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Il Nizza ci dirà il livello di maturità del Napoli di Sarri

Il passaggio del turno sarebbe storico: mai il Napoli ha giocato due Champions consecutive. E una prova di maturità: il Napoli di Sarri sempre eliminato nei confronti andata e ritorno (Villarreal, Real, Juve)

Il Nizza ci dirà il livello di maturità del Napoli di Sarri

Un termine abusato, stavolta è la realtà

Esame di maturità. Partita spartiacque. Bivio. Chissà quante volte avete letto o ascoltato una tra queste, o tante altre, frasi fatte che si ripetono alla vigilia di un evento calcistico più o meno importante. Poi accade, come per gli orologi rotti che due volte al giorno indicano l’ora esatta, di trovarsi davvero alla vigilia di un incontro di calcio che in ogni caso segnerà una svolta. Parliamo del playoff di Champions League tra Napoli e Nizza, e delle conseguenze che una vittoria o una eliminazione potranno avere sul Napoli di Maurizio Sarri.

Mai due volte consecutive in Champions

Cominciamo col dire che il superamento del doppio confronto non sarebbe affatto da archiviare come una pura formalità. Innanzitutto perché gli incontri bisogna sempre vincerli. Poi, l’ordine stabilitelo voi, per due ragioni. La prima è che il Napoli, in caso di qualificazione, conquisterebbe per la prima volta nella sua storia la seconda qualificazione consecutiva ai gironi di Champions League. Un traguardo che non solo porterebbe nelle casse della società una quarantina di milioni di euro, soprattutto segnerebbe un ingresso stabile tra le squadre più accreditate d’Europa. Bisogna sempre guardarsi indietro nella vita. E né Mazzarri né Benitez sono riusciti a giocare la Champions per due anni di seguito col Napoli. Il primo a riuscirci sarebbe Maurizio Sarri.

Tre sconfitte su tre nei match andata e ritorno

La seconda ragione è che il Napoli, nel caso in cui dovesse eliminare il Nizza, darebbe un ulteriore segnale di maturità. Al di là dell’alone di positività e di entusiasmo che circonda il Napoli degli ultimi due anni, ci sono dati incontrovertibili che vanno letti e analizzati. Il Napoli di Sarri non ha ancora superato uno scontro diretto giocato andata e ritorno. Il primo anno, in Europa League, fummo eliminati dal Villarreal (sconfitti lì 1-0 e poi 1-1 al San Paolo dopo essere passati in vantaggio). L’anno scorso, due eliminazioni: col Real Madrid in Champions e con la Juventus in semifinale di Coppa Italia.

Villarreal e Juventus, col Real non c’era storia

Fatta eccezione per il doppio confronto con il Real Madrid, in cui il Napoli non aveva alcuna chance e che si è chiuso con un rotondo 6-2 che chiude ogni discussione, le altre due gestioni di gare sui 180 minuti hanno lasciato più di una perplessità. Vale per l’andata in Spagna e anche per le due gare contro la Juventus. La contestata partita d’andata e l’osannato match di ritorno. Al di là dei presunti torti arbitrali, il Napoli allo Stadium sciupò un gol di vantaggio, si fece segnare il 2-1 complice un’uscita avventurosa di Reina e nell’azione-chiave del 3-1 (fallo su Albiol in area Juve, contropiede e rigore Juve) il Napoli si fece fregare in contropiede come se la sconfitta per 2-1 non fosse stato un punteggio da proteggere. Anche al ritorno, prendemmo due gol da Higuain e poi, una volta sul 3-2, vere e proprie occasioni da gol non ne costruimmo.

La cura dei dettagli

La crescita del Napoli, quest’anno, passa soprattutto per la cura dei dettagli. Lo ha detto Maurizio Sarri e noi siamo d’accordo. E nella cura dei dettagli non possiamo inserire la gestione della gara sui 180 minuti. Che possiamo paragonare agli 800 metri piani di atletica leggera, che non si possono certo condurre a tutta. È nella lettura dei momenti della partita che il Napoli deve dimostrare di essere cresciuto. E anche nel saper vincere una partita decisiva.

