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È lo slow Napoli, che cambia marcia nel secondo tempo

Spal-Napoli, l’analisi tattica: gran partita, seppure difensiva, della squadra di Semplici. Il Napoli aspetta la ripresa, e trova il rifugio dei campioni.

È lo slow Napoli, che cambia marcia nel secondo tempo

La forza degli avversari

Spal-Napoli è una piccola lectio magistralis di tattica calcistica, nel senso che insegna tante cose. Numero uno: l’importanza dei principi di gioco, sempre e comunque primari rispetto alla scelta dello schieramento o dei famosi “moduli”. Prendete la Spal di Semplici: è una squadra con evidenti carenze tecniche rispetto alla categoria, eppure è costruita per giocare un calcio di possesso, seppure difensivo, anche in Serie A. Nonostante la difesa a tre e i cinque centrocampisti.

Esattamente come fatto dallo Shakhtar Donetsk in Champions, l’idea di Semplici (non mutata rispetto ad altre esibizioni) è stata quella di “attirare” letteralmente il Napoli nella trappola del pressing alto. La Spal giocava il pallone con i tre difensori, il portiere e il centromediano (Viviani) in modo da non concedere alla squadra di Sarri di tenerlo per lunghi periodi di partita e per costringere il centrocampo del Napoli a venire su in pressione. A quel punto, la trasformazione in squadra verticale. Appoggio verso uno dei due attaccanti in elastico, apertura sugli esterni o sui centrocampisti in appoggio. Semplice, basico, quasi elementare. Eppure funzionale, in chiave offensiva (il gol di Schiattarella nasce proprio così) ma soprattutto in fase difensiva. Dopo l’inizio aggressivo (l’occasione di Hamsik) e la sfuriata dei due gol in pochi secondi, il Napoli slow del primo tempo ha costruito una sola conclusione dall’interno dell’area (Insigne).

La costruzione bassa della Spal: due dei tre centrali si allargano sul lato corto dell’area, l’esterno del lato forte si abbassa per offrire uno sfogo laterale e Viviani crea superiorità numerica attraverso una salida lavolpiana alternativa. In questo modo, il Napoli è costretto ad alzare almeno due calciatori del suo centrocampo a ridosso dell’area avversaria.

In fase di difesa posizionale, la Spal si è preoccupata di fare altissima densità. Il concetto è semplice: almeno otto, se non nove calciatori di movimento dietro la linea del pallone. L’obiettivo è la chiusura preventiva delle linee di passaggio, fonte fondamentale di gioco quando manca (per scelta e genetica di squadra) un centravanti fisico.

Attacco posizionale del Napoli, sei calciatori contro otto difendenti

Anche in questo caso non si tratta di una questione di moduli, ma di principi teorici: non è importante o determinante che la Spal abbia difeso a cinque uomini con il supporto dei tre centrocapisti e di Antenucci in ripiegamento, quanto il fatto che l’idea in fase di non possesso di tutti i calciatori era quella di mantenere la posizione e la compattezza in modo da inibire la ricerca delle imbucate o del passaggio facile.

Non è un caso che i tre gol del Napoli nascano tutti da situazioni improvvise, che non vuol dire improvvisate ma che comunque non appartengono al classico piano partita della squadra di Sarri: il tiro di Insigne arriva dopo un rimpallo vinto in area; il colpo di testa di Callejon è uno schema provato e riprovato, ma si origina da un (meraviglioso, difficilissimo, estemporaneo) cross di prima di Ghoulam; lo stesso Ghoulam spacca letteralmente difesa e partita con la discesa del 2-3. È il rifugio importantissimo dei campioni e della loro forza quando il tuo gioco viene depotenziato. È la forza della grande squadra.

