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Francesco Totti, uomo d’amore, è il numero dieci del calcio italiano

Si ritira un simbolo delle ultime generazioni: Francesco Totti ha unito i tifosi nell’ammirazione, oltre le rivalità. Organizziamo una sciarpata lunga tutta l’Italia.

Francesco Totti, uomo d’amore, è il numero dieci del calcio italiano

Prendiamo tutte le nostre sciarpe, quelle che abbiamo a casa, mandiamo sui social messaggi ai tifosi delle altre squadre, e organizziamo una sciarpata lunga una nazione, con centinaia di colori diversi per salutare un pezzo importante di calcio che appende le scarpette al chiodo: Francesco Totti.

Immaginate una serie A senza di lui, abituati a vederlo da sempre, un uomo che è divenuto, nel tempo, una figura mitologica: metà uomo, metà maglia giallorossa, o metà Colosseo. Un uomo che ha giurato amore ed è stato fedele, fino alla fine, senza mai tradire, anche quando le tentazioni spiravano da altre coste. Totti è il numero dieci del calcio italiano, uno capace di disegnare calcio anche con le matite spuntate, uno, che giovane, sorridendo s’inventò er cucchiaio agli europei.

Una storia bellissima

Totti ha negli occhi l’acqua del Tevere che spacca la città e si incammina tenero verso il mare, ed in quell’acqua è racchiuso tutto il tesoro della romanità, la stessa che lui ha sempre difeso. Il terzo scudetto, con i capelli ancora lunghi, e l’impresa che si compie. Il simbolo, il punto di riferimento di un popolo che l’ha sempre visto come Re, ma anche come compagno di giochi, come vicino di casa a cui chiedere il sale la sera, amico di bagordi e di sogni. Francesco non si è mai fermato, eppure gli infortuni lo hanno condizionato e non poco, è sempre ritornato, come in Germania, come quel rigore agli Australiani, perché la firma sul mondiale doveva metterla anche lui, per forza.

Francesco sta al gioco del calcio, come il Papa sta alla città di Roma. Immerso nella realtà ma un pizzico isolato, simbolo ma primo bersaglio delle difficoltà. Francesco è stato il significato del numero dieci degli ultimi tempi, è l’ultimo fuoriclasse a non aver barattato una maglia per un conto in banca. Lui, che in segreto, ha sempre fatto del bene, usando la sua immagine per campagne di beneficenza e molta ne ha fatta anche in silenzio, perché il bene non si sponsorizza. Francesco è il ricordo di noi ragazzi che insieme siamo cresciuti, accompagnandoci da rivali ma da ammiratori, pure quando non lo potevamo dire agli amici perché era della Roma e si rischiava di passare per traditori della fede e allora si aspettava la nazionale per poter tifare liberi di coscienza per lui.

Al di là delle rivalità

Francesco Totti a fine campionato dirà addio alla serie A, al calcio giocato, agli allenatori che lo hanno sempre gestito, sapendo bene che lui non era semplicemente un numero della rosa, ma era la pianta, l’albero da cui tutti i fiori dipendevano, era un monumento nel parcheggio di Trigoria, era il pilastro che teneva su l’Olimpico, per cui toccarlo o sfregiarlo sarebbe stato un sacrilegio. Francesco Totti saluta, e tutti noi dovremmo alzarci in piedi, senza vergogna, mettendo da parte le rivalità ( giuste, e sacrosante) e applaudirlo, ringraziarlo perché in ventiquattro anni ci è appartenuto da avversario, leale, perché sempre dalla stessa parte.

La sua carriera è per tutti un romanzo, che in qualunque modo lo si voglia leggere, è stato scritto, ed in qualsiasi modo si voglia giudicare, è stato stampato, pertanto è li, nella storia dell’editoria favolosa, nella biblioteca epica, del grande calcio italiano. Francesco Totti, il dieci del calcio italiano.

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