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«Autostrade sapeva che il Ponte Morandi non reggeva più. In Italia spezzettano le consulenze»

In Procura il professor Gentile, del Politecnico di Milano: «Autostrade sapeva tutto». Stop alla nomina di Gemme commissario

«Autostrade sapeva che il Ponte Morandi non reggeva più. In Italia spezzettano le consulenze»

È stato ascoltato ieri in Procura (come testimone e non come indagato) Carmelo Gentile, il docente del Politecnico di Milano che ha firmato lo studio sugli stralli commissionato da Spea.

Autostrade aveva l’informazione che bastava per chiudere il ponte

Agli inquirenti avrebbe spiegato che i documenti forniti dalla stessa società Autostrade alla commissione d’inchiesta del Mit registravano un fattore di sicurezza del Morandi inferiore a 1 per alcuni segmenti dell’impalcato: “Significa – dichiara in una lunga intervista a La Stampa – che la resistenza è potenzialmente inferiore al carico, non vi è più certezza sulla tenuta e chi passa su quell’infrastruttura rischia: era nero su bianco”. Con quel dato, dunque, Autostrade aveva l’informazione che bastava per chiudere il ponte.

Qual è la causa del disastro? Gli chiedono Tommaso Fregatti e Matteo Indice, de La Stampa: “Temo ci sia stata una corrispondenza di tragici sensi”, dichiara il professore.

Il Politecnico non aveva a disposizione i documenti analizzati dalla commissione del Mit

Nello studio firmato da Gentile, commissionato al Politecnico da Spea, era scritto che il pilone 9 era messo peggio del 10. “Ci ho pensato un milione di volte – dichiara il professore al Corriere della Sera – Mi sono chiesto: avrei potuto fare qualcosa che non ho fatto? Ma io non avevo a disposizione i documenti dei commissari per trarre conclusioni sulla sicurezza, con il mio studio potevo osservare soltanto un pezzettino dell’insieme, le mie erano solo indagini fatte con i sensori sul posto. Non sono ancora riuscito a capire se quello che noi abbiamo osservato (le deformità alla pila n. 9, ndr) è connesso a quello che è successo”.

Ma come mai non furono dati a Gentile tutti i documenti necessari a valutare la sicurezza del Ponte che invece ha avuto a disposizione la commissione del Mit? “Da7-8 anni in Italia si lavora in modo strano – dichiara il professore a La Stampa – i committenti preferiscono spezzettare le verifiche esterne. Ne fa una piccola parte uno, poi si passa a un altro e così via: è un sistema per non avere tra i piedi consulenti troppo ingombranti. Per dire: a noi mica fu chiesto di svolgere prove di sicurezza, che sarebbero state il logico epilogo del lavoro precedente”.

Oggi, scrive Il Sole 24 Ore, sarà sentito come testimone l’ingegnere di Spea Roberto Gentile. Il quotidiano scrive che la società avrebbe già replicato: “Tutte le informazioni erano state rese disponibili a Gentile fin dall’inizio”.

L’incidente probatorio

Ieri mattina i periti incaricati dal gip e quelli delle parti si sono ritrovati sotto il Ponte Morandi per la prima perizia sul campo. Una settantina, tra periti e avvocati, pronti ad esaminare ogni reperto e a salire sul ponte issati da una gru per vedere da vicino gli stralli.

Un lavoro enorme, quello che riguarda l’analisi dei resti del Morandi: nell’hangar ci sono centinaia di reperti, “dal pezzo di calcestruzzo che pesa decine di tonnellate al frammento; dal guard rail ai trefoli d’acciaio”, scrive Il Fatto. Ogni pezzo è accompagnato da una foto e una scheda che ne racconta la storia: il punto in cui è stato recuperato, con tanto di coordinate geografiche, il momento in cui è stato trovato, in che posizione si trovava sul ponte e foto e filmati della sua rimozione.

Ciascun reperto sarà esaminato con strumenti sofisticati per valutarne le condizioni e poi si dovrà studiare il progetto originario del ponte per capire la loro collocazione sul Morandi e come sono stati realizzati.

I periti hanno a disposizione 12 video girati dal drone dei vigili del fuoco, che nei prossimi giorni eseguiranno altri voli.

Oggi i periti saranno di nuovo al lavoro.

Il commissario per Genova. Stop a Gemme: tutto da rifare

Arriva lo stop a Claudio Andrea Gemme. Per il commissario per Genova è tutto da rifare.

A remare contro sono i 5 Stelle e il premier Conte, che non riescono a passare sopra al conflitto di interessi che riguarda Gemme: essere un manager Fincantieri e avere i genitori proprietari di una casa nella zona rossa e dunque interessati ai risarcimenti.

La soluzione alternativa a Gemme potrebbe essere un commissario locale come il sindaco di Genova Marco Bucci che si dichiara disponibile ma al Corriere chiarisce che “con il decreto così com’è scritto sarebbe impossibile lavorare”.

Il sindaco e il governatore ligure Toti contestano da tempo l’articolo 1 del decreto che riguarda i poteri del commissario straordinario considerati troppo limitati e soggetti a paletti di diversa natura. Se il commissario dovesse essere Bucci, si dovrebbe quindi rimettere mano al decreto.

Se invece si dovesse scegliere un esterno, il nome più papabile sembrerebbe essere quello del fisico Roberto Cingolani, direttore scientifico dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova.

La Stampa ipotizza anche un altro nome: quello dell’ex capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio, ingegnere, “già capo dipartimento e poi capo della struttura dopo Franco Gabrielli, sino all’agosto del 2017. Avrebbe il vantaggio di essere un dipendente di Palazzo Chigi e di conoscere la Liguria e il bacino del Polcevera”.

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