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Vendere Higuain non conviene e il Napoli non è più quello di Cavani

Vendere Higuain non conviene e il Napoli non è più quello di Cavani

È il giorno di Higuain al Paris Saint-Germain. Lo è diventato già ieri, quando Le Parisien ha sganciato la bomba e premuto praticamente il tasto Start al gioco delle speculazioni. L’abbiamo raccontato stamani sul Napolistaè incredibile quanto poco sia bastato ai quotidiani italiani per considerare già avvenuto l’addio del Pipita, per iniziare già a parlare di come reinvestire i milioni arrivati dalla Francia, per individuare addirittura i possibili sostituti. Tutte cose verificate il giusto, ma che sono pure una sorta di deja-vù dell’estate del 2013. Quella dell’addio di Cavani. Allora, un po’ tutti accolsero quella cessione con un misto tra rassegnazione e consapevolezza. Un solo aggettivo: inevitabile. Oggi è diverso. La cessione di Higuain sarebbe assolutamente inopportuna. E cerchiamo di spiegare perché.

Anzi, in realtà l’abbiamo già fatto. Con un aiuto esterno, e che aiuto: Giovanni Armanini, coordinatore editoriale di Calcio & Finanza, ci ha rilasciato qualche settimana fa una lunghissima e illuminante intervista. In cui diceva: «Sento dire in giro che con gli 80 milioni della sua cessione acquisti quattro giocatori da 20. Ma il problema è: questi quattro calciatori da 20 ti danno le stesse garanzie di Higuain? E poi, la convenienza economica non c’è, o almeno non è così elevata: se acquisti quattro calciatori da 20 milioni, il loro mantenimento lordo costa molto più che tenere Higuain in organico. Del resto, avreste dovuto capirlo con Cavani. L’avete ceduto tre anni fa, e solo ora state per ritornare davvero in Champions League. Non vi è bastata la lezione?». L’abbiamo copincollato integralmente, anche con la chiosa finale che è un monito. In soldoni, e il termine calza perfettamente: il ritorno economico di un eventuale (quasi certo, stando ai rumors) addio di Higuain è tutta un’ipotesi. Da verificare, pure questa, attraverso le forche caudine del campo.

Ed è questo il punto su cui, appurato il discorso economico, vogliamo discutere e insistere per dissuadere. Le due cessioni, pur nell’ambito di una certa continuità tra di loro, sono davvero molto differenti. Intanto, è cambiato il Napoli. Nel 2013 il club partenopeo era appena entrato in Champions per la seconda volta in tre stagioni, ma era in qualche modo ancora una probabile outsider. In campo prima, sul mercato poi. Oggi, la situazione è diversa. Il Napoli è universalmente riconosciuto come un grande club, ha davvero lottato con la Juventus per lo scudetto e viene da due campagne europee (e mezza) di grandissimo spessore. La Champions di Benitez, e quell’eliminazione a 12 punti che brucia ancora; e poi le due Europa League, una persa a un passo dalla finale e l’altra giocata come mai nessuno nel gironcino e poi buttata via quasi solo per sfortuna, ai sedicesimi, contro una squadra che poi è arrivata fino alle semifinali. Che ha passato il turno con un certo merito, contro un Napoli forse un po’ meno cattivo di quanto consiglierebbe il medico. Certo, tutto vero. Ricordiamoci che però il Villarreal è arrivato agli ottavi sempre grazie a un cross sbagliato e finito in porta. Quindi, come dire: se Cavani nel 2013 lasciava un club-incognita per unirsi a un progetto di almeno cinque gradini più alto in un’ipotetica scala di valori, oggi c’è un gap diverso. Non economico, certo, ma sportivo. 

