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Le grottesche audizioni dei vertici di Autostrade alla commissione di inchiesta del Mit

Ponte Morandi / Polemici faccia a faccia tra gli ingegneri e interrogatori al limite dell’imbarazzante. Le storie e le richieste di risarcimento di chi è sopravvissuto

Le grottesche audizioni dei vertici di Autostrade alla commissione di inchiesta del Mit

Oggi, su La Repubblica, un ampio resoconto delle audizioni dei dirigenti di Autostrade davanti alla commissione di inchiesta del Mit, lo scorso 13 settembre. Quel giorno, un mese dopo il crollo, i tecnici del Ministero sentirono Giovanni Castellucci, ad della concessionaria, e Paolo Berti, direttore delle Operazioni centrali.

“Polemici faccia a faccia tra ingegneri”. Il muro di gomma

“Due audizioni che si sono trasformate in qualcosa d’altro, in polemici faccia a faccia tra ingegneri – scrive il quotidiano –, quando non addirittura – è il caso di Berti – in una sorta di “insolito interrogatorio”.

Da una parte le domande degli investigatori ministeriali rimbalzare sul classico muro di gomma, dall’altra gli avvocati di Autostrade pronti oggi a far notare che i loro assistiti non hanno mai visto, né controfirmato, i verbali allegati alla Relazione finale.

La Repubblica racconta, per prima, l’audizione di Castellucci. Il presidente della commissione, Alfredo Principio Mortellaro, chiede all’ad di Autostrade informazioni sulla mappatura delle infrastrutture a rischio sismico. “Castellucci, che fino a quel momento si era trincerato dietro una serie di ‘non posso saperlo’, ‘non è di mia competenza’, ‘devo sentire in azienda’, suggerisce ai commissari di formalizzare ‘per iscritto’ la domanda, così da poterla girare ai tecnici”.

Mortellaro gli contesta che, a distanza di un mese dal crollo del ponte, nella sua qualità di ad di Autostrade, Castellucci deve per forza aver chiesto a tutte le strutture tecniche interessate di fornire un preciso motivo del crollo del ponte, “non della causa scatenante, ma del perché tutto il sistema di controlli non vi ha messo in condizione” di evitarlo.

Castellucci risponde svicolando: “Mi fa una domanda tecnica sulla quale ritengo debba essere data una risposta dai responsabili tecnici, o per via cartolare”.

Mortellaro incalza. Al minuto 48 della registrazione dice: “Ci sono stati 43 morti e la vostra società ha subito ingenti danni, anche in Borsa. Vorremmo conoscere i risultati della sua indagine interna”. Castellucci, scrive La Repubblica, è costretto a uscire allo scoperto: “Le cause di questo disastro a noi non sono note. Le uniche dichiarazioni che ho visto fare sono quelle di concause. Ma noi non abbiamo accesso ai luoghi, non abbiamo una capacità di farci una nostra opinione e non accetto che ci sia una predefinita dichiarazione di responsabilità dell’azienda su quanto è successo. Non lo ritengo assolutamente scontato”.

Castellucci ammette che Autostrade ha avviato un’attività di audit interna con professionisti esterni, ma spiega che ci vorrà tempo, anche perché non vuole interferire con la magistratura, cui spetterà la parola finale.

Castellucci: “Mi riservo di mandarle una relazione”

La Commissione gli ricorda che Autostrade gestisce 1.600 ponti in Italia e che “se il crollo del viadotto Morandi fosse imputabile a problemi aziendali, aspettare la fine del lavoro della magistratura potrebbe essere pericoloso”, ma Castellucci risponde: “Il Morandi era un ponte sul quale c’erano dei monitoraggi, i risultati dei monitoraggi erano noti, erano condivisi e chi aveva fatto i monitoraggi non aveva evidenziato elementi di criticità (…) Ritengo che non ci siano problematiche analoghe altrove”.

L’ad serve a Mortellaro la domanda successiva: “In forza di quali accertamenti e di quali assicurazioni, e datele da chi, lei fa questa affermazione? La struttura che ha sbagliato per il Polcevera, potrebbe essere la stessa che oggi le dice che non ci sono problemi per gli altri 1.599 ponti”. E Castellucci: “Mi riservo di mandarle una relazione”.

Non solo, chiama in causa Berti, dicendo che forse bisognerebbe sentire lui: “Le sa lui queste cose”.

