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Avremmo potuto. E invece abbiamo mollato

Era tutto nelle nostre mani. Avremmo dovuto giocare al massimo quattro partite. Ci attendono settimane di giri di parole politicamente corrette e blandi sentimentalismi

Avremmo potuto. E invece abbiamo mollato

Era tutto nelle nostre mani

Abbiamo mollato la presa. Era tutto nelle nostre mani, nell’asciutta realtà matematica dei numeri 1, 3 e 4: un punto di distacco a quattro dalla fine e la potentissima inerzia della migliore gara dell’ultimo triennio, in casa del nemico inseguito e tramortito all’ultimo secondo.

Era ovvio che l’avversario, più potente, avrebbe iniziato a dimenarsi in ogni possibile direzione, come qualunque preda davanti alla prossima fine. Infatti è accaduto. Ma noi avevamo a sorreggerci la freddezza dei numeri, quelli che non sono opinione. Avremmo solo dovuto completare il nostro corso con gli occhi fissi sulla meta, null’altro da considerare, null’altro da discutere. Se avessimo vinto, come avremmo potuto, giocando a Firenze la banalità di una partita qualunque, avremmo avuto ad un palmo un avversario che, nonostante il suo invano sgusciare, avrebbe avuto incollato alle spalle il proprio irriducibile incubo.

Uno scenario da paura e delirio a Torino. A quel punto l’incastro della non contemporaneità degli incontri sarebbe stato a nostro totale vantaggio: al primo gancio dei bianconeri a Milano avremmo risposto con un colpo al volto che molto probabilmente avrebbe sancito il KO tecnico. Avremmo ribadito che non c’era niente che avrebbe potuto dissuaderci, avremmo azzannato e l’avremmo fatta finita.

Avremmo potuto. Questo è il punto. Avremmo. Era tutto nelle nostre mani. Ma abbiamo preferito la noia della consuetudine. Qualcuno ha visto la partita di San Siro e ha esalato l’ultimo respiro: “È impossibile”. Così si è deciso che fosse finita.

Riparto dal manifesto della Società

Io riparto dal manifesto che la Società ha diramato su Twitter: abbiamo perso. Stavolta abbiamo perso di brutto. Uno schianto. Avevano tutto in totale controllo e abbiamo tirato su il piede dall’acceleratore per nessun motivo ragionevole. Ad oggi, non saprei neppure individuare una motivazione certa. Neppure il discorso sulla tenuta mentale mi persuade troppo – se persino i bookmaker inglesi ti danno per favorito allora il cielo e la terra sono dalla tua parte.

Le partite dell’anno sono le sconfitte con Roma e Fiorentina

Ho invece idea che le partite dell’anno siano Roma in casa e Fiorentina fuori in campionato, e il ritorno a Lipsia in coppa. Ho la sgradevole sensazione che sia questa irresponsabilità di fondo di cui non riusciamo a disfarci, proprio quando ogni cosa attorno ci diventa amica e manca un ultimo respiro. Questo residuo di fuga dalla vittoria che è la nostra indisciplina truccata da vezzo. Dovevamo giocare quattro partite abbordabili – quattro – per inseguire quanto eravamo in diritto di ambire a ottenere. Dovevamo spingere per qualche minuto in Germania per ottenere un’impresa. E come Orfeo, invece di tenere gli occhi fissi dinanzi al cammino, alla prima voce ci siamo voltati. Forse perché ci torna sufficiente continuare a vivere con la certezza di avere un bel canto.

Ora ci attendono settimane di giri di parole politicamente corrette e blandi sentimentalismi. Ma i numeri continuano a non mentire: abbiamo perso avendo la possibilità di vincere. Facciamocene una ragione e diciamocelo chiaro. Ed è stata soprattutto colpa nostra.

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