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Ponte Morandi: il contratto unico e le complicazioni che restano da risolvere

Sul Secolo XIX Domenico Vernazza spiega i motivi del ritiro dalla cordata di demolizione

Ponte Morandi: il contratto unico e le complicazioni che restano da risolvere

Il contratto unico è stato firmato ma restano alcune questioni ancora aperte. Una riguarda la sua posizione, perché il ponte sarà spostato più in là di venti metri. L’altra è questa: si tratta del ripristino di un ponte o della costruzione di un ponte nuovo? Non sono temi da poco, spiega oggi Il Secolo XIX.

Le complicazioni legate allo spostamento

Il ponte sarà spostato di una ventina di metri verso sud, per evitare qualsiasi interferenza con le condutture sotterranee: in questo modo non solo si riducono i tempi (e si può pensare di aprire il ponte entro il 15 aprile 2020 come previsto) ma, evitando di toccare i tubi che attraversano il Polcevera in corrispondenza delle fondazioni del ponte, non lievitano neppure i costi.

Lo spostamento, però, porta con sé una complicazione.

In Italia i ponti devono rispettare specifiche peculiarità costruttive, dettate da un decreto ministeriale del novembre 2001 (modificato nel 2004) secondo il quale le curve delle autostrade devono avere un raggio minimo “e, sulla carta – scrive Il Secolo – l’unione con i raccordi esistenti e lo spostamento del ponte non consentono di starci”.

Per ovviare al problema il Rina ha formulato diverse ipotesi che sono ancora al vaglio delle imprese.

Un nuovo ponte o il ripristino di uno esistente?

A tutto questo si aggiunge un altro nodo: il nuovo ponte è una nuova costruzione o il ripristino di una struttura in essere? La questione non è da poco perché, se valesse la seconda ipotesi, ovvero quella del ripristino, il decreto ministeriale del 2001 non si applicherebbe.

Anche in questo caso, ci sono due possibilità, spiega il quotidiano genovese. La prima è che il commissario, con i suoi poteri straordinari, possa derogare anche al DM. L’altra è che Bucci possa rifarsi a una direttiva Ue del novembre 2008 che, per la ricostruzione di infrastrutture di interesse europeo, consentirebbe di bypassare la disciplina nazionale.

In entrambi i casi occorre rispettare gli standard di sicurezza e, per raggiungerli, bisognerà prevedere, per esempio, adeguati limiti di velocità e moderne barriere di contenimento.

A decidere dovrà essere il governo.

Vernazza spiega il suo ritiro

Sempre su Il Secolo XIX, Domenico Vernazza spiega perché la sua azienda si è ritirata dalla demolizione.

“Abbiamo fatto e rifatto i calcoli – dichiara – E secondo noi non c’erano le condizioni per rispettare i tempi che ci imponevano: per fare tutto quel lavoro ci vuole più tempo. Quindi, più per un fatto di immagine che economico, perché Genova è la nostra città, abbiamo deciso di non firmare”.

Vernazza spiega nel dettaglio quali sono i problemi di cui bisognerebbe tenere conto. Innanzitutto, il ponte va smontato pezzo per pezzo, serve spazio per contenere i detriti, bisogna tenere conto di vento e maltempo e poi c’è l’incognita della magistratura.

Certo, le penali stabilite hanno avuto un peso nella decisione, non a caso la cordata di demolizione ha ottenuto che fossero limate al ribasso le proposte iniziali di Bucci.

Le ditte che restano hanno assicurato di poter rimpiazzare le prestazioni che sarebbero state fornite da Vernazza.

La ditta genovese si dice comunque disposta a collaborare con i propri mezzi, che sono a un passo dalla zona dei lavori: “A chi ha accettato l’incarico, naturalmente, auguriamo che ce la faccia”, conclude Domenico Vernazza.

 

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