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Diawara up, Koulibaly down: come esce (davvero) la rosa del Napoli dal Bernabeu

Analisi a freddo delle prestazioni di Real Madrid-Napoli: Kalidou (e Zielinski) non sono stati all’altezza di se stesso, gli altri sono sufficienti. Spicca Diawara.

Diawara up, Koulibaly down: come esce (davvero) la rosa del Napoli dal Bernabeu

Al di là delle pagelle

Ci sono due modi di valutare soggettivamente un calciatore rispetto a una singola partita. Due tipi di pagelle: quelle legate all’evento e quelle relative a tutta una serie di dinamiche esterne. Aspettative, valutazioni, hype rispetto a un determinato calciatore, che poi sarebbe il sinonimo di oggi rispetto al termine “attesa”. In senso per forza positivo, si capisce.  Del primo tipo di giudizi, rispetto al match del Bernabeu, si sono già occupati Fabrizio d’Esposito e Ilaria Puglia nell’immediato postpartita. Di quegli altri ci occupiamo adesso, a freddo. Senza la concitazione del postpartita, valutando tutte le possibili variabili che possono essere coinvolte. Come gli avversari diretti in campo, ad esempio. Che, lo ricordiamo, sono i campioni d’Europa e del mondo in carica.

Chi scende

Per questo, ad esempio, non ci sentiamo di crocifiggere più di tanto Hysaj e Ghoulam. Ma di loro, dei “buoni” o dei sufficienti, parleremo dopo. Ora, parliamo di chi ha disputato una partita davvero al di sotto delle attese, o si potrebbe dire molto al di sotto delle attese. Perché lontana dai suoi standard, quindi dalle sue possibilità. Parliamo, in primis, di Kalidou Koulibaly e Piotr Zielinski. Che, seppure con età diverse, rappresentavano la “miglior proposta” giovanile di difesa e centrocampo azzurri.

Kouilbaly

Ebbene: Kalidou è apparso svagato, assente, fuori fase. E in questo giudizio la sola scivolata un po’ anticipata su Cristiano Ronaldo, in occasione del gol di Kroos, c’entra in maniera marginale. È una parte di quel tutto, che comprende la lettura errata del cross di Carvajal e il pallone giocato in maniera avventata in occasione del terzo gol di Casemiro. Errori tecnici, ma anche di concetto. Nel senso, e così spieghiamo il nostro giudizio severo: contro la Roma, a ottobre, il gol di Dzeko nasce da un disimpegno errato del francosenegalese. Un po’, anche se l’azione è proseguita, come per la botta al volo del brasiliano.

Ecco, se fosse avvenuto solo questo, nulla da dire. Errore che ci può stare, che è contemplabile se giochi in una squadra che fa dell’uscita della palla la sua religione quasi monoteistica. Però, se a questo ci metti vicino anche valutazioni sbagliate su azioni difensive come la copertura di un cross o la scivolata anticipata (ora sì) su CR7, la cosa diventa complessa perché complessiva. E lo diventa ancora di più se per il resto della partita, alcuni di questi errori (soprattutto quelli in possesso) si moltiplicano.

Come dire: Koulibaly è mancato, contro Cristiano Ronaldo – quindi alziamo un po’ le mani – ma è mancato. Ed è mancato anche e soprattutto in relazione alla sua valutazione comune, a quello che avrebbe potuto dare in base alle sue straripanti doti fisiche e tecniche. Merito degli avversari – da mostrare nelle scuole calcio il pressing del Madrid -, ma anche un ridimensionamento momentaneo di quei 60-70 milioni che si sbandierano in giro per una sua cessione futura ed eventuale. Ecco, un difensore che gioca così al Bernabeu non ha confermato con il rendimento il cartellino con il prezzo. Non è stato all’altezza di se stesso.

Zielinski

Stessa cosa, o giù di lì, per Piotr Zielinski. La sua è (era?) una (super?) valutazione dovuta allo splendido stato di forma. Cioè, nel senso: sappiamo tutti che Zielinski è un gran bel calciatore, un centrocampista potenzialmente da Premier League (per qualità assoluta o caratteristiche). Spesso abbiamo scritto dell’incredulità su un talento di questa portata internazionale a Napoli e non al Chelsea o al Manchester City. A questo, negli ultimi tempi, Piotr ha aggiunto un rendimento straordinario. Gol, assist, giocate che spaccano e/o aggiustano la partita. Progressioni, recuperi palla, anticipi sugli avversari.

