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Cleveland e LeBron fanno la storia: 4-3 ai Warriors e primo, incredibile titolo in Ohio

Cleveland e LeBron fanno la storia: 4-3 ai Warriors e primo, incredibile titolo in Ohio

I Cleveland Cavaliers entrano nella storia di quel romanzo epico senza fine che è il basket Nba, rimontano da 1-3 nella serie finale (ed è la prima volta che accade nelle Finals) e conquistano il titolo in un modo incredibile al termine della decisiva gara-7.

Una partita vinta in casa dei campioni uscenti Golden State Warriors issandosi sulle spalle del leader tecnico ed emotivo LeBron James, giustamente eletto all’unanimità mvp delle finali al temine di una partita maestosa, conclusa con una tripla doppia da 27 punti, 11 rimbalzi e 11 assist, in 47 minuti e 49 secondi (è stato in panchina soltanto per 11 secondi!), con tante giocate decisive (come l’inumana stoppata su Iguodala, determinante per spegnere le residue velleità avversarie) e una capacità unica di mettere in ritmo i compagni ed esaltarne i punti di forza. Alla sirena finale, le lacrime irrefrenabili di un LeBron devastato dalle emozioni valgono più di mille trattati, perché danno l’esatta dimensione di un’impresa fortemente voluta da quel figlio del derelitto Stato dell’Ohio, tornato a casa un paio di stagioni fa, dopo la parentesi vincente di Miami, proprio per completare quella che era diventata una vera e propria missione, per lui, per la proprietà dei Cavs e per l’intero Ohio, uno tra gli Stati più colpiti dalla crisi economica americana del 2008.

Il 93-89 per Cleveland (con un totale di 703-699 nell’arco delle sette partite, ma si era 699-699 a un minuto dalla fine) dopo 48 minuti tiratissimi, condotti quasi sempre punto a punto e caratterizzati da violente scosse emotive dal primo all’ultimo secondo, parla di una serie equilibratissima, nella quale a fare la differenza sono stati certamente alcuni episodi contingenti, per esempio la decisiva assenza per squalifica “postuma” di Draymond Green in quella gara-5 che (sul 3-1 per i Warriors) avrebbe potuto mettere la parola “fine” alla contesa.

Ma, soprattutto, a determinare sono stati la maggiore fisicità ed energia mentale dei Cavaliers una volta trovatisi con le spalle al muro, quando si sono imposti un deciso cambio di marcia sia in attacco che soprattutto in difesa, riuscendo così a limitare oltre misura i due “splash brothers” avversari Stephen Curry (ancora non al meglio, dopo l’infortunio delle scorse settimane) e Klay Thompson, persino al di là delle loro cifre specifiche (stanotte, fermi rispettivamente a 17 e 14 punti). Le due stelle dei Warriors, infatti, nei tre match decisivi della rimonta Cavs non sono mai riuscite a vestire i panni dei leader e a trovare quella continuità tecnica e quel coinvolgimento emotivo che, invece, sarebbero serviti come il pane per riportare l’ormai precario equilibrio della serie dalla loro parte, proprio mentre tra le fila avversarie la coppia LeBron James – Kyrie Irving alzava in maniera netta e decisiva il livello del loro gioco.

Basti pensare che, soltanto in termini di punti segnati, il duo dei Cavaliers in gara-5, gara-6 e gara-7 ne ha messi a referto addirittura 82 (41 + 41), 64 (41 + 23) e 53 (27 + 26). Se a ciò si aggiunge un gioco in area dominante e una chiusura dei tabelloni quasi completa da parte dei lunghi Tristan Thompson e Kevin Love, con un supporting cast che ha saputo dare qualche segnale di vita in più rispetto alla totale assenza dei primi quattro match (persino il tiratore folle J.R. Smith), allora si capisce come per una Golden State arrivata all’atto decisivo in debito di energie e con troppi acciacchi non sia bastato nemmeno l’indubbio vantaggio di poter disputare l’episodio decisivo della stagione sul caldissimo parquet amico della Oracle Arena di Oakland.

Tra le fila dei padroni di casa, per provare a riconfermarsi campioni, non è servita nemmeno la monumentale partita di stanotte di Draymond Green, autore di 32 punti, 15 rimbalzi, 9 assist, con 11/15 al tiro, 6/8 da tre e 4/4 ai liberi, oltre che di una difesa pazzesca su qualsiasi cosa si muovesse in ogni punto del campo. E la prestazione di Green, autentico leader emotivo dei Warriors, soprattutto nei match casalinghi, fa aumentare ancora di più i rimpianti per quella squalifica che lo ha eliminato dalla contesa proprio in quella gara-5 poi rivelatasi l’autentico turning point dell’intera serie, ancora di più dopo l’infortunio del centro titolare Andrew Bogut, episodio che ha costretto coach Steve Kerr a concedere molti più minuti in campo, sia in gara-6 che in gara-7, a due lunghi come Festus Ezeli (stanotte disastroso) e Anderson Varejao semplicemente non all’altezza di un ruolo così importante nelle rotazioni in una serie finale Nba. L’infortunio alla schiena di Andre Iguodala in gara-6, assolutamente limitante per lui sul piano atletico anche stanotte, ha completato il quadro negativo e spostato in modo determinante e un po’ inatteso gli equilibri della serie da Ovest a Est.

Le difficoltà dei Golden State Warriors nei tre match decisivi, però, non possono e non devono ridimensionare l’impresa sportiva dei Cleveland Cavaliers e del loro leader LeBron James, che con questo titolo portato con incredibile forza di volontà a casa sua entra, una volta per tutte, nella leggenda del basket, confermandosi come atleta-simbolo della sua generazione e certamente come uno tra i più significativi dell’intera storia dello sport professionistico a stelle e strisce. E le sue lacrime finali di gioia e commozione, pregne di significati anche extra-sportivi, saranno riviste dagli appassionati tra cinquant’anni, assieme all’incredibile tiro da tre di Kyrie Irving che, sull’89-89, ha indirizzato definitivamente la partita e la serie a favore della franchigia dell’Ohio.

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