Al non funerale di Genova per la morte del Maestro Villaggio, ha fatto eco la morte vera di Maradona nella non Piazza Plebiscito
I due simboli
Le città di mare, si sa, procedono per assenze. Così, al non funerale di Genova per la morte del Maestro Villaggio, ha fatto eco la morte vera di Maradona nella non Piazza Plebiscito. Il Mediterraneo è una via crucis di scambi d’identità, un Vangelo scritto dai saltimbanchi. Ci lascia l’uomo che è tutti noi, Fantozzi, e diparte con esso l’ultima sembianza dell’unico Diego. Vuote le bare, come le piazze.
Le zone costiere sorridono alle giornate della memoria, come si sorride a quei disperati che si industriano a difendere la propria cultura dal resto del mondo. Come se io, come se noi potessimo difendere la Divina Commedia, e non fosse piuttosto essa a preservare noi. Come se potessimo noi poveri arrogantucoli difendere lo Stadio Azteca e non fosse lui a doverci custodire come un’ostia per la vita eterna.
Ci lascia Diego, la piazza è spoglia
Morirono dunque i maestri, in una splendida opera doppia. Assente Genova, assente Napoli. È morto, infine, Maradona. Dall’altare ci ha sorriso, come faceva Beatrice all’Alighieri nel Paradiso – “Io veggio ben sì come tu t’annidi/nel proprio lume, e che de li occhi il traggi,/perch’e’ corusca sì come tu ridi” – l’infastidita compassione che prova il dio per il viandante qualunque.
Oh repubbliche marinare, tutti i grandi vostri figli, con o senza cittadinanza, hanno da sempre avuto sul culo noi, noi miriadi di impiegati del mondo, noi cari inferiori. Villaggio, De André, Eduardo, Totò, persino Troisi, finanche Maradona non ci hanno mai sopportato. Corruscano il viso, come faceva Beatrice, come fa il Megadirettore. A noi tocca dover lavorare per pagare il lauto compenso che spetta loro per ricordarci la nostra giusta pochezza.
Ci lascia infine Diego. La piazza è spoglia. Come il sepolcro. Resurrexit. Tutto è compiuto. Vox clamantis in deserto. Nasce oggi la giornata della sacra dimenticanza. Ei (non) fu. Amen.