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Posta Napolista / Napoli, non è finita: l’obiettivo è avvicinare la Juventus

Per dare un senso e un peso diverso al match di San Siro, perché il Napoli è in crescita da tre anni e da trenta non disputava stagioni così esaltanti.

Posta Napolista / Napoli, non è finita: l’obiettivo è avvicinare la Juventus

24 ore dopo

Di cosa abbiano fatto i tifosi dell’Inter e del Napoli entro le 24 ore successive al previsto week end di paura sono pieni i social. Quello che hanno fatto le tv e i giornalisti della carta stampata (e non) è stato il solito soffiare sul fuoco, giustificare l’impossibile, spingere la testa sott’acqua agli anneganti.

Io ho letto e riletto. Visto e sentito. Commentato, condiviso, assorbito, ragionato. Iniziato a metabolizzare. Eppure è accaduto esattamente quello che sarebbe dovuto accadere. Quello che si ripete costantemente, ciclicamente per il Napoli, come per qualunque altra tifoseria, nell’ovvio della statistica postuma. Un’ennesima uscita dalla Champions, un fallito sorpasso per accedervi, un allontanamento dalla zona UEFA o una mancata salvezza. Si spera gettando il cuore oltre l’ostacolo, ognuno il suo, e poi ci si sbatte dentro, ognuno a modo suo. Ognuno.

Suggestione

Quale è il contenuto del “patto” dello spogliatoio? Chi lo ha sottoscritto? Anche il Presidente e i dirigenti? Cosa si saranno “giurati”?

La disperazione di Allan, se non è stata l’adrenalina del momento che scemava, ci dà qualche indizio. “Crederci” probabilmente è parola ricorrente nel testo non scritto del “patto”. Credere cosa? Noi tifosi abbiamo letto da soli la risposta nella suggestione del trentennale della “ricorrenza”, nel ritorno e nella cittadinanza di D10s, nelle statiche, poi nei punti, nel Sarrismo, nell’invincibilità in trasferta. Finanche nella (strana) strategia “europea”, nel turnover in Coppa Italia, negli indiscussi titolarissimi dell’intoccabile 4-3-3.

Ma che importanza può avere il contenuto del “patto”, se alla fine ci siamo fatti suggestionare dalla fede?

L’obiettivo

Tre anni fa cambiammo bersaglio dopo Udine e ci ritrovammo a inseguire un secondo posto con la gioia di sentire l’urlo “The Champions” nel catino del S.Paolo, dove agguantammo un altro record con i 36 gol dell’Innominabile.

Lo scorso anno abbiamo lottato e creduto, sino all’ultimo secondo del tempo supplementare di Roma-Genoa, che avremmo potuto superarli di quel punto per l’accesso in Champions. Questo dopo un ritorno esaltante, da record. Ammirando Mertens, da un lato, e pregustando il ritorno di Arek, dall’altra.

Quest’anno siamo stati sempre lì in alto. Abbiamo preso e dato punti. 547 giorni imbattuti fuori casa, sempre tra prima e seconda posizione, e dopo 9 anni siamo andati a vincere a Torino. Tutto ciò nonostante il doppio imprevisto “crociato”.

Ma non è ancora il momento di tirare le somme. Non è finita.

Carpe diem

Sono tre anni che viviamo emozioni che ci mancavano da trent’anni, per chi c’era, e nuove per chi non c’era. Un susseguirsi di alti e bassi, come nella più divertente, paurosa e adrenalinica delle “Montagne Russe” del mondo. Una corsa ad occhi aperti, sapendo di non poter né guidare né scendere. Seduti nella prima carrozza e non dietro con le mani in volto.

Non sono pronto a scendere. Voglio un altro giro. Non voglio chiudere gli occhi. Così oggi ho comprato l’ennesimo biglietto di tribuna. E domenica ci sarò, conscio di sedermi non sapendo se perderemo o vinceremo. Se saremo a -7 o a quanto. Non mi importa, voglio cogliere tutto di quell’attimo. E non mi accontento.

Mollare ora non ha significato per nessuno. E bisogna continuare a dare un senso a quello che si è voluto scientemente vivere nella sfida.

Arrivare al 20 maggio a -1 dalla vetta darebbe un altro valore alla partita di sabato scorso a Milano, che diventerebbe una macchia indelebile. Vendichiamoci.

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