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Elogio di Insigne, ragazzino diventato uomo

Non insegue più modelli, né Del Piero né Cassano, è semplicemente sé stesso: un calciatore completo, uomo squadra, capace anche di recuperi difensivi

Elogio di Insigne, ragazzino diventato uomo
Insigne (Photo Matteo Ciambelli

Questo articolo covava sotto la cenere da qualche settimana, fin dalla fine dello scorso campionato, ma è stato tenuto in stand-by per un po’, per la paura atavica che ogni commentatore ha di essere smentito un minuto dopo essersi pubblicamente sbilanciato in una presa di posizione.

Quella rincorsa

Ma poi, è successa una cosa, precisamente al minuto 35 di Napoli-Nizza: Ghoulam sbaglia clamorosamente la diagonale e Insigne è costretto a correre fin quasi alla linea di fondo per raggiungere Jallet che comunque riesce a servire Koziello per una bellissima imbucata conclusa per nostra fortuna a lato. Passano pochi secondi e ce lo ritroviamo dall’altro lato a fare uno stop fantastico e servire una bella palla ad Hamsik che purtroppo poi sbaglia il tiro. Nessuna protesta, nessun gesto di disappunto, né verso Ghoulam né verso Hamsik: solo corsa e tecnica.

Maturazione progressiva

È a quel punto che abbiamo cominciato a riflettere su quanto sia maturato questo ragazzo negli ultimi tempi. Una maturazione progressiva – e che è ancora in corso, per carità – ma che sta raggiungendo la sua fase finale. Maturazione soprattutto caratteriale, aiutata certamente anche da alcune svolte traumatiche – l’infortunio, i fischi, la pubbliche cazziate di Sarri dopo che si era pubblicamente lamentato per una sostituzione – ma il cui merito si deve dare senza dubbio a sé stesso.

Modello Insigne

Liberatosi dall’etichetta del ragazzino, Insigne dà la sensazione (speriamo di non essere smentiti) di aver lasciato andare anche i paragoni e i modelli ingombranti che gli frullavano in testa fino a qualche tempo fa (due su tutti: Del Piero e Cassano). Ma quando cresci ti rendi conto che non è più tempo di modelli. Perché, se giochi nel Napoli e lotti ormai da 4-5 anni quasi ogni stagione per lo scudetto, non hai più nulla da inseguire nella tua testa: il modello sei tu. E più te ne rendi conto e più cresci.

Alex Del Piero

L’ex 10 della Juve era diventato una sorta di fantasma che aleggiava sul campo da gioco ogniqualvolta Insigne si avvicinava all’area di rigore avversaria, per impossessarsi del 24 azzurro nel momento in cui tentava il “tiraggiro”. Una, due, tre, quattro, cinque volte nella stessa partita. Fino a che non gli riusciva. E più giocava male, più ci provava, in una sorta di accanimento terapeutico. C’era la sensazione che il ragazzo avesse continuamente bisogno di conferme sulla sua classe, rifugiandosi, nei momenti di difficoltà, in quel gesto familiare che avrà ripetuto mille volte sul campetto o nel cortile di casa: il tiro “alla Del Piero”. C’è da giurarci: a volerli contare, si scoprirebbe che sono più i “tiri a giro” di Insigne che quelli di Del Piero. Persino Pinturicchio – detentore del marchio – ad un certo punto smise di farli. Lorenzo invece ancora ci prova, anche se con meno ansia rispetto a prima: ora è più sicuro di sé e non deve dimostrare niente a nessuno.

Antonio Cassano

C’è stato un periodo – più limitato nel tempo – in cui c’era come la sensazione che Insigne volesse cominciare ad assomigliare ad Antonio Cassano. I due andavano in vacanza assieme e pare siano tuttora molto amici. Nulla di male, ci mancherebbe. A parte il fatto che Lorenzo cominciò ad imitare le movenze e gli atteggiamenti di Cassano: un paio di uscite pubbliche fuori luogo, proteste eccessive contro arbitro, compagni e allenatore, comportamenti da guappo, sia in campo che fuori. Insomma, tutto il repertorio. Poi, ad un certo punto, qualcuno lo avrà fatto riflettere e si è dato una calmata. Non è escluso che la parabola discendente di FantAntonio – genio del calcio più in potenza che in sostanza – abbia fatto intuire  a Lorenzo il rischio che correva: ritrovarsi a 35 anni a rincorrere un futuro che è già passato.

Né l’uno né l’altro

No, l’Insigne di oggi non sembra voglia imitare nessuno, nemmeno a livello inconscio. È Insigne, punto. Non perfetto – ci mancherebbe – ma un giocatore maturo e un uomo consapevole. Sì, uomo. Si può esserlo anche a 26 anni. È cresciuto in fretta, Lorenzo. Sa che è arrivato il suo momento, di caricarsi la squadra sulle spalle, di rappresentarla anche come uomo immagine: non a caso i fischi e gli insulti di Verona erano diretti soprattutto a lui. Perché napoletano, certo, ma anche perché sempre più uomo simbolo di questa squadra, fuori e dentro il campo. Battendosi la mano sul petto, Lorenzo ha fatto capire di esserne cosciente e di essere pronto ad assumere l’incarico. E diventare presto, lui, modello per altri.

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