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I dieci liberi più forti della storia del Napoli

Da Krol a Burgnich, fino a Stenti e Albiol, storia della maglia numero sei del Napoli e di un ruolo mitico, che nel calcio moderno non esiste più.

I dieci liberi più forti della storia del Napoli

Anche quando si parla di “libero” ci troviamo di fronte ad un calcio d’altri tempi. E’ notorio come l’abusato termine, introdotto nel calcio italiano solo alla fine degli anni ’40, oggi sia stato sostituito dal neologismo “difensore centrale”, una nuova denominazione che ‘sdoppia’ quello che una volta era il classico libero all’italiana (Picchi o Cera ma anche Baresi e Scirea) o, se vogliamo, all’europea (anche Beckenbauer e Bobby Moore lo erano, a modo loro).

Quel giocatore, infatti, aveva un compito ben preciso, quello di essere, appunto, l’uomo in più, quello ‘libero‘, colui che poteva tamponare le falle difensive o servire in seconda battuta se l’attaccante avversario sfuggiva al terzino o allo stopper. Col gioco a zona tutto questo è scomparso, i difensori sono in linea e raramente si vede l’uomo staccato dal resto dei compagni, quello che gioca davanti al portiere. Oggi, ad esempio, nel Napoli, sono chiamati “difensori centrali” sia Koulibaly che Albiol ma quest’ultimo è certamente quello con meno compiti di marcatura rispetto al senegalese.

Nel calcio di venti anni fa, dunque, Albiol si sarebbe chiamato ‘libero’. In questa classifica non compaiono giocatori del calcio dei pionieri o di quello dell’immediato dopo guerra perchè le squadre giocavano tutte con la marcatura ad uomo e l’unico uomo jolly era forse a centrocampo. Poi arrivò Gipo Viani che, alla Salernitana, ebbe la brillante idea di portare un uomo della difesa più indietro di tutti, di staccarlo dal resto della squadra. Con lui nacque il “4” ( o il “6” ) e qualche ‘catenaccio’ in più. Fu il trionfo del gioco all’italiana.

10 Raul Albiol – 1985 (162 presenzw – 2 gol, dati da aggiornare)

Campione d’Europa nel 2008, Campione del Mondo nel 2010 e ancora Campione d’Europa nel 2012. Basterebbe questo per dire chi è Raul Albiol sul quale si indirizzano gli strali della critica appena il Napoli becca un gol di testa. Fisico imponente da corazziere, faccia da scugnizzo spudorato e guascone, anche se il suo carattere mostra una certa riservatezza, sa comandare la difesa e gioca ottimamente con i piedi, spesso facendo salire i compagni. Va a nozze col gioco di Sarri ma, visto il suo eclettismo, si è ben comportato anche nella gestione Benitez, suo allenatore a Valencia.

A Napoli ha trovato la definitiva consacrazione dopo le altalenanti esperienze col Real Madrid con il quale era titolare fisso in Coppa del Re ma doveva sempre giocarsi il posto con Ricardo Carvalho in campionato visto che Mourinho non lo teneva in grande considerazione. Ogni tanto gli prende la nostalgia della Spagna, chissà se riuscirà a resistere al richiamo della patria e a capire che a Napoli si sta costruendo una grande squadra.

Albiol

Albiol

9 Roberto Fabian Ayala – 1973 (87 – 1)

Argentino, scuola River Plate, il Napoli lo prese a 22 anni soffiandolo al ricco Parma di Tanzi. Mostrò da subito la sua attitudine a fare da leader difensivo e vide tre Napoli, quello dell’allegro Boskov ( che gli riservò subito un complimento dicendo “è uno che gioca con la testa” ), del compassato Simoni in cui fu leader maximo e quello della retrocessione in B. Quando, deluso dal declassamento, fu venduto al Milan l’affare lo fece solo Ferlaino. L’ingegnere, infatti, incassò 15 miliardi e Ayala, nel Milan di Zaccheroni, giocò veramente poco.

Meritava di più, si è ritirato a 37 anni chiudendo la carriera nella sua Argentina dopo aver assaporato anche la Liga spagnola col Villareal e il Valencia. Una sola rete con gli azzurri, nella gara contro la Lazio, persa per 3 a 2.