Tutta roba che, al Bernabeu, non si è vista. Stesso discorso per Koulì: di fronte c’erano Modric e Kroos. Più Casemiro. Che – l’abbiamo scoperto – non è proprio un fesso. Proprio in relazione all’hype assoluto rispetto al polacco ex Empoli, però, era lecito aspettarsi e sperare in qualcosa di più. In qualcosa di meglio. Tanto da “costringere” Sarri a una sostituzione che, di solito, avviene in senso conservativo e non quando sei sotto per 3-1: Allan per il polacco. Pure Zielinski, al di là di valutazioni di prezzo, esce ridimensionato rispetto a se stesso. Dispiace, ovviamente, ma è così.

Chi sale

Non possiamo puntare il dito contro qualcuno in particolare. Nel senso: a parte Koulibaly e Zielinski, i veri “flop” rispetto alle attese, non ci sentiamo di dire che Hamsik – ad esempio – abbia offerto un contributo così negativo. Nel giudizio complessivo di una partita giocata dal Napoli in maniera diversa dal solito, per inesperienza e gran forza (e preparazione) degli avversari, lo slovacco ha comunque offerto l’assist decisivo a Insigne. È stato comunque presente nella fase di costruzione del gioco. Non è stato decisivo perché la squadra non ha saputo/potuto creare determinati presupposti offensivi. Idem dicasi per l’attacco. E la stessa cosa vale per i terzini Hysaj e Ghoulam, che si sono scontrati – ricordiamolo – con coppie come Ronaldo-Marcelo e Carvajal-James Rodriguex. Il meglio del calcio europeo, in assoluto.

Quindi, come dire: per tutti gli altri, sufficienza stentata. Poi, c’è Diawara. Che è la nota lieta, lietissima, di una serata storta – nel risultato, ma ne siamo proprio sicuri? – e con tantissimo veleno nella coda. Amadou è parso pienamente a suo agio. Ha sbagliato alcuni controlli, alcuni palloni, alcune letture. Lo sappiamo, lo sapete, l’abbiamo visto. Eppure, ecco la differenza con Koulibaly, ha dimostrato che il giudizio assoluto su Amadou Diawara è valido. Se non riduttivo. I parametri da cui si parte per giudicare un 19enne alla quarta partita internazionale sono stati abbondantemente doppiati e ridoppiati. Per personalità, per qualità, per adattamento al contesto escenico e di gioco. L’azione maledetta, quella del tiro di Mertens a dieci centimetri dal 3-2, nasce da uno splendido lancio di Amadou. Al Bernabeu, un ex Bologna guineano di 19 anni. Difficile chiedere di più, o di meglio.

(E Insigne…)

Sì, poi c’è Insigne. Che ha segnato, davvero un gran gol. Ci ha fatto esultare, urlare, piangere di gioia. Lorenzo ha confermato così, con un lampo del suo genio, la sua ormai raggiunta dimensione internazionale. Che è una statura internazionale, ormai riconosciuta. Si può dire. Come, però, si può dire che anche lui sia rientrato nei ranghi di una prestazione “normale” dopo il gol. Che è una per la che sposta il giudizio, lo rende dolce anche se la complessità non è troppo diversa da quella dei compagni. Ma è un gol al Bernabeu. Vale tanto, tantissimo. A questa legge dobbiamo piegarci.

In chiusura, qualora non si fosse capito, chiariamo che si è parlato in relazione alla singola partita. Riferendosi a un contesto narrativo più ampio, ma considerando solo i 90′ di gioco del Bernabeu. Forse, Kalidou e Piotr sono stati considerati i “peggiori” proprio perché da loro ci si aspetta sempre il massimo, il meglio possibile. Perché sono forti, forti davvero. Come tutto il Napoli, che ha perso senza rompersi le ossa. Anche se qualcuno sembra non averlo ancora capito.

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