ilNapolista

Giampaolo, un allenatore nel segno della dignità e dell’onestà

La carriera dell’allenatore che aveva firmato con la Juventus prima che gli preferissero Ferrara: il suo no a Cellino, la sua fuga da Brescia

Falli da dietro – 13esima giornata di Serie A

Ci sono sberle che entrano nell’anima.
Lo scriba affannato è allo stremo.

Ha dovuto sorbirsi le lacrime del Pomata nello stufoso monologo da eroe nazionale.

Ha dovuto subire lo show dell’ex mammasantissima fuggito da Vinovo che zoppica, che butta via la maschera, per evocare nientemeno che Enrico Toti, ha dovuto pazientemente ascoltare il sosia di Edgar degli Aristogatti nella tiritera della sfortuna.

Quando avrebbe preferito sentire da questo inadeguato signore genovese parole più schiette.

E soprattutto assistere a gesti più onesti, come quello semplice di dimettersi dopo una disfatta storica.

Ma ci sono sberle che entrano nell’anima.

E lo scriba affannato, pur alieno da passioni nazionalistiche, si scopre soprendentemente avviluppato da una indecifrabile nebbia di scontento.

Certe immagini si sovrappongano. E lui fa fatica a distinguerle.

La differenza (in campo e con le parole

Il Pibe di Fratta al San Paolo fa la differenza. E risponde sul campo.
Un goal, un palo, un paio di altre invenzioni geniali.

Impossibile non rivederlo all’ingresso in campo nel finale a Solna, quando allarga le braccia e annuncia avvilito ai compagni che giocherà da interno.

Impossibile non rivederlo desolatamente in panca a San Siro, inutilmente invocato da De Rossi.

Fa la differenza anche umanamente il Pibe, nelle belle dichiarazioni di gratitudine nei confronti dello sventurato commissario della nazionale.

Da elfo gentile, da ragazzo maturo, da vero campione.

È una vittoria importante per Sor Tuta.
Perché la squadra mostra progressi costanti nella gestione della gara e nella capacità di soffrire quando c’è da soffrire.

Il Ninja inumano

Bel Derby all’Olimpico. Non eccelso, ma bello.

Dominato dal Ninja inumano.
Un extraterreste con muscoli d’acciao e polmoni d’acciaio.
Giocatore universale. Ormai anima e corpo dei Sangue-Oro, lui indonesiano di Anversa con il suo sorprendente accento testaccino.

L’astro Aquilotto Milinkovic è demolito dalla furia agonistica di questo belga che ha più tatuaggi della Colonna Traiana.

E forse la conquista del Cupolone da parte di Di Francesco è tutta spiegata lì. Dall’esito di quella sfida a centrocampo.

Marco Giampaolo

Giampaolo prende a calci gli ergastolani.
E il doppio crollo, su diversi fronti, non può non avere qualche relazione.

Se è vero che l’impalcatura della Nazionale si reggeva da dieci anni sul blocco difensivo juventino.

Marco Giampaolo.
Incallito fumatore di sigaro. Sorriso beffardo, fra il pacifico e l’esausto. Una carriera singolare.
Sempre stato simpatico.

Nel 2009 era uscito dalla sede juventina da allenatore dei bianconeri, ingaggiato da Roberto Bettega.
Lo fu per una sola notte.
La mattina successiva gli comunicarono che la panchina sarebbe andata a Ciro Ferrara.

Prima era stato al Cagliari di Massimo Cellino, che in due anni lo aveva esonerato due volte e per tre volte lo aveva richiamato.

Alla terza Giampaolo rispose: “Pur nella consapevolezza del danno economico che ne deriverà, rinuncio a tornare a Cagliari. L’orgoglio e la dignità non hanno prezzo”.

Parole non frequenti in giro per gli spogliatoi.

Brescia

Dopo anni di inattività, nel 2013 è a Brescia con Corioni.

Il 21 settembre del 2013 al Mario Rigamonti, il Brescia affronta il Crotone.

È il Crotone dei giovani di Drago: Crisetig, Dezi, Cataldi e Bernardeschi.

Proprio quest’ultimo insacca un pallone a porta vuota, dopo l’uscita sbagliata di Cragno, portando i calabresi in vantaggio dopo 39 minuti.

Insomma una brutta sconfitta.
La curva urla contro di lui e minaccia l’invasione.

Giampaolo chiude gli occhi e vede il mare di Giulianova, dove è cresciuto come uomo e come calciatore.

Vede il mare e decide di andare, col suo passo sciancato, verso i tifosi.

Si ferma davanti a loro.

Dagli spalti viene giù di tutto. Urla, insulti, sputi.
Lui lì, fermo. Per un tempo infinito.

Poi rientra negli spogliatoi. Spegne il cellulare. E resta lì. Fino al tramonto. Andrà via per ultimo.

Nessuno sa dove fosse andato quella notte. Ma anche la notte dopo.

Sparito.

Dignità e onestà

Dopo giorni di apprensione, un comunicato secco.
“Marco Sta bene. Ha già comunicato alla società l’intenzione irrevocabile di dimettersi. Ha rinunciato a un contratto di 2 anni, per via dei rapporti difficili con la tifoseria organizzata locale».

Impossibile non fare confronti con altri personaggi protagonisti di questi giorni avvilenti.

Ora tutti in affanno a proporre soluzioni per la rinascita.

La storia di Marco Giampaolo può insegnare qualcosa. Un punto dal quale partire. Una via percorribile.

Quella della dignità e dell’onestà.
ilnapolista © riproduzione riservata