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Altro che integralismi, il Napoli sa cambiare le carte in attacco

Roma-Napoli, l’analisi tattica: Di Francesco ha rimproverato l’eccessiva timidezza dei suoi, Sarri ha sfruttato i punti deboli degli avversari, modificando qualcosa in avanti.

Altro che integralismi, il Napoli sa cambiare le carte in attacco

La Roma

Grandi, grandi applausi a Eusebio Di Francesco. Che, nel postpartita, è andato ai microfoni delle reti nazionali a criticare i suoi giocatori per il «troppo rispetto» e per «l’eccessivo attendismo» del primo tempo. Secondo il tecnico giallorosso, non è un caso che la Roma del primo tempo sia stata letteralmente in balia del gioco del Napoli. “Colpa” di un atteggiamento remissivo, dell’incapacità di sconfiggere la paura di perdere. Nel senso: magari poi si perde lo stesso, ma intanto mi gioco la partita con le mie idee. E le mie idee, in questo caso quelle di Di Francesco, passano per un calcio proattivo, propositivo, con un baricentro alto soprattutto nei momenti di pressione.

Tutte cose che si sono viste nel secondo tempo, ma che invece sono mancate nel primo. Per il tecnico abruzzese, il problema è stato nella posizione di Nainggolan, a uomo su Jorginho e col solo scopo di bloccare il gioco dal basso del Napoli.

La heatmap del calciatore belga (a sinistra il primo tempo, a destra il secondo)

La maggiore libertà concessa a Nainggolan nella ripresa ha permesso alla Roma, semplicemente, di avere un calciatore in più su cui fondare la manovra offensiva. Una cosa fondamentale quando l’obiettivo del tuo gioco è attaccare, per vincere. Un Napoli via via sempre più stanco e quindi meno registrato nelle distanze tra i reparti ha dovuto far fronte alla spinta organica della Roma, confusionaria ma portata avanti con molti uomini. Si è sviluppato qui l’unico momento di difficoltà di una partita altrimenti dominata, e sono le statistiche – al solito – a scandire tempi e verità: 3 tiri concessi nei primi 45′ di gioco, 7 nella ripresa. Di questi 7, 5 sono arrivati dal minuto 65′ in giù.

Perché, allora, applausi a Di Francesco? Non poteva cercare di impostare prima una squadra così aggressiva? Evidentemente, la partita della Roma era stata preparata per attaccare il Napoli, ma un po’ la forza della squadra di Sarri e un po’ la remissività dei ragazzi in giallorosso, ecco che allora cambiano le carte in tavola. Per il disappunto dell’allenatore, che nel postpartita ha dato una bella lezione alla retorica tutta italiana del gioco speculativo. «Una grande squadra non gioca solo per difendersi», ha detto.

Il Napoli

Una cosa interessante in merito alla squadra di Sarri sta nella varietà del gioco offensivo. Ieri, per esempio, la scelta è stata quella di attaccare la difesa della Roma senza esasperare il gioco sugli esterni. In 90′, solo 7 cross tentati. Di cui 6 nel primo tempo.

Cosa si capisce da questo dato? Che il Napoli ha innanzitutto studiato l’avversario, la Roma schiera sempre una difesa di grande fisicità, difficilmente attaccabile con le palle alte. Infatti, i giallorossi non hanno ancora subito un gol di testa in tutto il campionato. Quindi, ecco la strada del gioco in profondità e dei successivi scambi stretti per sfruttare il dark side di questa scelta, che è inevitabilmente lo scarso dinamismo di certi calciatori. Il gol del Napoli nasce esattamente da questi concetti, pochi minuti dopo un’azione sviluppatasi in maniera identica.

Questo gol è un esempio di adattamento dei principi di gioco alle caratteristiche degli avversari. Il Napoli, infatti, continua a costruire la sua azione offensiva sulla fascia sinistra, solo che quello spazio di campo non è la zona terminale ma quella iniziale della manovra. Ghoulam non attacca la linea di fondo, Mertens si lancia alle spalle dei due difensori centrali, decisamente più lenti di lui, e poi apre lo spazio per assecondare l’inserimento di Insigne. In pratica, la squadra di Sarri non modifica i concetti di riferimento ma finisce per trasformare il suo gioco in modo da sfruttare i punti deboli dell’avversario. Fabrizio Bocca, oggi su Repubblica, ha scritto di «praticità e filosofia». Ecco, è una bella definizione.

La difesa

L’altro punto da analizzare riguarda la tenuta difensiva del Napoli, messa realmente a repentaglio solo nei confusi minuti finali. Cosa sottolineare rispetto alla prestazione dei quattro uomini arretrati di Sarri? Intanto, dimensioni e distanze:

Entrambe le squadre difendono rimanendo molto alte, ma c’è una diversa compattezza di fondo: la Roma di Di Francesco, per volere del suo tecnico, è una squadra più larga e più lunga, mentre il Napoli tiene strettissimi e vicinissimi i reparti in tutte le fasi di gioco. I meccanismi degli azzurri sono facilitati proprio da questa scelta dimensionale, in pratica attaccare l’avversario e fare densità in zona palla diventa più facile perché c’è meno spazio da coprire.

Ecco che allora le prestazioni singole diventano di grandissimo spessore: Hysaj, Albiol, Koulibaly e Ghoulam hanno messo insieme 32 interventi difensivi riusciti, tra tackle, intercetti e palloni spazzati. Strepitosa la prestazione dei due centrali, soprattutto nella gestione del gioco di Dzeko. Il centravanti bosniaco, isolato vertice offensivo con il compito di tenere basso il baricentro del Napoli, ha dovuto scontrarsi con un meccanismo perfetto, sincronizzato, organizzato in maniera tale da non offrirgli la minima opportunità di conclusione. Per il capocannoniere dell’ultima Serie A, 3 conclusioni totali. Compresa la traversa pizzicata di testa, su azione d’angolo.

Heatmap e campetto dei tacke riusciti di Koulibaly ed Albiol. Cosa vuol dire difendere alto.

Altri calciatori

Tra gli altri calciatori in campo, da segnalare la prestazione assoluta di Lorenzo Insigne. Il gol è solo la perla di una partita costruita su una qualità altissima, soprattutto nella fase di trattamento del pallone. Nessuno ha tentato più volte il dribbling (6) o cercato la conclusione verso la porta (6), suo anche il record di passaggi chiave (2), condiviso con Hamsik e Ghoulam.

È la fascia sinistra del Napoli, la zona da cui sgorga il gioco. Il Napoli costruisce sempre e ancora così, ma ha imparato a variare nella fase finale dell’azione. Merito di un attacco imprevedibile e di grande qualità, in cui tutti rispondono a tutti i compiti, dall’assistenza alla conclusione. È la nuova forza di questa squadra, che non offre punti di riferimento all’avversario, né dal punto di vista degli uomini né dal punto di vista delle variabili di gioco. C’è un ampio carnet da cui pescare, quest’anno. E i risultati si vedono.

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