Differenze di approccio

Allo stesso modo, però, va riconosciuto al Napoli il solito merito di questo inizio di stagione. Per livello di gioco e di aggressività, non c’è paragone tra primo e secondo tempo. Colpa/merito anche dell’inevitabile down della Spal, certo, ma la squadra di Sarri ha costruito, nella ripresa, il doppio delle occasioni (14 tentativi di conclusione contro 7), più del doppio delle chance in open play (13 contro 6) e ha tenuto molto di più il possesso palla. Come detto sopra, anche la Spal ci ha messo del suo. La squadra di Semplici, decisamente stanca, ha visto ridursi del 6% la precisione dei passaggi (da 85% a 79%). In questo modo, non è stato più possibile irretire/limitare il Napoli con la costruzione bassa, con lunghi periodi di possesso difensivo.

Come cambia la mappa del tiro del Napoli: a sinistra il primo tempo, a destra il secondo.

L’aspetto da analizzare nella ripresa è il passaggio al famoso 4-2-3-1, che poi in realtà è più un 4-4-2 o 4-2-4 classico. Il cambio di sistema, per il Napoli, è durato esattamente sei minuti, dal 70esimo al 76esimo. I risultati sono stati decisamente positivi, ma torniamo al discorso con cui abbiamo iniziato: inserendo un attaccante in più, il Napoli non ha assolutamente modificato i suoi principi di gioco. Anzi, la rete segnata da Callejon e le due occasioni sprecate da Milik e Mertens nella loro fase di gioco vissuta insieme sono situazioni comuni nello sviluppo della manovra di Sarri.

Il cross di Ghoulam per l’inserimento di Callejon è un’alternativa al gioco a due di José con Insigne; la giocata di Mertens a scavalcare i centrali è tipica del (nuovo) repertorio da centravanti del belga. Sì, forse la chance di testa di Milik (gran riflesso di Gomis) si origina da un cross che senza la sua presenza non avrebbe modo e senso di esistere, ma una sola azione contro un certo numero di partite giocate in un certo modo (e bene) non rende necessario un cambio di modulo in partenza.

Le giocate di Milik e Mertens nei pochi minuti insieme: il posizionamento è quello della coppia d’attacco, non del trequartista alle spalle della prima punta.

A parere di chi scrive, e al netto dell’infortunio di Milik, la scelta di Sarri di utilizzare questa soluzione tattica come una specie di “risorsa estrema” è molto saggia. Il Napoli, per come è strutturato, non può permettersi di perdere la costruzione dei triangoli di gioco sulle fasce – soprattutto quella sinistra. Una possibilità che si concretizza quando i due laterali hanno il supporto di un terzo uomo nella loro zona. Con un centrocampo a due, il Napoli sarebbe costretto a sovraccaricare di lavoro gli esterni, in entrambe le fasi, col rischio di perdere lucidità e superiorità numerica nel momento dell’attacco posizionale – date anche le caratteristiche (ormai) da attaccante puro, più che da trequartista, di Mertens. A partita in corso, invece, l’idea di accoppiare Milik e Mertens può essere utile, soprattutto contro difese basse e compatte come quella della Spal.

Giocatori

Il Napoli, nel complesso, non ha giocato una partita brillante. Perché la Spal ha offerto una buonissima prestazione, innanzitutto. E perché alcuni calciatori non hanno brillato per contributo creativo o conclusivo. Ci riferiamo ad Hamsik e Mertens, zero passaggi chiave e 4 conclusioni in due. Non benissimo anche Zielinski, non a caso sostituito con Milik nel momento di maggiore difficoltà.

Strepitoso, invece, il contributo di Ghoulam: il gol, l’assist, 6 passaggi chiave ma soprattutto la seconda quota di palloni giocati dell’intera squadra (94, solo Diawara a 107 riesce a fare meglio). Chiudiamo con un pensiero su Maksimovic, all’esordio stagionale e quindi osservato speciale: inizio balbettante su Antenucci e Borriello, poi la difesa si è fatta sempre più statica e posizionale (nel finale in inferiorità numerica) e sono venuti fuori i pregi di una grande coordinazione e di una straripante fisicità. I 3 palloni intercettati in area negli ultimi minuti sono una parte importante di questa vittoria sofferta, ma importantissima. Perché ci spiega tante cose: il valore delle alternative, della forza dei singoli e l’importanza delle idee. Per questa volta, l’ultimo concetto è della Spal e non del Napoli. Ma ci possiamo accontentare.

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