L’audizione di Berti: “Ai limiti dell’imbarazzante”

La Commissione lo ascolta, con un risultato che la Repubblica definisce “ai limiti dell’imbarazzante”. I tecnici del Ministero gli chiedono se sappia perché il progetto definitivo non è mai stato portato all’attenzione della Direzione generale del ministero. Berti risponde che non lo sa. Allora gli chiedono se avesse mai saputo che dall’elaborazione progettuale si erano evidenziati grossi deficit per le travi. Berti risponde di no. Gli chiedono, allora, se abbia mai letto il rapporto di validazione del progetto esecutivo. Berti risponde di non averlo mai letto. Ancora, i tecnici ministeriali gli chiedono se sapesse che occorreva intervenire anche sulle campate dalla 1 alla 8. Ancora un no da parte di Berti: “Io di questi interventi che voi ritenete fossero critici non ho mai saputo”. Infine l’ultima domanda: “Autostrade ha mai prodotto un’analisi di rischio sul Polcevera?”. Berti risponde: “Non lo so”.

Le richieste di danni psicologici da parte dei sopravvissuti

Avevamo accennato, nei giorni scorsi, alle richieste di danni psicologici da parte dei sopravvissuti alla tragedia. Oggi Il Secolo XIX torna sulla questione elencando quanto è stato messo nero su bianco con una perizia medico legale che ha interessato una ventina di persone riuscite a salvarsi miracolosamente al crollo: “attacchi di panico nel cuore della notte, lunghi periodi di tempo senza neppure riuscire a proferire parola, difficoltà nel riuscire a reinserirsi nel posto di lavoro o nel contesto familiare. E ancora: problemi nell’addormentarsi e uno stato di stress psicofisico continuo che non si arresta mai”.

Sono tutte parti offese nel procedimento penale, insieme ai parenti delle vittime. C’è chi è precipitato con la propria auto per 50 metri dal viadotto rimanendo in vita e riportando gravi ferite o chi, passando per caso sotto il ponte, è stato travolto dai detriti. Oppure chi, come il conducente del camion della Basko – quello che è diventato il simbolo della tragedia, fermo a un passo dal tratto del ponte crollato – ha visto la morte in faccia salvandosi per pochi centimetri.

“A guidare la crociata dei sopravvissuti è l’avvocato Pietro Federico che assiste Rita Giancristoforo, 41 anni, agente immobiliare di Trieste, che dopo essere precipitata dal Morandi è rimasta in coma per 22 giorni prima di riprendersi – racconta Il Secolo XIX – Ora oltre ai danni fisici evidenti c’è anche una situazione psicologica molto seria. Per questo, il legale ha annunciato di essere pronto a chiedere alla Procura che venga avviata una perizia medicolegale sulla sua assistita”.

Il quotidiano riporta altre storie di sopravvissuti. Come quella di Lucian Gotthcsall, 51anni, artigiano edile romeno che stava scaricando materiale da un camion sotto il ponte, a pochi metri dall’area poi sommersa dai detriti: vivo per miracolo, scaraventato una decina di metri più in là dallo spostamento d’aria causato dal crollo, non smette di pensare a quanto avvenuto in quella tragica mattina.

La corsa organizzata dal Secolo XIX

Ampia pagina sul Secolo XIX dedicata alla corsa organizzata dal quotidiano, ieri, per dare un segnale di ripartenza alla città. I fondi raccolti finanzieranno un progetto per i quartieri colpiti dal disastro. Oltre 5mila i partecipanti e poi, alle 11,36, l’ora del crollo, per commemorare le 43 vittime, tutti fermi a guardare in silenzio salire in cielo i 43 palloncini rossi.

Uno stop a via 30 giugno: i sensori funzionano

Nel primo giorno di utilizzo della nuova via 30 giugno, poco prima delle 17, il transito delle auto è stato interrotto per una decina di minuti a causa “di una segnalazione registrata dai sensori montati sui monconi del viadotto Morandi, che incombono sulla strada”. Lo scrive Genova24.it, chiarendo che non è chiaro cosa ha causato lo stop, ma che è una dimostrazione che il sistema di sicurezza funziona.

Il disagio nelle carceri

Il crollo del ponte Morandi ha avuto ripercussioni persino sulla situazione dei detenuti in carcere, a Sanremo. Domenica notte c’è stata una rivolta, durata quattro ore: lenzuola, televisioni e oggetti vari dati alle fiamme e lanciati fuori dalle celle, fumo e tanta confusione. Sotto accusa, scrive La Stampa, il sovraffollamento della struttura, che ha circa 270 ospiti su una capienza di 238. Il sovraffollamento è ampliato dai problemi alla viabilità causati dal crollo del ponte Morandi che rendeva impossibili, fino ad un paio di giorni fa, i trasferimenti dal Ponente a Genova.

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