Il Napoli è cambiato anche sul mercato: nel 2013 gli azzurri erano ancora una squadra che cedeva i suoi migliori giocatori e non aveva ancora ampliato la politica di reclutamento al calcio internazionale. Tre anni fa, l’acquisto di Cavani da parte del Psg seguiva di appena un anno la similare operazione Lavezzi. E, diciamoci la verità, solo la volontà di Hamsik di restare a Napoli aveva sconsigliato la sua cessione al Milan campione d’Italia (estate 2011) o a qualche sceicco ben disposto. Oggi, invece, il Napoli non vende. È proprio dall’affaire-Cavani che non si registrano cessioni eccellenti, ma solo acquisti e pure dall’estero. Grandi o piccoli, giusti o sbagliati che siano. La flotta arruolata da Benitez con i soldini del Matador, poi Koulibaly, Strinic e il pur vituperato David Lopez l’anno successivo. Tanto che, appena un anno fa, si parlava di “svolta nazionale” (e di ridimensionamento, of course) per un mercato Italy-oriented (Hysaj, Allan, Valdifiori) pur con il ritorno di Reina da una squadretta che si chiama Bayern Monaco. È un altro Napoli, questo. Con un peso riconosciuto a livello internazionale, che è identificabile come grande squadra in tutta Europa. Che non necessita di una nuova rivoluzione filosofica (alla Rafa Benitez) o tecnico-tattica (ancora alla Benitez, ma pure alla Maurizio Sarri). Che ha una sua identità, un suo progetto potenzialmente vincente e un suo appeal sul mercato internazionale. La cessione di Cavani era inevitabile affinché il Napoli potesse crescere. Quella di Higuain sarebbe solo un passo indietro.

Anche perché, a differenza di tre anni fa, non ci sarebbe nessuno disposto a venire a Napoli per sostituirlo. O almeno, nessuno di quel livello. I nomi apparsi oggi, nel giorno della speculazione nazionale sulla cessione al Psg del Pipita, sono quelli di Lukaku e Kalinic. Passi per il primo – attaccante completo e giovanissimo (classe 1993) esploso all’Everton ma sempre fallimentare con il Chelsea -, ma parliamo di questo Kalinic. Per carità, gran calciatore. Un buonissimo attaccante e, soprattutto, un ottimo mestierante del pallone. Sa fare tutto, pure con una discreta qualità. Però non fa i 36 gol di Higuain, e forse neanche i 20 che servono al Napoli. Anzi no, non li fa sicuro: ce lo dice il campionato appena finito. 

Tre anni fa Higuain era in partenza da Madrid, e De Laurentiis fu geniale ad andarselo a prendere personalmente (e venne perché c’era Benitez, altrimenti col fischio). Quest’anno non c’è nessuno che saluta o cambia aria. Forse Morata, ok, ma qui entra in campo il famoso discorso del gap economico tra Serie A e Premier League. L’attaccante che ha appena deciso la Coppa Italia è nel mirino dell’Arsenal, e il Napoli non può competere con i Gunners e con certe cifre. L’Italia non offre spunti in tal senso, i centravanti titolari delle grandi nazionali europee o sudamericane sono già belli e accasati. Ci sarebbe Ibrahimovic, ma parleremmo di un cambio di progetto e progettualità che per il Napoli non avrebbe senso. Anche perché, nel frattempo, lo svedese pretenderebbe pure qualche bel 10 milioni di ingaggio bonus esclusi. Insostenibile, per un quasi 35enne. Anche se si chiama Ibrahimovic.

Alla fine, senza volerlo, abbiamo messo su un pezzo ciclico. Siamo partiti da Armanini, ne abbiamo analizzato il discorso economico e poi quello tecnico. La pensiamo come lui. E poi siamo napoletani, c’è anche un po’ di scaramanzia: ci è andata bene tre anni fa (perché lo scambio Cavani-Higuain è stata, a conti fatti, un’operazione magistrale), non può andarci ancora bene tre anni dopo. Forse, questa volta, abbiamo imparato la lezione per davvero. Almeno, speriamo.

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