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Senza l’addio di Higuain non ci sarebbe stato questo Napoli

Riflessione sul Napoli post-Pipita: il mercato, ma anche l’aspetto tattico, tecnico, psicologico. La cessione dell’argentino ha permesso a Sarri di ripensare la sua squadra.

Senza l’addio di Higuain non ci sarebbe stato questo Napoli
Milik o Mertens: chi dei due giocherà a Madrid?

Leggere l’articolo di Massimiliano Gallo su Maurizio Sarri che cambia perché sta cambiando il Napoli. Rileggere, anzi riascoltare Maurizio Sarri  che spiega come gli esterni offensivi, quest’anno, giochino in maniera diversa perché «avere attaccanti diversi presuppone uno stile diverso, più congeniale alle caratteristiche di chi va in campo» (lo ha fatto anche Insigne, uno degli interessati). Memorizzare le cinque formazioni diverse in cinque partite, analizzare il minutaggio, vedere Strinic e Maggio e Zielinski e Mertens e Insigne e Gabbiadini e Milik. Sentire Sarri parlare bene di Diawara, ascoltarlo mentre spiega di aspettare che Maksimovic si inserisca nei suoi schemi e Rog impari la lingua, così da poterlo schierare.

Aspetti che parlano di questo nuovo Napoli, che in qualche modo ne costruiscono la narrazione come squadra diversa. Sì, questo Napoli è diverso: dallo scorso anno, da come ce lo ricordavamo, da come l’avevamo immaginato. Eppure, è successa una sola cosa questa estate che può aver portato a un cambiamento così radicale. Una sola cosa grossa, o almeno così grossa da poter scatenare una detonazione così. Esatto, proprio quella cosa lì: l’addio di Higuain.

Ora, bypassiamo i discorsi dei salotti televisivi e le domande vuote della serie «Quanto si sente la mancanza di Higuain». Di per sé, non sarebbe un quesito da porre nelle serate in cui si segnano 2 gol a Pescara e Kiev, 3 al Palermo e al Bologna e 4 al Milan. Eppure, è successo. Quindi, andiamo oltre. E facciamoci una domanda vera che per qualcuno ci renderà avventati, per altri pazzi, per altri ancora impopolari. Oppure sciovinisti, oppure clausolisti, oppure plusvalenzisi. Come volete voi. Però: non è che la partenza di Higuain abbia fatto bene a questa squadra? Economicamente sì, ha fatto il bene e ha messo a posto i conti per molti anni a venire. A qualcuno, però, questa cosa non piace proprio per questo.

Vogliamo andare al di là del discorso economico. Parliamo di tecnica, di tattica, di testa dei calciatori. Non è che Sarri e la squadra se ne siano un po’ giovati? In uno scambio di idee in redazione, qualcuno ha citato Tiziano Ferro. L’ha detto in un altro modo, ma c’è un passo di una canzone di Ferro che dice: “Ho passato tanti anni in una gabbia d’oro, sì forse bellissimo, ma sempre in gabbia ero”. Ecco, questo è un pensiero sul Napoli. Sul fatto che fosse prigioniero del suo centravanti, del suo modo di essere centravanti. Del suo essere fortissimo, accentratore, catalizzatore dell’intero gioco. Primo opinion leader del gioco stesso: unico terminale offensivo, la necessità di giocare la palla sui suoi piedi in verticale, o al massimo di cercare lo scambio al limite dell’area per passare sugli esterni perché lui non si muove, resta ai limiti dell’area o nell’area stessa. Per carità, 36 gol. 36! Avercene, di gabbie così.

Però, Max Gallo parla di centrocampo. E di Hamsik regista davanti alla difesa, per esempio. Una cosa che si era vista solo per pochi minuti in Napoli-Lazio 2-4, partita disgraziata. Il Napoli doveva vincerla e rischiò il tutto per tutto. Stava andando pure bene, andò malissimo. Sarebbe stato possibile nel Napoli di Sarri con Higuain? No, chissà, forse. Sarebbe stato possibile, con Higuain, vedere gli splendidi movimenti a intersecarsi dei due esterni, tipo quello che dopo pochi minuti ha permesso a Insigne di tentare il tiro a giro da fuori area (palla fuori alla sinistra di De Costa)? No, chissà, forse. Noi, l’anno scorso, ne ricordiamo solo uno decisivo: Napoli-Torino, il gol meraviglioso di Insigne a scavalcare Padelli. Quest’anno, l’ha detto Sarri, il Napoli gioca così perché Higuain non c’è e c’è Milik e Milik (o Gabbiadini) va supportato così. Con un calciatore che gli sta vicino, che l’accompagna.

Poi, come dire: questione di gusti. Se a voi piaceva più il Napoli di Higuain, bene. C’è, invece, chi preferisce questo Napoli dalle soluzioni diverse, dal gioco diverso, dai gol diversi (e diversificati). Sono già 12 in campionato, più 2 in Champions. L’anno scorso, stesso numero di partite, erano 15. Con due 5-0, Napoli-Lazio e Napoli-Bruges. Con l’Europa League al posto della Champions. E con 5 punti in meno in campionato.

Non possiamo essere sicuri che sarebbe stato tutto peggio, con Higuain. Ci mancherebbe. La cosa di cui, però, possiamo essere certi riguarda il mercato: senza l’addio di Higuain, il Napoli non si sarebbe mai potuto permettere questo Napoli. In nessun modo. I ragionieri della Champions, quelli dei 40 milioni certi (?) e in divenire, avrebbero potuto aggiungerne altri 30 (magari) dalla cessione di Gabbiadini. Totale 70: con cui coprire i rinnovi (primo tra tutti proprio quello del Pipa), qualche nuovo colpo. Non sette. Non questi sette. Uno, solo uno, tra Zielinski e Diawara. Il polacco, che sta ribaltando le gerarchie del centrocampo, permette ad Allan e ad Hamsik di riposarsi in alternanza, di pensare a nuove soluzioni con Hamsik metodista perché possiede gli strappi, la corsa, interpreta una fase passiva attenta. E ha 22 anni. Ci sarebbe stato solo lui, non quel Diawara su cui Sarri lavora come «palleggiatore» e sul quale sembra voler puntare. Non ci sarebbe stato Rog che per i più sprovveduti di calcio internazionale ha lo stesso numero di partite giocate all’Europeo di Piotr (una contro una) e una narrazione ancora superiore per qualità nella doppia fase. Non ci sarebbe stato Milik, e vabbè (ma siamo sicuri?).

Probabilmente – ma questa è una sensazione – non ci sarebbe stata la forza di cambiare. La forza di proporre qualcosa di nuovo, di reinventarsi in modo da presentarsi diversi. Un po’ non ci sarebbero state tutte le occasioni tecniche (i nuovi arrivi del mercato), un po’ forse non ci sarebbe stato il coraggio. Perché Higuain sarebbe stato comunque Higuain. Fortissimo, inavvicinabile, un patrimonio gigantesco. Ma comunque intoccabile, inscalfibile, immodificabile. Lui, e per estensione tutto quanto gli sarebbe girato (ancora, e ancora di più dopo una stagione da 36 gol) attorno. La storia della gabbia d’oro, dalla quale il Napoli sembra essere uscito. Per il momento, benissimo. Con idee nuove, spirito nuovo, forse anche un centravanti nuovo. Poi, vedremo come sarà andata alla fine.

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