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Mastroianni (Napoli Basket): «Il sistema di gioco è la nostra coperta di Linus»

Domani sera la sfida con Orzinuovi per conquistare la A2. Intervista con il talento in smoking di Ponticelli che non disdegna la lotta nel fango

Mastroianni (Napoli Basket): «Il sistema di gioco è la nostra coperta di Linus»

Domani e domenica a Montecatini sono in programma le final four per andare in A2. Napoli sfiderà Orzinuovi. In caso di successo, sarà A2. Altrimenti disputerà lo spareggio domenica.

“Essere un uomo significa essere responsabile. Significa essere orgogliosi di una vittoria dei propri compagni. Significa sentire, quando si posa la propria pietra, che si sta contribuendo alla costruzione del mondo”.

Il piccolo principe

Signori, il Piccolo Principe, Mattia Mastroianni, da Ponticelli senza essersi perso nel deserto, con l’essenziale assai visibile agli occhi, e la testa ferma ad un obiettivo che è stato fissato con i chiodi nel cervello. Lui gioca indifferentemente da esterno e da interno perché «abbiamo un sistema che ci permette di fare il nostro gioco a prescindere dal ruolo». Già, il sistema, quello che è al di sopra di tutto e indica la via maestra da seguire fino alla fine, senza perdersi, senza fermarsi. Step by step, fino al compimento del giorno. Il sistema è «la nostra coperta di Linus che non dobbiamo mai perdere, quella che durante i momenti difficili, con giocatori infortunati, ci ha permesso di continuare a vincere».

I close-out

Mattia è un talento in smoking che non disdegna la lotta nel fango. È un airone carico di cazzimma che stoppa anche i moscerini sotto ai ferri. Ha un tiro chirurgico e un rapporto strano con i close-out, infatti ad ogni sua uscita su un tiro corrispondono tre punti per gli avversari. Sarà che è talmente magro che il ferro lo si vede attraverso le costole, ma ad ogni modo lui sa che deve migliorare: «Partirò dai close-out! A parte gli scherzi, il coach mi ha fatto migliorare decisamente sulle letture del gioco e sullo stare in campo, ma devo crescere ancora sotto tanti punti di vista».

È cresciuto al PalaBarbuto, come Maggio

È carico, lui che come il capitano è cresciuto sui seggiolini del PalaBarbuto ed ora si sente parte della rinascita del movimento. «Non ti so dire cosa provo, solo brividi, una sensazione inspiegabile. Napoli sta tornando». Vola il ragazzo, che ha riposto la sua fiducia in un gruppo di bambini-uomini o di uomini-bambini che a sorrisi, aggregazione e musica – rigorosamente singolare – ha saputo trasformare i sorrisi in allenamenti, gli allenamenti in corazzata, corazzata in treni dei desideri spediti verso quell’olimpo. «Sarò ripetitivo, ma il gruppo qui è fantastico!»

“Non si vede bene che col cuore”

Già ce l’immaginiamo in gita sul Parnaso a raccogliere briciole di meteore tra le nuvole e a chiedere senza nemmeno troppo garbo, il caffè promesso dagli dei del basket. Ad accendere i lampioni sulla strada percorsa per riviverla a rallentatore, lui vola con le sue ali larghe, a togliere la polvere dagli archivi, a raccogliere faldoni dagli stanzini e riscriverli, evidenziando tutte le frasi contenenti la lettera A. Ci siamo chiesti in questi mesi cosa vi fosse di tanto speciale in questa squadra, è la risposta come sempre la si trova nei saggi della letteratura.

“Il segreto è molto semplice: non si vede bene che col cuore” e questo Cuore ha avuto occhi che sono arrivati a Montecatini prima che tutti potessimo accorgercene

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