivò un raggio di luce. Toledo, Ignoffo, Consonni, Varricchio, vado a memoria.

Un giorno in Serie C, a gennaio arrivò Calaiò. Il primo grande acquisto del nuovo Napoli. Finalmente qualcuno con cui sognare. Fantasticare. Buona parte del tifoso è dedicata al sogno. Sono più le partite immaginate che quelle effettivamente guardate. È un lavoro. E finalmente noi avevamo l’attaccante di cui potevamo parlare anche ai bambini.

Ricordiamo qualche cena romana con bambini che volevano essere chi Totti, chi Shevchenko e qualcuno – figlio di napoletani – che voleva essere Calaiò. L’arciere.

Abbiamo voluto bene a Calaiò. È stato la cotta dei tredici anni. Non si dimentica. Quel suo fare su e giù con la testa dopo un gol prima di mettere mano alla faretra. Ricordiamo quel gol al Lecce che di fatto ci diede la Serie A e poi la doppietta a Livorno quando si prese la rivincita su Edy Reja che – non senza ragioni – in Serie A gli preferì Zalayeta. Non ci arrabbiammo più di tanto quando col Genoa, al San Paolo, segnò su punizione da trenta metri. Ci ricordava le nostre origini. I pranzi poveri, appunto. Molto prima di storcere il naso per giocatoroni che i tifosi nati dopo il 1985 non potevano neanche sognare in maglia azzurra. La prima cotta. La fidanzatina della povertà.

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