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Sarri non dice più «Il Napoli non è fatto per gestire le partite»: un’altra bella notizia

Se il tecnico del Napoli ha limitato o tagliato l’utilizzo di un certo frasario, è perché il Napoli ha imparato a fare ciò che prima non gli riusciva.

Sarri non dice più «Il Napoli non è fatto per gestire le partite»: un’altra bella notizia
Sarri (Ciambelli)

Spunti

In redazione abbiamo riletto il pezzo di ieri sull’equilibrio raggiunto dal Napoli di Sarri. E poi abbiamo pensato: «Ora il Napoli sa gestire le partite, è la vera maturità di questa squadra». In virtù di questa connessione logica, la nostra memoria ci ha offerto uno spunto. Ci ha segnalato come il tecnico del Napoli, lungo la sua esperienza in azzurro, abbia spesso usato una frase uguale e contraria. La ricorderete, è stata una specie di dogma per quasi due stagioni: «Noi non siamo fatti per gestire, dobbiamo attaccare». Ecco, questa combinazione di parole è stata eliminata dal breviario di Maurizio Sarri. Non la sentiamo da un po’, perché lui non la utilizza. Non la utilizza più. Un’altra buona notizia.

Dna

Ovviamente, il Napoli 2017/2018 non è una squadra speculativa, conservatrice, un esempio di calcolo gestionale del gioco. No, resta sempre un collettivo che esprime un’idea e dei principi di gioco chiari, radicati, proattivi. Il Napoli non ha proceduto alla semplificazione banalizzante del “Bisogna giocar male per vincere”. No, anche perché quella frase non esiste, “giocar male” è un concetto aleatorio e che varia in base al contesto, alle forze a disposizione.

Il Napoli ha mantenuto inalterato il suo dna e poi ha proceduto a regolarsi. Nel senso: ha imparato ad accelerare e decelerare senza perdere aderenza, grip, efficacia. È un’automobile stabile, che distribuisce bene il peso e soprattutto non usura le gomme durante il gran premio. Però corre, eccome. Ha degli strappi eccezionali e poi gestisce il vantaggio, sempre per restare nella metafora delle corse. 

Come cambia Sarri

Del resto, se Sarri ha modificato la sua dialettica – tagliando una frase, o comunque diminuendo il suo utilizzo – un motivo ci sarà. Il tecnico del Napoli è un comunicatore molto più fine di quello che vuole far credere, quindi di quello che si crede. Non è assolutamente uno sprovveduto, quando parla di calcio, di gioco, lo fa con lungimiranza e con la giusta attenzione ai dettagli. Quelli più piccoli, infinitesimali. Pure le ultime parole sulla qualità del parco alternative sono importanti. E sono rivolte a calciatori e giornalisti, soprattutto. Ma anche a sé stesso «Se abbiamo l’ambizione di essere una squadra importante, non dobbiamo farci spaventare da qualche cambio forzato».

È una frase che fa il paio con «Napoli-Milan è una delle migliori partite che abbiamo giocato», perché Sarri sa che il Napoli di quest’anno può puntare a vincere un maggior numero di gran premi. Sul campionato non si pronuncia, Napoli non è proprio l’ambiente adatto per certi proclami. Ma è vero pure che il muro/campionato è composto da 38 gran premi/mattoncini. Uno per uno, prima o poi finisce.

Conclusioni

Il percorso di lavoro del Napoli sta giungendo a un punto di non ritorno: la candidatura definitiva per un posto d’élite. A sei partite dalla fine del girone d’andata, la squadra di Sarri non ha ancora perso una partita, ha sostenuto numerosi esami di solidità mentale e tattica e li ha passati praticamente tutti. Al di là dei punti in classifica, che per una minima parte possono essere anche frutto di episodi casuali, incidentali.

Il Napoli che controlla sé stesso può avere l’ambizione di controllare il campionato? Ecco, questo è il punto di non ritorno. La gestione della pressione in fase di rincorsa è decisamente più facile rispetto ai momenti in cui si frena, in cui si decelera, nella fase di mantenimento. Nella stessa partita, il Napoli sembra aver imparato a far fronte a tutti i tipi di situazioni. Tranne quando l’avversario è decisamente più forte (il Manchester City, ad esempio). Poi si può anche perdere (Shakhtar), o pareggiare (Inter e Chievo). Quello è un altro discorso, rispetto alla gestione di sé stessi. Il risultato può essere un caso, la prestazione no. Anche questa è comunicazione da allenatore, di qualità finissima.

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