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Complimenti ad Allegri, ma ora sul razzismo passi ai fatti

Bene bravo bis per le sue parole sull’inconcludenza del dibattito. Ma cominci a dare un contributo denunciando quel che accade allo stadio della Juventus

Complimenti ad Allegri, ma ora sul razzismo passi ai fatti
Photo Matteo Ciambelli

Censore severo

Da un po’ di tempo a questa parte Max Allegri ha preso gusto a confrontarsi con il microfono che non tratta più da “nemico” e quasi lo accarezza: si concede alle interviste, suggerisce temi di stretta attualità, è “presente”, insomma, laddove fino ad ieri era restio, tendeva a nascondersi al punto da giustificare l’etichetta di scorbutico Paperone che ha paura di non essere dialetticamente alla pari con la fama (e il conto in banca) meritatamente conquistati sul campo salendo tutti i gradini della carriera.
L’ultima volta, cioè ieri, però, è inciampato nel congiuntivo come si dice e ha tuonato contro i soloni della Lega, della Federazione e, crediamo, anche con il vertice delle forze di polizia: per la storia del razzismo si sentono solo parole, ha detto senza peli sulla lingua, ma non si vedono fatti. Un altro Max Allegri che finalmente decide di stare al mondo, non solo calcistico, con piglio da protagonista a tutto campo. E, se occorre, di censore severo. Ripercorriamo il suo sfogo partendo dall’hashtag che fa da prologo: “Hanno detto le solite robe per riempirsi la bocca”. E poi ancora: “Non bisogna spaccare l’atomo, ci sono strumenti capaci di andare a prendere chi si comporta male in uno stadio”.
Bene, benissimo, questo da sempre è anche il pensiero del Napolista espresso con cinquanta sfumature di critica. Con una differenza, una sola ma sostanziale: il Napolista ha i titoli per sparare a zero e pretendere almeno il rispetto delle leggi esistenti, ma Max Allegri in quanto allenatore della Juventus no. Per il semplice ma fondamentale motivo che è proprio nello stadio bianconero che si celebra con più accanimento – e ferocia oseremmo dire – il rito barbaro dei buu e dei cori vergognosamente offensivi in dispregio non più solo dei tifosi napoletani, ma dell’intera città.
In un’altra epoca calcistica, tanti e tanti anni fa come nelle favole che la nonna racconta ai nipotini, i napoletani esibirono il meglio del loro repertorio esponendo al Bentegodi il celeberrimo striscione: Giulietta è una zoccola, ma da allora ad oggi la storia è diventata, più “criminale” e fanno bene a non scendere al livello di sozzura nel quale, caro Allegri, è sprofondato l’ex campionato più bello del mondo.

La differenza con Ancelotti

Il pesce, come si dice, puzza della testa, se non si colpisce il vertice la base continuerà a ramazzare nel suo osceno brodo. Concludiamo con una proposta che ci sembra ecumenica: plaudiamo alla sua decisione di scendere in campo e di sporcarsi le mani – era ora – ma il primo passo va compiuto in casa sua – calcistica  ben si intende – per stanare i colpevoli e colpire i registi e gli attori di tanto scempio. Se questo non accade, vorrà dire che siamo autorizzati a pensare che anche lei, caro Max, si riempie solo la bocca. Siamo stati chiari, crediamo, anche nel sincero apprezzamento per il suo autorevole intervento, ma l’attendiamo al varco. Pronti ad applaudire per il contributo che lei avrà dato per la soluzione di questo disgustoso problema, ma anche a cantargliele. Se il suo tiro farà solo la barba al palo. A differenza del tackle vincente di Ancelotti che ha insegnato misura e buon senso al vicepremier leghista che propone le celle in campo per gustare indisturbato il panino alla nutella.
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