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Se Sarri va alla Juve, i veri sconfitti sono gli ultras

Per lui hanno derogato ai loro principi, a quel “solo la maglia”. Lo hanno definito “uno di noi”

Se Sarri va alla Juve, i veri sconfitti sono gli ultras

Tutti a dire: e come la vivono i tifosi del Napoli? Tutti a cavillare: e mo come la mettono a nome i sarristi? Nessuno che si chieda: ma come stanno gli ultras? Sono loro l’unico gruppo sociale con abbastanza pelo sullo stomaco per volare più alto dell’abboccamento del tecnico toscano alla Juve. Ma sono proprio loro quelli che, avendo derogato ai propri principi per sostenere il mister, possono davvero sentirsi traditi dal suo opportunismo, o meglio dalla sua professionalità.

Già, perché in generale la sola ipotesi che Sarri diventi un dipendente della Juve riconsegna il tifoso al suo ruolo cosmico: entità che a volte gioisce e più spesso soffre. Per il tifoso la delusione scaturita dal Maurizio bianconero è solo l’ennesima replica di un sentimento già vissuto mille volte dal suo io ancestrale. Proprio per questo, per il ciclico ripetersi degli Altafini-Higuain, il tifoso ha anche le risorse per andare oltre: ci sarà la solita escursione folle amore –> grande odio, e poi amici come prima, pronti alla nuova avventura sentimentale.

Fedeltà è dare il 110%

Il sarrista, in fin dei conti, avendo trasformato il suo jeux littéraires in una sorta di piattaforma politica, è semplicemente incorso in uno dei possibili esiti di un’esperienza politica: l’esaurimento valoriale del leader. Anche in questo caso la casistica è ampia e il background è solidissimo. Quando Sarri dice a Vanity Fair “fedeltà è dare il 110% nel momento in cui ci sei”, ma non dopo, perché magari “la società ti manda via” e a quel punto “che fai: resti fedele a una moglie da cui hai divorziato?”, non fa che aggiornare un antico principio di comportamento politico. Roba di cui si possono ravvedere le premesse nel “pacta non sunt servanda” di Machiavelli o, più prosaicamente, nella freddura di Fiorentino Sullo (“in politica ciò che si dice vale nel momento in cui viene detto”). Certo, se dovesse finire col comandante a Vinovo il sarrismo avrà bisogno del suo XX Congresso. Perderà adepti. Riformulerà il proprio pensiero portandolo oltre la figura storica di Sarri. Ma comunque ne uscirà come ne può uscire un think tank costretto a riposizionarsi.

La sconfitta degli ultras

Ecco, è per questo che gli ultras hanno subito il rovescio peggiore. Loro l’antidoto al voltafaccia sarriano già l’avevano. Gli ultras, uomini duri che sanno parlar d’amore, proprio perché consapevoli della corruttibilità umana hanno deciso di votarsi, anziché all’uomo, a un’entità metafisica: tifano il Napoli, non le persone che lo compongono di stagione in stagione. In un certo senso, funziona. Quando Higuain intonava “Un giorno all’improvviso” davanti alla Curva B, era lui che si univa a un rito del tifo organizzato, era lui che cantava un inno da stadio e sullo stadio, era lui che si assumeva delle responsabilità morali. Non era la curva a celebrare il calciatore argentino, ma il contrario. I cori e gli striscioni per Sarri della primavera 2018 rappresentavano, allora, un riconoscimento eccezionale: le curve vedevano in Maurizio, nella sua persona e non nella figura astratta di unità che ricopre il ruolo di mister, il destinatario di stima, fiducia, sostegno. Uno di loro dentro la SSCN. Quattordici mesi dopo, scoprono di essere sbilanciati troppo per chi forse non lo meritava e rimangono con un pugno di mosche in mano. “All my love in vain”, per dirla alla Rolling Stones. E neanche una ricompensa.

(Ancora nell’intervista a Vanity Fair, Sarri dice: “L’ultima bandiera è stata Totti, in futuro ne avremo zero”. La battuta fotografa alla perfezione l’abilità comunicativa – furba, autoreferenziale, da toscanaccio –dell’allenatore: già sa che il pubblico si tufferà nella nostalgia e nell’antimodernismo per razionalizzare il dispiacere, e allora lo anticipa. Tifosi, sarristi e ultras cercheranno in un cinismo affettato un limite al proprio malessere. Nel calcio troppi soldi e pochi valori, per questo non ci credo più, non mi affeziono ai giocatori, roba così. Nel mondo ideale, anziché cinici, cioè freddi dispregiatori di questo mondo di mercenari, saremmo epicurei, cioè pronti a godercela finché dura. Ce ne vedremmo meglio. Ma non viviamo nel mondo ideale)

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