Le partite decisive

E siamo a un’altra importante prova di maturità. Negli ultimi due anni, di partite realmente decisive, parliamo di quelle in cui giochi con il batticuore, il Napoli non ne ha vinte tante. Nella prima stagione, ricordiamo le due al San Paolo contro la Fiorentina e l’Inter nel girone d’andata della prima stagione di Sarri. Uno scontro diretto e una partita che ci consentì di andare da soli in testa alla classifica. Non a caso la domenica successiva, a Bologna, perdemmo. E la partita-chiave, quella di San Valentino contro la Juventus allo Stadium, finì come ben sappiamo. E anche la settimana successiva, quando avemmo l’opportunità del contro-sorpasso, non andammo oltre il pari col Milan al San Paolo.

Istanbul il momento più delicato

Lo scorso anno, pur essendo arrivati terzi ed essendo rimasti aritmeticamente in lizza per il campionato fino all’ultima giornata, di fatto il Napoli non è mai stato realmente in corsa per lo scudetto. Lo stesso Sarri rilasciò sin dalla prima giornata dichiarazioni molto chiare nella direzione della stagione senza obiettivi. La nostalgia per Higuain ci ha accompagnati – a partire dal nostro allenatore – per buona parte dello scorso campionato.

Il momento più complicato fu vissuto a Istanbul, nel ritorno contro il Besiktas. Il rigore di Quaresma a undici minuti dalla fine sembrò condannarci all’eliminazione. In quella occasione, il Napoli e Sarri diedero una grande prova di carattere. Il tecnico inserì Zielinski e Diawara al posto di Allan e Jorginho, e il capitano Marek Hamsik sfoderò un sinistro da mille e una notte. Quello sì che fu un colpo da fuoriclasse: un gol strepitoso in una situazione di grande difficoltà, con l’acqua alla gola. È un concetto molto caro a noi del Napolista. Quel gol vale molto più di mille goleade o azioni con cento passaggi di prima. La presunta estetica del calcio la lasciamo volentieri ai presunti esteti del calcio. Per noi, il pallone resta uno sport. E nello sport – e non solo, potremmo aggiungere – si capisce quanto vali da come reagisci nei momenti di difficoltà.

I margini di crescita sono nella nostra testa

Anche la vittoria a Lisbona non possiamo considerarla una partita decisiva, visto che a fine primo tempo la Dynamo Kiev aveva già sommerso di gol il Besiktas. Più importante la vittoria col Benfica al San Paolo, non tanto perché decisiva ma perché fu una vittoria contro una squadra dell’elite europea. Potremmo aggiungere la partita dell’Olimpico: il successo del Napoli in trasferta contro la Roma. Era una partita decisiva per il secondo posto, e la vincemmo. Poi rovinammo tutto pareggiando in casa del Sassuolo.

Questo Napoli ha margini di crescita, eccome. Stanno soprattutto nella nostra testa, nella capacità di imparare a soffrire. Come nel ciclismo, materia in cui Sarri è molto preparato, il Napoli deve studiare la tappa. Capire in quale punto attaccare, dove riposarsi, quando schierare la squadra in testa a tirare, quando rompere l’affiatamento degli avversari e quando stringere i denti. Per questi motivi, la partita contro il Nizza non può essere affatto considerata una formalità. Può consegnarci un Napoli adulto cui andrà tributato un lungo e caloroso applauso in caso di qualificazione.

Qualificazione, ripetiamo, che sarebbe storica. E quindi andrebbe festeggiata con tutti gli onori del caso. Viceversa, facendo i debiti scongiuri, dovremmo guardarci allo specchio e capire cosa cambiare per non gettare un’intera stagione. E, soprattutto, sperare che non riparta il solito gioco dello scaricabarile.

In questa ottica, conta davvero poco che la rosa del Nizza vale meno di un terzo di quella del Napoli (107 milioni versus 371, fonte Transfermarkt), oppure che negli ultimi anni soltanto il Milan, tra le squadre italiane, ha superato l’ostacolo del preliminare. O, ancora, l’abisso che separa le due squadre nel ranking Uefa (noi in classifica al 14esimo posto, loro al numero 108). Il Napoli è realmente davanti al proprio esame di maturità. Superarlo schiuderebbe orizzonti e farebbe crescere convinzioni di cui al momento, probabilmente, non tutti siamo consapevoli.

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