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Quanto costano al Napoli le palle perse in uscita dalla difesa

Benfica, Besiktas, Real Madrid, Milan, Roma: le reti subite dal Napoli su possesso sprecato. Ieri sera, il primo corner è stato “regalato” da Hamsik: spiegazione e risoluzione del problema.

Quanto costano al Napoli le palle perse in uscita dalla difesa

Un’abitudine

Il Napoli rischia. Ieri sera, ad esempio, ha regalato al Real Madrid il primo calcio d’angolo su un errore – di Hamsik – in fase di possesso comodo. Da lì, poi, Sergio Ramos ha trovato il primo gol. Il pallone sbagliato in fase di uscita dalla difesa, o comunque in costruzione bassa, rappresenta una cattiva abitudine per questa squadra. Come spiegato anche nella nostra analisi tattica, è una specie di dogma di questa squadra. Giocare, sempre e comunque. Cercare di forzare il possesso, di uscire in modo pulito dalla fase difensiva. È un pregio, può diventare un limite. Specie quando – i primi 5 minuti della ripresa di ieri sera – gli avversari tentano di accorciare le distanze e guadagnare campo.

Solo in questa stagione, al di là dei palloni persi e non sfruttati dagli avversari, contiamo sette gol incassati per errori banali in uscita palla. Tutti, più o meno, simili all’azione che ieri ha portato al primo calcio d’angolo sfruttato da Ramos. Un tocco fuori misura, un misunderstanding di posizione e la frittata è fatta. Del resto, anche quella di ieri sera (prima della deviazione di testa di Hysaj) ha rappresentato una grossa occasione potenziale.

Correggersi?

In un contesto da 15mila passaggi tentati in Serie A (primato assoluto) e 3900 in Champions League (solo Bayern e Barcellona fanno meglio), l’errore è sempre dietro l’angolo. Specie se di fronte ci sono squadre organizzate o comunque dotate di ottimi calciatori. Non è un caso che i gol subiti dal Napoli su palla persa siano arrivati per la maggioranza in Champions (Real Madrid all’andata, Benfica all’andata, Benfica al ritorno, Besiktas) e contro Roma e Milan in Serie A. Squadre di un certo livello tecnico, e pure con una buona organizzazione di gioco. L’esempio massimo a Madrid, in occasione del gol di Casemiro.

Migliorare questo fondamentale vorrebbe dire evitare il rischio del disimpegno in certe zone di campo. Un ribaltamento dell’attuale orientamento tattico, una riscrittura della squadra. È chiedere troppo. Ovviamente, però, c’è la via di mezzo: il gol incassato contro la Roma, sotto la gif, poteva essere tranquillamente evitato con una gestione più assennata del possesso. In casi come questo, l’estetica diventa antifunzionale. Diventa negativa. Ieri è stata decisiva in questo senso, anche se non proprio strettamente. Ed è un peccato, così.

Non sono casi isolati

Anche perché già nel primo tempo era successo che il Napoli perdesse palla nella sua metà campo. Tre volte con Albiol, una con Koulibaly. Lo ripetiamo: ci sta, fa parte del dna di questa squadra. Che, però, deve puntare a crescere. Quindi, a superare i difetti. Uno di questi sta proprio nell’eccessiva confidenza col pallone in alcune zone di campo. Come nel caso di Jorginho, nel match di ottobre contro il Besiktas.

Qualità ed esperienza

L’errore di ieri sera è stato commesso da Marek Hamsik. Che, insieme a Reina, Mertens e Albiol rappresenta la “vecchia guardia anagrafica” del Napoli. I calciatori più anziani, quelli con più esperienza e il maggior numero di partite giocate in Europa. Quindi, ad altissimi livelli. Inoltre, è sbagliato quanto ingeneroso asserire che Hamsik non abbia le qualità per praticare questo tipo di gioco. Quindi: dato che, come visto, questi sono errori che possono capitare a chiunque, e non si può snaturare la squadra, l’ideale sarebbe una gestione meno intransigente in alcuni momenti della partita. Nel senso: se anche Hamsik ed Albiol possono incappare in momenti di appannamento mentale o tecnico tali da poter portare a errori così banali ma così sanguinosi, è necessario diminuire i rischi. Soprattutto in determinati periodi della partita.

Nel caso di Hamsik di ieri sera, ad esempio, l’appoggio orizzontale ad aprire il campo per vie centrali avrebbe potuto essere “sostituito” da un controllo più lungo, in modo che la squadra si posizionasse per evitare il pressing avversario. Non è un caso che, in questo preciso momento di gioco, il dispositivo di attacco palla del Real abbia funzionato bene. Era una delle prime volte.

Domani

Siamo al secondo anno di progetto-Sarri. Un progetto tattico profondo, radicato e radicale. Che è già cresciuto dal punto di vista della qualità del gioco e dell’organico rispetto allo scorso anno (se a marzo 2016 avessimo dovuto affrontare il Real senza Higuain? Cosa sarebbe successo), ma che necessita ancora di qualche ritocco. Nell’organico, certo. La mancanza di fisicità è palese, soprattutto in situazioni di scompensi certi come le palle inattive (ne riparleremo).

Ma anche nell’esperienza, nella gestione di sé stessi durante le partite. Questa squadra può puntare a essere davvero competitiva, in Italia come in Europa. Questa forza passa dal suo gioco, certo, ma il suo gioco deve essere in grado di superare i limiti genetici e strutturali. Come dire: se nell’occasione dell’errore di Hamsik, ieri sera, Marek avesse buttato via il pallone in avanti, il Real non avrebbe segnato. E nessuno si sarebbe lamentato della scarsa qualità. Con i se non si fa il calcio, è vero, ma si costruiscono delle ipotesi. Se il Napoli vuole superare sé stesso, l’ipotesi è quella di migliorare ciò che è migliorabile. A partire da qui, da questo. Un dettaglio che fa tutta la differenza del mondo, soprattutto in partite così importanti. Quelle che aspiriamo a giocare ancora, del resto.

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