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Pépé e il calcio ad alta intensità che vuole Ancelotti

L’ivoriano si iscrive perfettamente nell’idea di gioco del tecnico azzurro. Che vuole una squadra in grado di produrre grandi accelerazioni e senza ruoli fissi. Sul modello Liverpool

Pépé e il calcio ad alta intensità che vuole Ancelotti

Il calcio sta cambiando

«Il calcio sta cambiando», ha detto oggi in conferenza stampa a Dimaro Carlo Ancelotti. Lo ha detto rispondendo a una domanda su Elmas. Ha parlato di centrocampista moderno e ha chiarito il concetto. Ha detto che oggi si fa sempre più fatica a trovare uno specialista del ruolo, come ad esempio un regista classico, un centravanti da area di rigore, un’ala. «Si fa sempre più fatica perché oggi ai giocatori si richiedono cose diverse, c’è una evoluzione della figura del calciatore. E in questo senso Elmas rappresenta un centrocampista moderno come per fortuna lo sono anche Fabian Ruiz e Zielinski».

C’è l’idea di calcio di Ancelotti in questa frase. Concezione con cui ovviamente vuole plasmare il Napoli. Non si è dilungato troppo su Pépé oggi in conferenza stampa, si è limitato a definirlo esterno. Ben sapendo che vuol dire poco. Il punto non è se Pépé sia esterno o meno. Il calciatore del Lille – i cui agenti sono arrivati oggi a Dimaro – è uno di quei calciatori cari all’allenatore del Napoli perché in grado di produrre ripetuti scatti ad alta e altissima intensità in una partita. A prescindere dall’esito della trattativa.

Detto per inciso, non è questo il senso del pezzo, il Lille valuta il giocatore 85 milioni ma in cambio prenderebbe Ounas a 25. A Pépé piace il Napoli. A parità di ingaggio, o comunque senza una grande differenza di ingaggio, preferirebbe gli azzurri al Manchester United perché il Napoli giocherà la Champions.

La capacità di produrre scatti ad altissima intensità

Ma torniamo al campo. Il calcio – secondo Ancelotti e il suo staff – è oggi sempre più legato alla capacità di produrre scatti ad altissima intensità. Mesi fa, a Napoli sorse la solita – assurda – polemica sulle condizioni fisiche della squadra. Ancelotti provò a spiegare cosa conta della corsa di un calciatore. Non certo i chilometri percorsi. Conta la capacità di produrre scatti ad alta (superiore ai 14 km/h, ossia le accelerazioni da fermo) e altissima intensità (superiore ai 25km/h, le accelerazioni sullo scatto). Il calciatore ideale – se mai ce ne fosse uno – è colui il quale in una partita è in grado di produrre il maggior numero di scatti ad altissima intensità. Quindi di saltare l’uomo e creare superiorità numerica, rompere il muro avversario. Il numero uno in questo è Salah e non a caso il Liverpool è la squadra che ha vinto la Champions League. In Italia un calciatore con queste caratteristiche è Federico Chiesa.

Ecco cosa disse Francesco Mauri, preparatore atletico del Napoli, nell’intervista concessa mesi fa al Napolista.

«Il nostro metodo è a maggior ragione essenziale all’interno di una squadra che gioca con le idee di Ancelotti, una squadra che ha sempre più o meno lo stesso tipo di impostazione – che sia il Napoli, il Bayern, il Real Madrid – e cioè nell’80% dei casi corre meno dell’avversario come volume totale. Nel Napoli questo 80% diventa 70 o 65%, quindi si riduce rispetto a Bayern e Real. Però è una squadra che nei dati di alta intensità (ossia quando il calciatore supera la velocità di 14 km/h) e soprattutto di altissima intensità (superiore ai 25 km/h) prevale nell’80% dei casi sull’avversario».

Alta e altissimi intensità sono due concetti fondamentali. Nel calcio di oggi il giocatore perfetto è il giocatore in grado di produrre il più alto numero di scatti ad altissima intensità. «Salah, per capirci. O, per restare in Italia, Chiesa. Nel Napoli, Insigne e Callejon. Poi, ovviamente, c’è uno come Messi che ha bisogno di più tempo per recuperare, che corre circa nove chilometri a partita ma al quale nessuno chiederà mai di correre di più. È la bellezza e la diversità del calcio».

Di quell’intervista, riportiamo anche una dichiarazione di Ancelotti:

Il calcio somiglierà sempre più all’Nba dove l’atleta va al campo e svolge 45 minuti di allenamento ad alta intensità e poi si arrangia. L’atleta avrà il suo preparatore personale, il suo nutrizionista personale, il suo fisioterapista personale. Non ci saranno ritiri. Del resto nel calcio ci sono già tanti giocatori che hanno il preparatore personale che a volte è in contrasto col lavoro che fanno i preparatori della squadra.

Il nuovo Napoli

C’è tutto. È tutto spiegato. Pépé è un giocatore in grado di produrre devastanti accelerazioni. È quello che cerca Ancelotti. È ovviamente un calciatore in evoluzione. Ha 24 anni, è in crescita. Quest’anno ha senza dubio disputato la sua migliore stagione. È sì un esterno, ma non è questo il punto. E chissà che Ancelotti non abbia pensato a Thierry Henry. Il punto sono le sue (di Pépé) caratteristiche atletiche e di gioco. Che vanno rapportate e relazionate alle parole di oggi di Ancelotti in conferenza: “Il calcio sta cambiando”.

E Ancelotti vuole cambiare il Napoli. In ogni reparto. Nella mentalità. Sta costruendo quel che lui ha definito un centrocampo moderno, con almeno tre elementi su quattro che fanno della versatilità uno dei propri punti di forza. Che possono giocare in ogni ruolo della mediana, come già accaduto quest’anno per Fabian e Zielinski. E sta svezzando Gaetano con lo stesso criterio. L’altro, Allan, fa il mediano.

Davanti, la figura del centravanti classico, da area di rigore, non sempre resiste. Nel Liverpool, squadra campione d’Europa, ad esempio non c’è. C’è Firmino che è l’esatto contrario del centravanti d’area. Ma anche qui non bisogna generalizzare. Perché nell’altra finalista di Champions, il Tottenham, il centravanti classico c’era eccome: Harry Kane. Ma nel Napoli che sta immaginando Ancelotti, che poi è il Napoli che lo scorso anno ha strapazzato l’Inter al San Paolo, il punto di forza sono le accelerazioni, gli strappi. Un Napoli modello Liverpool. In grado di procedere a ondate. Ondate di calcio ad altissima intensità.

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