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Siamo napolepatici, ci manca l’emozione non il risultato

Siamo napolepatici, viviamo per tifare, poiché sembra che abbiamo più bisogno noi di quei ragazzi che loro di noi, ma non è giusto attaccarli.

Siamo napolepatici, ci manca l’emozione non il risultato
Matteo Ciambelli

Un anno fa eravamo increduli, esattamente come stasera, ma la differenza la fa lo stomaco, ed il rumore del morso di felicità, e quello del dubbio.

La colpa è nostra che siamo diventati napolepatici

Non riusciamo più a vivere con oggettività le stagioni. Siamo tifosi, ed è anche giusto scrollarci di dosso l’esigenza di essere obiettivi, ma se provassimo un attimo a scambiarci la maglia con la razionalità, riusciremo a vedere il bicchiere mezzo pieno anche quest’anno.

Per l’undicesimo anno di fila ci classifichiamo in Europa, e pare che siamo gli unici in Italia ad aver raggiunto questo traguardo. Saremo, a scanso di ulteriori passi falsi, secondi, e abbiamo portato al termine il freddo numerino statistico identico all’anno scorso. Tuttavia ci è mancato il sogno, ci è manata l’adrenalina, la gioia dell’impossibile, la crescita quotidiana di quella pazzia collettiva, la corsa contro il tempo, e la manciata di minuti di Milano che ci ha fatti crollare, abbracciati, ma comunque crollare, e ci ha lasciati l’identico numerino statistico.

Il calcio è statistica, i romanzi, le leggende le custodiamo nei nostri occhi, nella nostra memoria, la raccontiamo ai figli, ai nipoti, come a noi ci hanno raccontato del portiere Malizia del Perugia o del goal di Altafini.

Ancelotti non emoziona, ma non ha fallito

Questa squadra è sfilacciata, sfiduciata, ma è pur sempre arrivata dove voleva, forse poteva risparmiarsi i proclami ad inizio anno, e parlare immediatamente di anno di transizione, ed invece prima la voglia di raggiungere la Juventus poi l’all-in sulla Europa League hanno portato ad un incontrollato per quanto esagerato disfattismo da parte della piazza.

A questo aggiungiamo anche le comiche griglie di inizio stagione, che ci vedevano sesti dietro agli squadroni milanesi e le romane, ed ecco che il triste Aprile diviene esattamente un bicchiere mezzo pieno da sorseggiare, attendendo tempi migliori.

Siamo napolepatici, viviamo per tifare, poiché sembra che abbiamo più bisogno noi di quei ragazzi che loro di noi, ma non è giusto attaccarli. Sono passati da un’idea di calcio dove a correre era la palla, ad una in cui bisogna correre senza; dove la si doveva tenere sempre nei piedi e comandare i tempi, ad or a che va bene anche soffrire stando ad aspettare. Ci vuole il tempo che ci vuole, e quel tempo verrà e torneremo agli stomaci in panne dalla gioia,

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