La situazione economica del Milan, tra il rifinanziamento del debito e l’incredibile campagna acquisti finanziata solo attraverso prestiti di capitali.
Qualcosa che non va
«È appena arrivato ed è già a caccia di soldi. E a corto di classifica». Si apre così un pezzo del Corsera Economia su Li Yonghong, proprietario del Milan definito «un mistero» nella riga successiva.
Il quotidiano milanese rinfresca un po’ il racconto in merito alla situazione economica un po’ ambigua (eufemismo) del club rossonero, mettendo come deadline ottobre 2018. Tra un anno, «andranno rimborsati i costosissimi bond del Milan parcheggiati alla Borsa di Vienna che in cinque mesi non hanno registrato un solo scambio, insieme a buona parte del debito».
C’è qualcosa che non va, dunque. Anche perché aleggia ancora la domanda: «Come si fa a spendere 200 milioni in campagna acquisti dopo che ti hanno prestato centinaia di milioni al tasso dell’11%, cioè più di quanto pagherebbe di interessi un qualsiasi pensionato da 1.500 euro al mese per l’acquisto del frigorifero? Sul faraonico calciomercato e sulla sua consistenza patrimoniale il povero Li è stato messo in croce quest’estate da James Pallotta che, tra l’altro, di gestione di debiti se ne intende con la sua Roma. Silvio Berlusconi, poi, non ha avuto parole di incoraggiamento, anzi. E intanto è stata rinviata (ma non è una sorpresa) l’approvazione del bilancio al 30 giugno, un esercizio di soli sei mesi, più rosso che nero come del resto sarà anche il prossimo bilancio».
I numeri
I discorsi del Corsera sono essenzialmente basati su due fatti: l’investimento personale di Li Yonghong; e la sua ricerca di soci, a pochi mesi dal closing. «Se poi il businessman cinese – si legge – ha dovuto indebitarsi (300 milioni) a tassi elevati con l’hedge fund Elliott e non con una banca tradizionale, sarebbe stato solo per dribblare la stretta cinese sull’esportazione di capitali e accelerare il closing. Una sorta di prestito ponte, insomma. Ma anche uno “scherzetto” che da solo costerà 50 milioni extra tra interessi e sconti e tutto il Milan in pegno a Elliott».
L’alternativa all’ingresso di nuovi soci, un’idea comunque contemplata, è trattare con le banche per il rifinanziamento del debito. Il gioco del Milan è basato su «un piano industriale particolarmente aggressivo, potenzialmente miracoloso sulle attese di ricavi in Cina (183 milioni nel 2018-2019). Intanto l’aumento di capitale estivo da 49 milioni è stato sottoscritto per 27 ma il consiglio ha una delega triennale per altri 60 milioni che mister Li non avrà difficoltà a farsi prestare».
La conclusione
Permangono dubbi, a voler essere ottimisti. Anche perché il Corsera spiega un po’ di cose sulle proprietà e sulle partecipazioni di Mister Li, roba non proprio trasparente. E scrive che «i suoi 500 milioni di patrimonio “statico”, poco redditizio e probabilmente già in garanzia, non lasciano alcun margine di manovra a chi, dopo averlo pagato 740 milioni, vuole gestire un club che brucia tra i 5 e i 10 milioni di euro al mese».
La conseguenza è l’incertezza. Sul campo, ma quella fa parte del gioco. E poi nei libri contabili, e quella (almeno quella) avrebbe dovuto essere “evitata” da un cambio di proprietà così atteso, così inseguito, così raccontato. Proprio in relazione a questo, la conclusione del Corsera è decisamente inquietante – per i tifosi del Milan. Leggiamo: «Rifinanziamento è adesso la parola d’ordine. Anche per smontare i 128 milioni dei bond “viennesi” al 7,7% che sono finiti in pancia (con il carico a 360 gradi di pegni e garanzie che di fatto stoppa ogni via d’accesso alternativa al credito) a un veicolo di Elliott (Project Redblack) finanziato da due impalpabili società del Delaware (Genio e King George Investments). Nel frattempo forse si capirà chi è davvero lo schivo presidente del Milan, Li Yonghong. O per chi lavora».