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Portogallo-Cile, il caso Var: Busacca e i concetti di interpretazione e responsabilità

La Var può ridurre gli errori “oggettivi”; non quelli legati a un’interpretazione del regolamento. Un pezzo della Gazzetta lo spiega attraverso Busacca.

Portogallo-Cile, il caso Var: Busacca e i concetti di interpretazione e responsabilità

La verità, pura e semplice

Massimo Busacca, referente della Fifa per il progetto-Var, spiega come e dove sta andando l’esperimento della moviola in campo. In una dichiarazione riportata dalla Gazzetta dello Sport, l’ex arbitro svizzero spiega la verità sullo strumento tecnologico: «Si poteva fare meglio sull’episodio del possibile rigore per il Cile, ma è normale: con la Var siamo in una fase di sperimentazione e ci serve proprio per oliare il meccanismo e preparare gli arbitri alle potenzialità del mezzo. Ci sono dei punti fermi, dove il ricorso della tecnologia ha già portato un contributo decisivo. E mi riferisco ai fuorigioco, agli scambi di persona, ai gesti violenti. Ma se c’è una interpretazione, come sui falli in area, allora resterà possibile una linea grigia».

Nulla di più, nulla di meno. A differenza di altri sport in cui il giudizio veicolato dalla tecnologia può essere oggettivo (le palle dentro/fuori del tennis, le infrazioni del basket), il regolamento del calcio è codificato ma interpretativo. E le attribuzioni di responsabilità devono per forza far capo a un soggetto umano. L’arbitro di Portogallo-Cile si è assunto l’onere del giudizio per l’episodio sospetto in area di rigore. Ha sbagliato, ma non si può fare diversamente. Lo spiega anche Busacca: «Nessuno ha mai annunciato che la Var avrebbe risolto ogni problema arbitrale. È impossibile, non accadrà. Ma si può migliorare, questo sì».

La responsabilità

Il concetto delle responsabilità viene fuori anche dalle parole di Busacca, che spiega la dinamica del contatto Silva-Fonte: «Quel contatto è stato visto da più angolazioni e con tecnologie diverse. Chi è al Var dispone del meglio. Ieri il rigore sembra evidente osservando l’azione rallentata al massimo. Se però si cambiava angolazione, ridando una velocità vicina a quella reale, ecco che subentravano dei dubbi. Sembrava quasi un normale contatto di gioco».

«Una impressione forse avuta anche dai giocatori del Cile: non hanno protestato, loro di solito focosi. L’arbitro era vicino, ha visto e valutato. Poi ha aspettato il Var: quando gli hanno comunicato che per loro restava un’azione dubbia, ha proseguito la gara. Come è giusto che sia. Si poteva, si doveva, fare un passaggio in più: chiedere a Faghani di rivedere l’azione. Avrebbe usufruito di una prospettiva diversa rispetto a quella in presa diretta. E poi deciso. Perché noi vogliamo arbitri che continuino a prendersi delle responsabilità».

Selezione

È un circolo vizioso, non se ne esce. Non se ne può uscire. Bisogna solo cercare di formare le nuove generazioni arbitrali a questa possibilità offerta dalla tecnologia. E tagliare, certo, nel senso di selezionare i migliori elementi per arbitrare e “suggerire” tramite Var.

L’idea della selezione viene spiegata anche dalla Gazzetta, che spiega come solo grandi arbitri potranno usufruire al meglio dello strumento. Arbitri in grado di farsi aiutare, ma comunque sempre esseri umani. Che sbagliano, possono sbagliare. E che a volte saranno costretti a prendersi delle responsabilità di interpretazione. Con il (o la) Var, nonostante la (o il) Var. L’Italia e la Germania apriranno, nel prossimo campionato, alla sperimentazione in un torneo lungo e prestigioso. Un assist a Busacca per Russia 2018. Vediamo come andrà. L’importante è partire con la coscienza della verità, delle attribuzioni reali.

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