Buffon intervistato dalla Gazzetta: «In Champions abbiamo un girone difficile ma stimolante, non tornerò in Nazionale, tra i miei eredi anche Meret».

L’intervista alla Gazzetta
Gigi Buffon parla al venerdì prima di Psg-Napoli, partita determinante per la Champions League della sua nuova squadra, e ovviamente anche per i ragazzi di Ancelotti. Ci sono domande e risposte intimiste, sulla nuova vita francese del portiere ex Juventus. Per esempio le differenze di approccio per quanto riguarda la cultura sportiva: «Sono entrato in campo a Rennes e Guingamp, e la gente ha applaudito. Io ero abituato all’Italia…»
E poi ci sono i giudizi sui calciatori: «Ci sta che il Pallone d’Oro passi da Ronaldo a Mbappé, anzi lo spero. Kylian è una forza della natura e ha voglia di spaccare il mondo».
Il minutaggio di Buffon: «Sto riuscendo a ritagliarmi gli spazi che volevo, si sono accorti subito che non è arrivato un portiere in fase di invecchiamento, piuttosto un giocatore che voleva mettere a disposizione le sue conoscenze per far crescere un ambiente. Quando gioca Areola cerco di aiutarli, la concorrenza non rovinerà la convivenza, siamo diversi per età e prospettiva.
Tuchel secondo Buffon: «Il mister trasmette un’empatia incredibile. E una grande serenità, non come certi allenatori in Italia che blindano gli allenamenti come fossero laboratori nucleari… Poteva avere delle riserve su un portiere di 40 anni. Invece ha osservato, ha capito e sta gestendo molto bene. Nella tattica offensiva poi è preparatissimo».
Juventus e Napoli
Il giudizio sulle due squadre italiane: «Vorrei affrontare i bianconeri prima della finale, nel caso. Così non sarebbe tutto pregiudicato dagli inevitabili fattori emotivi. Bianconeri favoriti? Sì, ma non in pole position: non può esserci una favorita sola, in Champions. Il Napoli ha preso Ancelotti. È un grande allenatore, che attraverso la tranquillità del lavoro quotidiano sa trasmettere una mentalità vincente, non ansiosa. Girone difficile, ma stimolante».
Un ricordo dello sfogo al Bernabeu: «Io non ho mai detto che l’arbitro sbagliò di sicuro. Io, in modo un po’ colorito, dissi solo che c’era un dubbio e che a quel punto della partita andava gestito in modo diverso dall’arbitro. E di questo ne sarò convinto per tutta la vita».
L’addio di Marotta: «Sono rimasto sorpreso dalla tempistica. Il suo buon lavoro è sotto gli occhi di tutti. Solo che la Juventus è così: programma, svecchia e rinnova per vincere ancora».
L’addio all’azzurro della Nazionale: «Dopo la Svezia, Gigi Di Biagio mi telefona e mi dice che ha bisogno di me per le due amichevoli. Anche se era un momento difficile, per amicizia e senso di responsabilità io ho risposto di sì. Ma a quel punto sono state dette cose vergognose, mi hanno fatto passare per l’imbucato alla festa, per il vecchio che si aggrappa alla poltrona. In tutto il mondo mi vedevano con orgoglio, per come rappresentavo l’azzurro, e la critica parlava solo della necessità di rinnovare. A darmi rabbia non erano le cose su di me, ma che addetti ai lavori non si rendessero conto che per risollevarsi c’era bisogno del giusto mix tra giovani e giocatori esperti. I progetti sui giovani spesso diventano alibi per allontanare la pressione della vittoria. Noi siamo l’Italia e dobbiamo sempre giocare per vincere! E per vincere servono esperienza, personalità, carisma».
Un eventuale ritorno di Buffon in nazionale: «A Mancini ho detto sì, ma non ce ne sarà bisogno: dietro Donnarumma ci sono Perin, Sirigu, c’è Cragno che sta crescendo, tornerà Meret…»