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Ponte Morandi, la Mcm risponde al Napolista e chiarisce il mistero della bobina

«Erano due i tir in transito sul Morandi il 14 agosto. Solo uno ha perso la bobina (da 30 tonnellate) ma in conseguenza del crollo, non prima»

Ponte Morandi, la Mcm risponde al Napolista e chiarisce il mistero della bobina

La prima volta che se ne è parlato, sui giornali, è stata il 3 novembre scorso.

A tre mesi dal crollo del Morandi, l’ingegnere Agostino Marioni, ex presidente della società Alga, che nel 1993 si occupò dei lavori di rinforzo sul viadotto, sentito come persona informata dei fatti, dichiarava che osservando alcuni video fosse plausibile ritenere causa del crollo “la caduta del rotolo di acciaio trasportato dal camion passato pochi secondi prima della tragedia”.

La fantomatica bobina

Marioni si riferiva alla maxi bobina in acciaio “da 3 tonnellate e mezzo” (questo è il peso riportato dai giornali, ndr) caduta dal Tir della Mcm Autotrasporti in transito sul ponte poco prima delle 11.36, guidato da Giovanni Lorenzetti, coinvolto nel crollo del ponte e rimasto miracolosamente illeso.

A scrivere della bobina furono, quel giorno, Il Fatto Quotidiano, Repubblica e Il Secolo XIX che, più degli altri, entrava nei dettagli.

La tesi di Agostino Marioni

Secondo Marioni, “in base ad alcuni calcoli” compiuti personalmente, “se il Tir, che viaggiava a una velocità di circa 60 chilometri orari, avesse perso il rotolo che pesa 3,5 tonnellate, avrebbe sprigionato una forza cinetica pari a una cannonata”.

Verificarlo, diceva l’ingegnere, è semplice: basta controllare se sulla bobina di acciaio ci sono tracce d’asfalto.

Il Secolo XIX: la bobina non è caduta prima del crollo

Il giorno successivo la tesi della bobina sembrava cadere nel nulla.

Il Secolo XIX dichiarava che la bobina non era in realtà caduta dal camion prima del crollo, come ipotizzato da Marioni.

“Ci sono almeno un paio di filmati in cui si vede il mezzo pesante transitare con la bobina stessa saldamente agganciata”, scriveva il quotidiano, spiegando che le sequenze erano state estrapolate da una ventina di micro telecamere posizionate su alcune vetture di sopravvissuti, rimasti sul ponte dopo il crollo, che hanno ripreso in parte e da angolazioni differenti fasi frammentarie del disastro.

Il Secolo aggiungeva anche un altro dettaglio. I tir della Mcm Autotrasporti in transito sul Morandi quel giorno, partiti dall’Ilva di Genova e diretti allo stabilimento di Novi Ligure, erano in realtà due.

Il primo, transitato 2 minuti prima del crollo e arrivato regolarmente a destinazione, non aveva registrato il distacco della bobina. Il secondo era stato risucchiato dal crollo, perdendo la bobina. Il quotidiano scriveva che l’esame “dei resti del camion e delle relative deformazioni confermerebbe che la bobina non si è staccata”.

Se la bobina era caduta, insomma, era stato dopo il crollo, non prima.

La bobina è chiamata in causa da Autostrade

L’11 gennaio la bobina tornava alla ribalta, stavolta chiamata in causa dai periti di Autostrade che cercavano di sfruttare la tesi di Marioni a vantaggio della società.

Per Il Secolo XIX, tuttavia, i periti della Procura erano in totale disaccordo con quelli di Autostrade. Tendevano ad escludere che la bobina c’entrasse in qualche modo nel crollo “anche perché – scriveva il quotidiano genovese – ad oggi non esistono prove che il rotolo si sia effettivamente staccato dal camion e sia precipitato sulla carreggiata del viadotto”. E poi, appunto, come scritto già il 4 novembre, a guardare i video esistenti la bobina sembrava non essersi sganciata prima del crollo.

Il giorno successivo Repubblica Genova pubblicava una foto scattata dai vigili del fuoco il pomeriggio del 14 agosto: si notava il cassone del tir nel letto del torrente Polcevera e, accanto ad esso, la bobina mezza srotolata.

Il video de Il Sole 24 Ore

Il 25 gennaio, infine, sulla bobina torna il Sole 24 Ore con un video che (dal minuto 1.34) mostra il tir viaggiare verso il ponte pochi secondi prima del crollo.

La bobina che trasporta è bene evidente, poi la pioggia aumenta e non consente di seguire il mezzo pesante fino al momento della tragedia. “Si sa solo – scriveva Il Sole – che la bobina è stata trovata fuori dal cassone. Non è chiaro se sia caduta per il crollo o no”. Se la bobina fosse caduta prima del crollo, aggiungeva il quotidiano, “Autostrade potrebbe sostenere che il suo peso è stato decisivo”.

Quanti tir Mcm erano effettivamente in transito sul ponte il 14 agosto? Quante le bobine e di che peso? Se una bobina si è staccata, è accaduto prima del crollo o dopo?

Per provare a sbrogliare la matassa abbiamo contattato la stessa Mcm proprietaria del tir incriminato. Uno dei responsabili della ditta, Silvio Mazzarello, si è mostrato molto disponibile a rispondere alle nostre domande.

Parla la Mcm: c’erano due tir e due bobine

Signor Mazzarello, quanti erano i tir della Mcm in transito sul ponte Morandi il 14 agosto?

“Quella mattina sono transitati due mezzi sul ponte, entrambi carichi con una bobina di acciaio. Il primo aveva circa due minuti di anticipo sul secondo, per cui non si è reso conto dell’accaduto e ha potuto portare a termine il suo viaggio a Novi Ligure, solo il secondo mezzo  è stato coinvolto dal crollo del ponte”.

La bobina è caduta per il crollo e pesava 30 tonnellate

Anche il secondo tir trasportava una bobina?

“Sì. La bobina che trasportava pesava circa 30 tonnellate, ma non è caduta dal mezzo durante il trasporto bensì dopo l’impatto della ‘mensola’ e di conseguenza del nostro mezzo con il suolo. è caduta dal pianale del mezzo dopo il crollo, a causa dell’evento catastrofico. È impensabile che, dopo un volo di circa 40 metri, un carico del genere possa rimanere al suo posto, anche perché il mezzo non si è adagiato a terra su un tratto pianeggiante ma su un dislivello di alcuni metri”.

La Mcm è parte lesa: estranei dal crollo

La bobina del secondo tir, quella staccatasi a causa dell’impatto, è stata analizzata dagli inquirenti?

“Non so in che direzione stia andando l’attività degli inquirenti. L’estraneità dell’attività di trasporto, nostro o di chiunque altro fosse sul ponte il 14 agosto, circa il crollo del ponte Morandi si poteva evincere tranquillamente fin da subito. Non siamo coinvolti come causa diretta del crollo. La perizia del laboratorio svizzero Empa ha appurato un cedimento dell’impalcato distante oltre 80 metri da dove si trovava il nostro automezzo, cioè sulla ‘mensola’. Siamo parte lesa e per questo attendiamo fiduciosi nel lavoro degli investigatori della Procura”.

È dunque svelato il mistero della bobina. Non si può dire la stessa cosa, al momento, dell’attività degli investigatori in merito, anche se, come scritto da Il Secolo XIX e come detto sopra, gli inquirenti non sembrano considerare la bobina come possibile causa del crollo del viadotto.

FOTO REPUBBLICA GENOVA

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