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La mia vacanza in Grecia con la vicina d’ombrellone juventina

Agli iniziali convenevoli hanno fatto seguito provocazioni e frecciate, fino al coretto cantato da mio figlio che ha rischiato di rompere definitivamente i rapporti

La mia vacanza in Grecia con la vicina d’ombrellone juventina
Una scena di Ferie d'agosto, film di Paolo Virzì

Interesse quasi antropologico

Per un non anti-juventino come me, che ai bianconeri ha riservato per una vita un sostanzioso disinteresse, una vacanza con la vicina d’ombrellone e famiglia amanti della Vecchia Signora ha suscitato un certo interesse quasi antropologico. Ho approcciato la circostanza come ci si avvicina ad un esperimento di laboratorio. Un diario per appuntare le osservazioni e qualche ipotesi di lavoro.

I preliminari sono improntati alla più asciutta civiltà. Convenevoli decubertiniani quali “avete meritato voi” o “la vostra società cresce, è un modello ed è sana” sono all’ordine del giorno tra un lettino prendisole e un gelato. Poi, come in tutte le conversazioni artefatte, ci si perde per strada.

Quando la sabbia scotta

Ad esempio il figlio della signora, sotto il nostro ombrellone, mi chiede come possa fare a tornare al suo, visto che la sabbia scotta. Ed io gli suggerisco il modo comune, saltellare fino alla sua sdraio, o quello juventino, pagare qualcuno per farsi portare. La madre non la prende benissimo.

Tra le mie osservazioni: l’arrivo di Cristiano Ronaldo ha prodotto una eccitazione tra i tifosi juventini che ricorda l’estasi coinvolgente che attanagliava gli spettatori dei seminari notturni di Rai Sat Nettuno.

Una sera mia figlia indossa la maglia del Napolista che ritrae lo stacco di KK allo Stadium. Il piccolo tifoso juventino accenna un: “Eh ma allora noi quante magliette commemorative dovremmo avere?” Mia figlia fa: “Ma quante ne avete in realtà?” “Mi pare nessuna” è la risposta. C’è un silenzio di disagio.

La Champions non si nomina nemmeno

La famiglia juventina in vacanza vive nell’incubo champions. Non se ne parla nemmeno quando si addenta l’anguria in spiaggia. La si accenna ma molto vagamente, come quando nelle famiglie si usava un nome in codice per ricordare una vecchia zia morta – “Quando scomparve lei” o “Ai tempi di lei, hai capito chi?”

juventina

Il gol di Magath ad Atene nella finale di Coppa dei Campioni persa dalla Juventus contro l’Amburgo

Il rapporto improntato alla più profonda civiltà di vicini di ombrellone è terminato bruscamente quando il mio figlio minore ha fatto irruzione in spiaggia cantando “Juve, siete ‘a munnezza da ggente” usando la melodia dell’inno bianconero. Lì la signora ha veramente vacillato e per quanto io abbia, da buon Pilato, declinato ogni responsabilità, ho dovuto necessariamente porgere le mie più sentite scuse.

Insomma sotto il sole estivo i visi bianconeri sono tirati. Ci si diverte poco. Forse saranno i ricordi dei bulloni avvitati tutto l’anno. Quando passeggiamo per Atene e ricordo ai ragazzi il discorso di Pericle che chiosa in un “Noi non respingiamo nessuno straniero” un ragazzino mi chiede “Neppure se è juventino?” e lì chioso anche io con un ecumenico “A maggior ragione i più bisognosi vanno accolti” e ci si trova tutti d’accordo, azzurri e bianconeri di tutte le età.

Siamo tutti bagnanti di cuore, alla fine. E sappiamo dare affetto a chi più ne ha bisogno.

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