8 Sebastiano Nela – 1961 ( 34-0 )

Sebino da Rapallo indossava il 6 e venne a Napoli nella campagna trasferimenti di novembre perchè il suo ex compagno Policano lo convinse e perchè c’era da sostituire Blanc, attirato da altre ‘sirene’. Quel Napoli era una squadra discreta, era il secondo anno di Ranieri e si era partiti con buoni propositi. Il tecnico romano fu, però, esonerato dopo la batosta col Milan e il nuovo allenatore, Bianchi, piazzò subito il forte e rude difensore genovese a comandare la difesa. Da allora Nela, bravo a colpire di testa e nell’uno contro uno per il fisico da lottatore di sumo che si ritrovava, non uscì più di squadra e portò gli azzurri alla salvezza.

Giocò poco l’anno dopo perchè Lippi buttò nella mischia Bia e Cannavaro. Il Genoa lo ha inserito nella sua “Hall of fame” ma è a Roma che ha lasciato un ottimo ricordo vincendo lo scudetto nel 1982/83. Si dice fumava tantissimo, spesso anche tra il primo e il secondo tempo di una partita. Lo testimonia la sua voce impastata, da attore Hollywoodiano.

7 Amedeo Stenti- 1940 (52-0)

Laziale di Civitavecchia, libero di testa e di impostazione. Inizia col grande calcio nel Vicenza e dopo cinque anni di buon livello con i biancorossi, si accasa al Napoli, alla ricerca di un altro matto da inserire nella squadra del ritorno in A, quella d Sivori e Altafini. In coppia con Panzanato, con cui era già affiatato dai tempi del Vicenza, forma una linea difensiva di notevolissimo rendimento. Era un regista difensivo corretto e con i tempi giusti, sapeva comandare i compagni e la difesa tutta, con un senso della posizione notevole. Determinato e deciso, fu condizionato da un brutto infortunio che ne abbreviò notevolmente la carriera.

Giocò anche con l’Italia B ma rimase inattivo per tutto il torneo 1966/67 causa l’infortunio di cui sopra. Riprese il suo posto e giocò col Napoli fino al 1968/69, prima di andare a chiudere la carriera nel Verona.

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6 André Cruz – 1968 (83 – 13)

Andrè Cruz, brasiliano di Piracicaba, arriva in Italia e al Napoli con la fama di battitore libero ma col piede dinamitardo. Era temibilissimo, infatti, sulle punizioni con le quali sapeva dare effetti particolari al pallone, spesso a scavalcare le barriere avversarie. Questa sua inclinazione al gioco d’attacco lo portava a difendere anche con leggerezza ma aveva un notevole senso della posizione da centrocampista davanti alla difesa, alla Di Bartolomei, tanto per capirci.

Impostava l’azione, dialogava con i compagni e gli piaceva anche andare a tirare, dimostrandosi libero molto ‘brasiliano’ e poco europeo. Si faceva, però, perdonare tutto quando arrivava da dietro in occasione delle punizioni. In quel momento la curva iniziava ad alzare le mani e ad urlare in crescendo “Oh oh oh….” fino alla partenza del tiro. Il suo piede mancino era veramente favoloso. Lasciò Napoli con la fama di venale. Chiese, infatti, un ingaggio esorbitante, più di 2 miliardi di lire all’anno, che quella società non poteva permettersi.

5 Mario Zurlini- 1942 (197 – 2)

Cresce nelle giovanili del Parma e dalla squadra emiliana il Napoli lo preleva nell’estate del 1964. Zurlini, gran bel regista difensivo, di buon temperamento, ottimo colpitore di testa e dotato di un notevole senso della posizione, rimase ai margini della squadra titolare per alcune stagioni chiuso prima da Ronzon e poi da Stenti. Quando, però, trovò il posto da titolare, con l’inizio della stagione 1968-9, nessuno lo tolse più dall’undici che scendeva in campo ogni domenica.

Affidabile, giocherà con un rendimento elevato, nel Napoli di Vinicio, fino a marzo del 1974 quando dovette abbandonare l’attività per un grave incidente stradale in cui riportò un trauma cranico. Fu anche per questo incidente che “O’ lione” chiese di acquistare Burgnich.

4 Pierluigi Ronzon – 1934 (200 – 11)

Roccia friulana, gran temperamento, fu il capitano per eccellenza prima che la fascia venisse affidata a Juliano. Ronzon iniziò la carriera da mezzala nella Sampdoria e qui si mise in luce fino ad arrivare alla Nazionale B mentre con la sua squadra successiva, l’Atalanta, avrà la soddisfazione di esordire in Nazionale A contro la Spagna dei mostri Suarez, Gento e Di Stefano. Dopo una breve parentesi al Milan, il Napoli decise di investire su di lui nel 1960.

Fu acquisto azzeccato, aveva classe, rendimento sicuro, era eclettico e poteva ricoprire vari ruoli anche se prediligeva quello di regista difensivo. A Napoli giocò per sei anni lasciando un ottimo ricordo, vinse la Coppa Italia nel 1962 e conquistò due promozioni dalla B alla A. Andrà in letargo alla Lazio.

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3 Alessandro Renica – 1962 (136 – 10)

Nasce curiosamente ad Anneville in Francia e dà i primi calci nel Vicenza, da dove lo prende la Sampdoria, la squadra in cui si affermerà a livello nazionale. Dopo un periodo di ambientamento diventa titolare inamovibile dei blucerchiati e entra in odor di Nazionale. Possiede una tenacia ed una forza fisica incredibile, a dispetto del fisico da lungagnone, ha un tiro di grande potenza e si spinge all’attacco, palla al piede, come un vero centrocampista. Allodi individua in lui il libero che farà vincere lo scudetto al Napoli. E così fu. Il suo rendimento fu costante e diede tutto per la maglia azzurra. Come si può dimenticare il gol del 3 a 0 contro la Juve in Coppa UEFA al 119′ minuto dei supplementari?

2 Tarcisio Bugnich – 1939 ( 84 – 0 )

No, signori, il friulano Tarcisio detto, non a caso, la ‘roccia’ a Napoli non venne a svernare dopo una gloriosa carriera nell’Inter. No, qui, ebbe una seconda giovinezza, iniziò a divertirsi col gioco di Vinicio e il Napoli acquistò una solidità difensiva da grandissima squadra. Iniziò la carriera da terzino destro e visse i momenti più belli dell’Inter euro mondiale e pluriscudettata, dopo aver assaporato la serie A con tre compagini diverse, la sua Udinese, la Juve e il Palermo.

Fu marcatore arcigno e costante, ebbe un temperamento eccellente, difficilmente le ali sinistre riuscivano a passare la linea Burgnich. Concesse poco allo spettacolo ma fu concreto e sicuro in ogni circostanza. Professionista esemplare, preferì sempre i fatti alle parole, seppe essere francobollatore spietato ma senza mai eccedere in cattiveria. Si disimpegnò, poi, da libero, prima nell’Inter e poi nel Napoli di Vinicio che lo rigenerò e lo fece divertire. Con gli azzurri vinse la Coppa Itala nel 1976, un trofeo che gli mancava. Fu poi allenatore, soprattutto in Serie B. Ma chi può dimenticare il suo gol in Italia-Germania 4 a 3?

1 Ruud Krol – 1949 (107-1)

Nasce ad Amsterdam nel 1949 e a meno di venti anni è già un leader nell’Ajax insieme a Cruyff e gli altri filosofi in pantaloncino e maglietta del calcio totale. Fu una delle figure più rappresentative di quel nuovo modo di fare calcio che contraddistinse prima i “lancieri” e poi la nazionale orange. Di quel gruppo, messo insieme da Kovacs, non fu secondo a nessuno, prima come difensore di fascia e poi come libero, se di ‘libero’ vogliamo parlare. In Olanda vinse tutto, campionati e coppe, fu giocatore eclettico e camaleontico, elegante stilista, fu divino ma anche implacabile quando si metteva in testa di non far passare nessuno. Sapeva chiudere in difesa con tempismo e senso tattico, fu terzo nella classifica del Pallone d’oro del 1979 dopo Keegan e Rummenigge.

Poi scelse il Canada, una nuova vita, ma Juliano, che doveva rifondare il Napoli, ebbe il colpo di genio. Lo va a prendere dal Vancouver Whitecaps e gli costruisce intorno una squadra che sfiorerà lo scudetto. Dopo un grave infortunio lasciò Napoli per chiudere la carriera nel Cannes, seconda divisione francese. Ma ‘nu lancio ‘e Rudy Krol squaglia ‘o sangue ‘a dint ‘e vene….

Krol, il giocatore che Juliano andò a pescare in Canada e che portò il Napoli a un passo dallo scudetto

Krol, un grande colpo di mercato di Juliano

La prima puntata, sui portieri, è stata pubblicata il 10 novembre 2016
La seconda puntata, sui terzini destri, è stata pubblicata il 4 gennaio 2017
La terza puntata, sui terzini sinistri, è stata pubblicata il 19 gennaio 2017
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